Irruzione israeliana nella moschea Caos sulla Spianata
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GERUSALEMME Gli scontri nel terzo luogo più sacro per i musulmani nel giorno più doloroso per gli ebrei. La polizia israeliana ha fatto irruzione sulla Spianata delle Moschee, è entrata in quella di Al Aqsa lanciando lacrimogeni e granate assordanti. I portavoce accusano i giovani palestinesi di essersi barricati dentro, di aver pianificato attacchi — pietre e bottiglie incendiarie — contro i fedeli che andavano a pregare al Muro del pianto, davanti alle pietre sopravvissute del Secondo tempio di cui commemoravano la distruzione.
Gli scontri non durano a lungo, qualche poliziotto ferito, tre arresti. Le reazioni sono più pesanti: protestano i giordani che della Spianata restano i custodi religiosi, i consiglieri del presidente palestinese Abu Mazen accusano («gli israeliani fomentano una guerra di religione»), dalla Striscia di Gaza minacciano i leader di Hamas.
L’opposizione israeliana critica il primo ministro Benjamin Netanyahu perché il suo governo avrebbe dato legittimità ai gruppi radicali ebrei che premono per ottenere il permesso di andare a pregare su quello che per loro è il Monte del Tempio. Rabbini come Yehuda Glick, ferito da un attentatore arabo alla fine dell’anno scorso, parlamentari come Moshe Feiglin del Likud che vogliono modificare gli accordi con il re di Giordania. Anche ieri qualche attivista ha cercato di aggirare i controlli della polizia, ha provato a indossare lo scialle e a intonare i salmi rituali in mezzo ai musulmani in preghiera, a urlare frasi offensive contro Maometto. Qualunque provocazione viene interpretata dagli arabi come una mossa per riprendere il controllo dei luoghi sacri.
Dopo l’attacco a Glick — un palestinese in moto gli aveva sparato al petto, «le tue parole non mi piacciono» — alla fine di ottobre gli israeliani avevano chiuso totalmente l’accesso alla Spianata, era diventata zona proibita per un giorno, non succedeva da quattordici anni, dai tempi della Seconda Intifada. L’irruzione di ieri, prova a spiegare la polizia, ha evitato scontri più gravi. Ai ragazzi asserragliati dentro la moschea sono state sequestrate le armi rudimentali, i fuochi d’artificio e le pietre, una foto li mostra con i volti coperti dalla keffiah, distesi a terra come soldati.
Davide Frattini
Gli scontri non durano a lungo, qualche poliziotto ferito, tre arresti. Le reazioni sono più pesanti: protestano i giordani che della Spianata restano i custodi religiosi, i consiglieri del presidente palestinese Abu Mazen accusano («gli israeliani fomentano una guerra di religione»), dalla Striscia di Gaza minacciano i leader di Hamas.
L’opposizione israeliana critica il primo ministro Benjamin Netanyahu perché il suo governo avrebbe dato legittimità ai gruppi radicali ebrei che premono per ottenere il permesso di andare a pregare su quello che per loro è il Monte del Tempio. Rabbini come Yehuda Glick, ferito da un attentatore arabo alla fine dell’anno scorso, parlamentari come Moshe Feiglin del Likud che vogliono modificare gli accordi con il re di Giordania. Anche ieri qualche attivista ha cercato di aggirare i controlli della polizia, ha provato a indossare lo scialle e a intonare i salmi rituali in mezzo ai musulmani in preghiera, a urlare frasi offensive contro Maometto. Qualunque provocazione viene interpretata dagli arabi come una mossa per riprendere il controllo dei luoghi sacri.
Dopo l’attacco a Glick — un palestinese in moto gli aveva sparato al petto, «le tue parole non mi piacciono» — alla fine di ottobre gli israeliani avevano chiuso totalmente l’accesso alla Spianata, era diventata zona proibita per un giorno, non succedeva da quattordici anni, dai tempi della Seconda Intifada. L’irruzione di ieri, prova a spiegare la polizia, ha evitato scontri più gravi. Ai ragazzi asserragliati dentro la moschea sono state sequestrate le armi rudimentali, i fuochi d’artificio e le pietre, una foto li mostra con i volti coperti dalla keffiah, distesi a terra come soldati.
Davide Frattini
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