Il 42%dei greci con Syriza ma Tsipras punta al voto e alla metamorfosi verso il partito riformista

by redazione | 19 Luglio 2015 8:31

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ATENE . Alexis Tsipras riparte da zero. Con un partito e un futuro politico tutto da ricostruire, il primo scandalo dell’era Syriza da gestire – la madre dell’ex viceministro all’economia Nadia Valavani ha ammesso di aver ritirato dalla banca 200mila euro alla vigilia dei controlli di capitali – e una sola certezza: i greci, malgrado tutto, sono ancora con lui. Il drammatico dietrofront dell’ultimo minuto ai negoziati e l’ok a una nuova overdose di quell’austerity che aveva promesso di mandare in archivio, non hanno scalfito la sua popolarità: se si andasse alle urne oggi – rileva un sondaggio di Palmos analysis condotto nelle ultime ore, Syriza – pur malconcia e divisa – incasserebbe il 42,5% dei voti, il 6% in più del trionfale risultato del 25 gennaio e una percentuale più che sufficiente a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Il centrodestra di Nea Demokratia segue a grande distanza (21,5%), davanti all’emergente To Potami (8%), Alba Dorata (6,5%) e a un Pasok (6%) in lieve ripresa. Il 70% degli intervistati ha ammesso di preferire un accordo duro piuttosto che il ritorno alla dracma. E sembra essere disposto a perdonare a Tsipras i suoi errori negoziali («ne ho fatti tanti», ammette lui con sincerità) premiando l’orgoglio con cui ha provato a battere i pugni sul tavolo delle trattative.
Il difficile per il premier inizia ora. L’unica cosa chiara a tutti è che vuole andare rapidamente a elezioni. Syriza è divisa e il governo di minoranza può durare solo fino alla firma del compromesso. Una volta approvate le misure d’austerità, oltretutto, le loro conseguenze inizieranno a farsi sentire sulla pelle e sul portafoglio degli elettori. Meglio quindi sottoporsi al loro giudizio prima possibile, sfruttando il sollievo della Grexit scampata. Il problema di Tsipras è con che formazione e con che programma farlo, visto che il nuovo governo (almeno in teoria) sarà chiamato a continuare lo stesso percorso lacrime e sangue che lui stesso ha ammesso di non condividere.
Un po’ di chiarezza, a dire il vero, il premier l’ha già fatta. Il siluramento dei 10 ministri dell’ala più radicale del partito –per chi conosce le liturgie di Syriza– è uno strappo importante. Molti sotto il Partenone l’hanno letto come il primo passo di un percorso riformista ed europeista destinato a posizionare la sinistra nello spazio elettorale lasciato aperto dal Pasok. Che non a caso al voto del 2009 – quando vinse George Papandreou – incassò una percentuale molto simile a quella accreditata ora al partito del presidente del Consiglio. I sostenitori della migrazione verso il centro del premier l’hanno accusato in queste ore di aver lasciato il lavoro a metà: scegliendo nel rimpasto di governo uomini dell’apparato e nomi discutibili invece di puntare su volti nuovi che dessero un’immagine plastica della metamorfosi di Syriza.
La realtà è che forse Tsipras non ha ancora deciso che direzione prendere. La sua carriera politica è segnata da tanti “strappi” di successo, ma questa volta, prima di agire, deve fare bene i suoi conti. Quanto vale nelle urne la Piattaforma di sinistra di Panagiotis Lafazanis, il capo dei ribelli? E’ possibile che due cavalieri solitari e narcisisti come Yanis Varoufakis e la presidente della Camera Zoe Konstantopoulou possano saldarsi a questo correntone di reduci del Kke ontologicamente molto diversi da loro, facendogli concorrenza da sinistra? In questo caso Tsipras tenterà di convincerli a mandare giù gli ultimi accordi diventati ormai legge, provando a tenere insieme – difficile capire come – le due anime di Syriza. Se invece – come pensano in molti – ha già deciso di tagliarsi i ponti alle spalle con l’ala radicale, la strada è segnata: escluderà i loro candidati dalle liste elettorali, obbligandoli alla scissione. E aprirà un cantiere socialista riformista dove magari potrebbe trovare delle convergenze con To Potami e con alcune aree della società civile rimaste finora fuori dalla politica. I tempi sono brevi, le decisioni non sono facili. Ma il sondaggio di ieri – la prima buona notizia per Tsipras degli ultimi venti giorni – potrebbe convincerlo a muovere presto le sue pedine.
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