Il difficile per il premier inizia ora. L’unica cosa chiara a tutti è che vuole andare rapidamente a elezioni. Syriza è divisa e il governo di minoranza può durare solo fino alla firma del compromesso. Una volta approvate le misure d’austerità, oltretutto, le loro conseguenze inizieranno a farsi sentire sulla pelle e sul portafoglio degli elettori. Meglio quindi sottoporsi al loro giudizio prima possibile, sfruttando il sollievo della Grexit scampata. Il problema di Tsipras è con che formazione e con che programma farlo, visto che il nuovo governo (almeno in teoria) sarà chiamato a continuare lo stesso percorso lacrime e sangue che lui stesso ha ammesso di non condividere.
Un po’ di chiarezza, a dire il vero, il premier l’ha già fatta. Il siluramento dei 10 ministri dell’ala più radicale del partito –per chi conosce le liturgie di Syriza– è uno strappo importante. Molti sotto il Partenone l’hanno letto come il primo passo di un percorso riformista ed europeista destinato a posizionare la sinistra nello spazio elettorale lasciato aperto dal Pasok. Che non a caso al voto del 2009 – quando vinse George Papandreou – incassò una percentuale molto simile a quella accreditata ora al partito del presidente del Consiglio. I sostenitori della migrazione verso il centro del premier l’hanno accusato in queste ore di aver lasciato il lavoro a metà: scegliendo nel rimpasto di governo uomini dell’apparato e nomi discutibili invece di puntare su volti nuovi che dessero un’immagine plastica della metamorfosi di Syriza.
La realtà è che forse Tsipras non ha ancora deciso che direzione prendere. La sua carriera politica è segnata da tanti “strappi” di successo, ma questa volta, prima di agire, deve fare bene i suoi conti. Quanto vale nelle urne la Piattaforma di sinistra di Panagiotis Lafazanis, il capo dei ribelli? E’ possibile che due cavalieri solitari e narcisisti come Yanis Varoufakis e la presidente della Camera Zoe Konstantopoulou possano saldarsi a questo correntone di reduci del Kke ontologicamente molto diversi da loro, facendogli concorrenza da sinistra? In questo caso Tsipras tenterà di convincerli a mandare giù gli ultimi accordi diventati ormai legge, provando a tenere insieme – difficile capire come – le due anime di Syriza. Se invece – come pensano in molti – ha già deciso di tagliarsi i ponti alle spalle con l’ala radicale, la strada è segnata: escluderà i loro candidati dalle liste elettorali, obbligandoli alla scissione. E aprirà un cantiere socialista riformista dove magari potrebbe trovare delle convergenze con To Potami e con alcune aree della società civile rimaste finora fuori dalla politica. I tempi sono brevi, le decisioni non sono facili. Ma il sondaggio di ieri – la prima buona notizia per Tsipras degli ultimi venti giorni – potrebbe convincerlo a muovere presto le sue pedine.