Il governo mette nei Cie anche i richiedenti asilo

by redazione | 1 Luglio 2015 10:06

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Pos­si­bi­lità di trat­te­nere i pro­fu­ghi negli hub regio­nali senza limiti di tempo e comun­que fino al com­ple­ta­mente dell’esame della domanda di asilo, ma anche di dete­nerli in un Cen­tro di iden­ti­fi­ca­zione ed espul­sione (Cie) per 12 mesi se si ritiene che esi­sta un peri­colo di fuga.
Con il pre­te­sto dell’emergenza immi­gra­zione l’Europa vara norme più dure anche nei con­fronti di quanti fug­gono da guerre e per­se­cu­zioni. E l’Italia si accoda senza pro­te­stare. Il giro di vite si sta pre­pa­rando al Senato, dove in com­mis­sione Affari costi­tu­zio­nali è in discus­sione lo schema di decreto legi­sla­tivo che rece­pi­sce due diret­tive euro­pee pro­prio sull’accoglienza dei richie­denti asilo e sulle pro­ce­dure per l’accesso alla pro­te­zione inter­na­zio­nale. Misure più severe che vanno ad aggiun­gersi alla crea­zione, pre­vi­sta nell’Agenda euro­pea per l’immigrazione, di hotspot nei prin­ci­pali punti di sbarco dove effet­tuare un primo scree­ning dei migranti divi­den­doli tra quanti hanno diritto a pre­sen­tare domanda di asilo e migranti eco­no­mici, quindi irre­go­lari per i 28, con la pos­si­bi­lità se neces­sa­rio di dete­nere quest’ultimi anche per un anno e mezzo.
Già appro­vato dalla Camera, il testo del decreto potrebbe essere licen­ziato in que­ste ore dal Senato, con un parere non vin­co­lante della Com­mis­sione Affari costi­tu­zio­nali. «C’è un forte rischio di un inde­bo­li­mento del sistema dei diritti», ha denun­ciato ieri il sena­tore Luigi Man­coni, pre­si­dente della com­mis­sione Diritti umani di Palazzo Madama in una con­fe­renza stampa indetta con Cari­tas, Acli, cen­tro Astalli e Tavola Val­dese. Rischio reso ancora più evi­dente dalla pos­si­bi­lità che strut­ture come i Cie, che si spe­rava ormai supe­rate, tor­nino improv­vi­sa­mente in vita e ven­gano addi­rit­tura poten­ziate. «Il governo farà quello che vuole — ha spie­gato il rela­tore del prov­ve­di­mento, il sena­tore Fran­ce­sco Palermo — ma nel pas­sag­gio par­la­men­tare non pote­vamo non evi­den­ziare una impo­sta­zione di fondo sba­gliata. Secondo que­ste norme saranno i richie­denti asilo, che già hanno subìto una vio­la­zione dei loro diritti, a pagare per un sistema inef­fi­ciente».
Il peri­colo più grande riguarda pro­prio la pos­si­bi­lità che dopo essere fug­gito da un con­flitto che deva­sta il pro­prio Paese, un pro­fugo si ritrovi alla fine rin­chiuso in un Cie per un anno. Oggi la deten­zione nella strut­tura è pre­vi­sta solo in caso di peri­colo per la sicu­rezza pub­blica. Il testo del decreto estende invece que­sta pos­si­bi­lità anche a chi pre­senta domanda di asilo se esi­stono dubbi sulla sua iden­tità e se il que­store ritiene che possa sus­si­stere un peri­colo di fuga. Cosa molto pro­ba­bile, visto che la stra­grande mag­gio­ranza di quanti appro­dano sulle nostre coste non vuole rima­nere in Ita­lia ma tra­sfe­rirsi in un paese del nord Europa.
L’articolo 8 del prov­ve­di­mento con­tiene invece una con­trad­di­zione. Men­tre infatti si afferma di voler supe­rare i Cara (Cen­tri di acco­glienza richie­denti asilo) allo steso tempo non si fissa un ter­mine mas­simo entro il quale devono essere esa­mi­nate le richie­ste di asilo pre­sen­tate dai pro­fu­ghi, che in attesa di una rispo­sta da parte della com­mis­sione esa­mi­na­trice restano ospi­tati nei nuovi hub regio­nali. «In sostanza in que­sto modo si ripro­pone la stessa logica dei Cara», ha spie­gato Man­coni lasciando inten­dere tempi di attesa per lo smal­ti­mento delle domande che oggi pos­sono supe­rare anche un anno.
Quello che il governo sta pre­pa­rando è dun­que un mec­ca­ni­smo inu­til­mente puni­tivo verso i pro­fu­ghi ed estre­ma­mente mac­chi­noso. Basti pen­sare che nel 2014 su 170 mila migranti arri­vati in Ita­lia, 60 mila hanno pre­sen­tato domanda di asilo. «Tutti gli altri dob­biamo con­si­de­rare che sono fug­giti?» si è chie­sto Ber­nar­dino Gua­rino del cen­tro Astalli, il ser­vi­zio rifu­giati dei gesuiti. «Se è così allora dovremo trat­te­nere nei Cie 100 mila per­sone e dov’è la coper­tura eco­no­mica per poterlo fare?».
Sarebbe un errore pen­sare che sia solo l’Italia a trat­tare l’ immi­gra­zione come un que­stione di puro ordine pub­blico. Sull’emergenza di que­sti mesi «occorre regi­strare il fal­li­mento dell’Europa che non rie­sce a tro­vare un approc­cio comune», ha detto ieri il diret­tore della Cari­tas ita­liana, don Fran­ce­sco Soddu. «È l’immagine di una Europa ripie­gata su sé stessa, che difende stre­nua­mente i con­fini che pen­sa­vamo supe­rati». Per il diret­tore di Cari­tas «è neces­sa­ria una contro-agenda in cui si sot­to­li­nei che non è pos­si­bile aprire campi pro­fu­ghi nei Paesi nor­da­fri­cani, in cui si rilevi che la ripar­ti­zione dei migranti decisa in Europa è insuf­fi­ciente e si spinga per l’apertura di ingressi legali dei migranti in Europa».

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