La linea di Tsi­pras: «Accordo flessibile»

La linea di Tsi­pras: «Accordo flessibile»

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La parola chiave del governo Tsi­pras per con­vin­cere i riot­tosi, fuori e soprat­tutto den­tro Syriza, è «fles­si­bi­lità» nell’applicazione dell’accordo con i cre­di­tori. Ne parla al mat­tino la nuova por­ta­voce dell’esecutivo, Olga Gero­va­sili, por­tando come esem­pio il rin­vio ad ago­sto della riforma delle pen­sioni e lo stral­cio della tas­sa­zione agli agri­col­tori dai «pre­re­qui­siti» impo­sti dalla troika per sedersi al tavolo dei nego­ziati e otte­nere il maxi-finanziamento da 82–86 miliardi in tre anni del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità (Esm), meglio cono­sciuto come Fondo salva-stati.
È que­sta la cruna dell’ago attra­verso la quale Tsi­pras e com­pa­gni devono pas­sare: mostrare all’opinione pub­blica interna che il Memo­ran­dum con­sente un’interpretazione ela­stica e per­mette misure sociali «com­pen­sa­tive», e allo stesso tempo dar mostra ai part­ner con­ti­nen­tali che l’approvazione dell’accordo pro­cede senza intoppi.
In que­sta via cru­cis che rischia di pro­trarsi fino all’autunno, quella di oggi è con­si­de­rata una data-spartiacque: arri­vano in Par­la­mento la riforma della giu­sti­zia civile e l’approvazione della diret­tiva euro­pea sulle ban­che, e si capirà se dai dis­sen­zienti arri­verà un’apertura (magari sotto forma di asten­sioni e non par­te­ci­pa­zione, invece del no come nel voto della scorsa set­ti­mana) oppure se si andrà al muro con­tro muro, con esiti poten­zial­mente nefa­sti non solo per l’esperienza di governo ma per la stessa Syriza (mai come ora al top dei con­sensi in Gre­cia, gra­zie soprat­tutto a Tsi­pras). I toni degli ultimi giorni non lasciano pre­sa­gire una ricu­ci­tura a breve ter­mine degli strappi avve­nuti a par­tire dall’accettazione dell’accordo da parte del pre­mier. L’opposizione interna, in par­ti­co­lare la Piat­ta­forma di sini­stra attra­verso il suo lea­der Pana­gio­tis Lafa­za­nis, ha denun­ciato il rischio di «tra­sfor­ma­zione» della ragione sociale del par­tito più ancora che  del governo. I gio­vani di Syriza, fer­ma­mente con­trari al Memo­ran­dum per­ché «con­tra­rio ai fon­da­menti ideo­lo­gici, agli impe­gni elet­to­rali e alle deci­sioni col­let­tive del par­tito», hanno chie­sto una riu­nione imme­diata del Comi­tato cen­trale e la con­vo­ca­zione di un con­gresso straor­di­na­rio. Nel frat­tempo non si fer­mano le fuo­riu­scite: ieri si è dimesso un mem­bro del Comi­tato cen­trale, Dimi­tris Spar­ti­nos, tra i 109 che ave­vano detto no all’accordo.
Inol­tre, non passa giorno senza che l’ex mini­stro delle Finanze Yan­nis Varou­fa­kis  asse­sti un col­petto all’esecutivo, pur stando bene attento a non col­pire il suo col­lega e sosti­tuto Euclid Tsa­ka­lo­tos: l’altro ieri ha ospi­tato sul suo blog un inter­vento molto cri­tico dell’accordo rag­giunto e dell’atteggiamento tede­sco fir­mato da un nome a sor­presa: l’ex can­di­dato socia­li­sta all’Eliseo ed ex pre­si­dente del Fmi Domi­ni­que Strauss Kahn, insieme al quale sta­rebbe lavo­rando a un partito-lobby trans­na­zio­nale, di sini­stra «ma non marxista-leninista» come ha detto  spie­gato l’economista fran­cese Jean Paul Fitoussi, anche lui della par­tita insieme a James Gal­braith e Joseph Sti­glitz (che il giorno pre­ce­dente aveva incon­trato Tsa­ka­lo­tos per offrir­gli l’aiuto di quello che per ora si con­fi­gura come non più di un think thank di intel­let­tuali).
In ogni modo, è pro­ba­bile che il rin­vio della riforma delle pen­sioni e la sostan­ziale archi­via­zione della stan­gata agli agri­col­tori (bacino elet­to­rale del par­tito di cen­tro­de­stra Nea Demo­cra­tia, che per que­sto non la vote­rebbe mai) non fac­ciano scen­dere il governo sotto la fati­dica soglia dei 120 voti pro­ve­nienti dalla sua mag­gio­ranza, che lo spin­ge­reb­bero alle dimis­sioni. Così, incas­sato il prestito-ponte, ria­perte le ban­che e ripa­gati i debiti in sca­denza, Tsi­pras pren­de­rebbe fiato in vista dell’inizio dei nego­ziati per acce­dere all’Esm, pre­vi­sto per il 20 ago­sto. Fino a quel giorno, dovrà pro­vare a ricon­qui­stare il suo par­tito dimo­strando che la «fles­si­bi­lità» nella gestione dell’accordo vuol dire anche non cedere ai peg­giori dik­tat e poter agire sul piano sociale, anche se sarà dif­fi­cile comin­ciare le trat­ta­tive senza l’approvazione della legge sulle pen­sioni.
Un buon esem­pio di «fles­si­bi­lità» è arri­vato già ieri: il neo­mi­ni­stro del Lavoro George Katrou­ga­los ha bloc­cato il licen­zia­mento col­let­tivo di 349 dipen­denti della metro­po­li­tana di Salo­nicco. Per giu­sti­fi­care l’atto di disob­be­dienza al Memo­ran­dum (che chiede una dra­stica cura dima­grante del set­tore pub­blico), Katrou­ga­los ha fatto appello al «modello sociale euro­peo». Come a dire: non chie­de­teci di fare cose che voi non fare­ste mai.



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