Isis attacca Suruç, per vendicare Kobane

Isis attacca Suruç, per vendicare Kobane

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«Que­sto gra­vis­simo atten­tato dimo­stra che il governo turco con­ti­nua a soste­nere i gruppi radi­cali e i mili­tanti di Daesh», spiega al mani­fe­sto Nazmi Gur, par­la­men­tare e respon­sa­bile Esteri del par­tito della sini­stra turca kurda (Hdp). «L’Akp di Erdo­gan è il vero respon­sa­bile dell’attacco per­ché non ha preso prov­ve­di­menti con­tro i jiha­di­sti e ha esi­tato nel soste­nere la coa­li­zione inter­na­zio­nale con­tro lo Stato isla­mico (Is)», aggiunge Nazmi.

I poli­tici della sini­stra turca che è entrata in par­la­mento per la prima volta lo scorso 7 giu­gno, scom­pa­gi­nando gli equi­li­bri poli­tici, non hanno dubbi sulle respon­sa­bi­lità del governo nell’attentato di ieri al con­fine tra Tur­chia e Siria nel giar­dino del cen­tro cul­tu­rale Ammara di Suruç. Un attacco kami­kaze, forse di una gio­vane donna, ha pro­vo­cato 41 vit­time e cen­ti­naia di feriti. Si stava svol­gendo una con­fe­renza della Fede­ra­zione delle asso­cia­zioni dei gio­vani socia­li­sti con 330 ragazzi e volon­tari, che ave­vano appena otte­nuto il per­messo per entrare in Siria. La riu­nione ha avuto luogo a pochi giorni dalla con­fe­renza di Bru­xel­les per la rico­stru­zione di Kobane in cui i dona­tori hanno deciso di stan­ziare sei milioni di euro per affron­tare la prima emer­genza in una città che non è mai uscita dalla guerra.

Anche ieri a Kobane a due passi dalla sta­zione della poli­zia si è veri­fi­cata un’esplosione che ha cau­sato la morte di tre com­bat­tenti delle Unità di pro­te­zione maschili (Ypg). «Le fine­stre degli edi­fici vicini sono andate in fran­tumi ma si è trat­tato di un inci­dente cau­sato da un mor­taio, por­tato là da alcuni com­bat­tenti dell’Esercito libero siriano (Els)», ci ha spie­gato un gior­na­li­sta locale.

Eppure, scon­giu­rato il dop­pio atten­tato, l’esplosione di Suruç ha gravi riper­cus­sioni anche per Kobane. L’esplosione ha avuto luogo durante la con­fe­renza stampa di pre­sen­ta­zione nel terzo anni­ver­sa­rio dalla for­ma­zione dell’amministrazione auto­noma dei tre can­toni di Rojava nel luglio 2012. Anche Ziya Pir, par­la­men­tare e nipote di uno dei fon­da­tori del Par­tito dei lavo­ra­tori kurdi (Pkk), con cui Hdp con­di­vide la stessa base elet­to­rale, ha pun­tato il dito con­tro Erdo­gan. «Le dina­mi­che dell’attacco sono le stesse del sei giu­gno scorso a Diyar­ba­kir (alla vigi­lia delle ele­zioni par­la­men­tari, ndr).

I jiha­di­sti di Daesh vole­vano arri­vare in Tur­chia e ci sono», ci ha detto il poli­tico. Anche il lea­der cari­sma­tico di Hdp, Sala­het­tin Demir­tas ha accu­sato Is per spie­gare l’esplosione di ieri. Que­sto attacco è arri­vato dopo il ten­ta­tivo fal­lito dei jiha­di­sti di ricon­qui­stare le città di Kobane e Tel Abyad, con­trol­late dai com­bat­tenti kurdi. I jiha­di­sti erano arri­vati in Siria pro­prio attra­ver­sando il con­fine di Soruç, dove cen­ti­naia di atti­vi­sti, medici, gior­na­li­sti e pro­fu­ghi ven­gono costan­te­mente arre­stati o fer­mati dalle auto­rità turche.

«È chiaro che la crisi poli­tica in Tur­chia gioca un ruolo in que­sti atten­tati ter­ro­ri­stici», si legge in un comu­ni­cato del Con­gresso nazio­nale kurdo (Knk), ombrello che uni­sce i par­titi kurdi in Tur­chia, Siria, Iraq e Iran. Eppure sia il pre­si­dente turco Recep Tayyp Erdo­gan sia il lea­der del par­tito kema­li­sta Chp, Kilic­da­ro­glu, hanno con­dan­nato l’attacco. I due prin­ci­pali par­titi tur­chi sono impe­gnati per la for­ma­zione di un governo di coa­li­zione che dovrà otte­nere la mag­gio­ranza in par­la­mento. Il par­tito isla­mi­sta mode­rato che non ha otte­nuto la mag­gio­ranza asso­luta dei voti, come spe­rava Erdo­gan alla vigi­lia delle ele­zioni, ha però incas­sato la nomina del pre­si­dente del par­la­mento, Ismet Yil­maz, ex mini­stro della Difesa, aprendo la strada alla for­ma­zione di un governo di coalizione.

I lea­der di Akp e Chp, insieme al pre­mier in pec­tore Ahmet Davu­to­glu, non hanno escluso ele­zioni anti­ci­pate. Se un voto di fidu­cia non dovesse con­cre­tiz­zarsi entro 45 giorni dal con­fe­ri­mento dell’incarico a Davu­to­glu (9 luglio) si tor­ne­rebbe a votare.

Ma non è solo l’instabilità poli­tica a far tre­mare le gambe ai poli­tici tur­chi. Per Erdo­gan non è pos­si­bile ripren­dere il pro­cesso di pace con i kurdi di Oca­lan facendo sedere al tavolo nego­ziale Hdp che, secondo lui, ha le stesse radici di un’organizzazione ter­ro­ri­stica. L’attacco di ieri con­ferma che la rico­stru­zione, il disco verde all’esperimento dei kurdi di Rojava e il pro­cesso di pace in Tur­chia sono legati a dop­pio filo e parte delle trat­ta­tive per la for­ma­zione del nuovo governo. La par­tita si gioca al con­fine tra Tur­chia e Siria tra i Ser­vizi segreti tur­chi (Mit) e gli 007 vicini all’altro uomo forte, Fetul­lah Gulen, espulso negli Stati uniti. Ma que­sto gioco sta diven­tando peri­co­loso soprat­tutto per Erdo­gan, che lasciando fare ai gruppi radi­cali ripete gli stessi errori di altri par­titi legati alla galas­sia dell’islamismo poli­tico. La mani­po­la­zione della que­stione kurda, che accre­dita i jiha­di­sti, potrebbe cau­sare il suo declino politico.



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