Ikea, arriva il primo sciopero nazionale

by redazione | 7 Luglio 2015 9:02

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È pas­sato esat­ta­mente un mese dalla prima pro­te­sta, quel 6 giu­gno che aveva bloc­cato molti locali in tutta Ita­lia, e ieri Ikea ci è “rica­scata”: fumata nera per le trat­ta­tive con i sin­da­cati, e si pro­spetta quindi un nuovo scio­pero, coor­di­nato sta­volta a livello nazio­nale. È la prima volta nella sto­ria ita­liana di Ikea, e potrebbe por­tare alla chiu­sura dei 21 iper­mer­cati dell’arredamento. Lo stop è stato indetto da Fil­cams Cgil, Fisa­scat Cisl e Uil­tucs Uil, per l’11 luglio, dopo che il tavolo con la mul­ti­na­zio­nale sve­dese è saltato.

Ikea ha sem­pre avuto ottimi rap­porti con i sin­da­cati, e dalla sua pre­senza in Ita­lia non si ricor­dano infatti scio­peri: il primo, arti­co­lato per ter­ri­tori, è appunto quello di un mese fa, indetto dopo che il gruppo dei mobili da mon­tare aveva deciso improv­vi­sa­mente la disdetta uni­la­te­rale dell’integrativo. In un con­te­sto, peral­tro, che l’aveva poco tempo prima visto uscire dal con­tratto nazio­nale di Con­f­com­mer­cio, get­tando quindi ancor di più “in con­fu­sione” la controparte.

Ieri, a Bolo­gna, dopo che azienda e sin­da­cati erano tor­nati al tavolo per l’integrativo, una nuova rot­tura: «Ikea insi­ste con per­vi­ca­cia a voler met­tere mano alle buste paga dei lavo­ra­tori, tra­sfor­mando un ele­mento fisso del sala­rio in ele­mento legato a indi­ca­tori varia­bili», ha spie­gato Giu­liana Mesina, della Fil­cams Cgil.

«Se que­sto non bastasse — pro­se­gue la sin­da­ca­li­sta — ancora una volta ci hanno pro­po­sto di pena­liz­zare i lavo­ra­tori, ridu­cendo sen­si­bil­mente la per­cen­tuale di mag­gio­ra­zione per il lavoro dome­ni­cale e festivo, affer­mando addi­rit­tura di essere ispi­rati a cri­teri di equità, valore che fati­chiamo a scor­gere, se per­se­guito con tagli lineari a danno soprat­tutto dei lavo­ra­tori più fragili».

Il pro­blema è che i lavo­ra­tori Ikea sono spesso in part time, e quindi spe­rano pro­prio nella mag­gio­ra­zione dome­ni­cale e festiva per rim­pin­guare il pro­prio sala­rio: l’annunciato taglio delle mag­gio­ra­zioni, «ispi­rato a cri­teri di equità» secondo l’azienda, cer­ta­mente li penalizzerebbe.

«Non solo le dome­ni­che aiu­tano a rag­giun­gere retri­bu­zioni soste­ni­bili — spiega ancora Mesina della Fil­cams — ma i lavo­ra­tori ne fanno dav­vero tante, sacri­fi­cando la loro vita fami­liare e sociale. Se dav­vero Ikea è con­vinta di essere una delle aziende dove si lavora meglio, è il momento di dimo­strarlo: per­ché i lavo­ra­tori da tempo, pur­troppo, non la pen­sano più esat­ta­mente così».

Sabato pros­simo, quindi, in occa­sione dello scio­pero saranno orga­niz­zati pre­sidi davanti ai negozi, con «sor­prese per i clienti», annun­cia il sin­da­cato, «per­ché vor­remmo far cono­scere le ragioni delle sei­mila per­sone che in tutta Ita­lia li accom­pa­gnano da anni nei loro acquisti».

Da parte di Ikea è arri­vata una rispo­sta piut­to­sto pic­cata all’annuncio dello scio­pero, ma si spera che le posi­zioni — oggi rite­nute «molto distanti» da entrambe le parti — si pos­sano riav­vi­ci­nare nei pros­simi due incon­tri pre­vi­sti comun­que entro la fine di luglio.

«L’intransigenza del sin­da­cato non con­tri­bui­sce a una pro­spet­tiva posi­tiva del con­fronto», dice l’azienda in una nota. Ikea, pro­se­gue, «si è seduta al tavolo delle trat­ta­tive per riba­dire pro­po­ste con­crete per garan­tire a tutti i pro­pri col­la­bo­ra­tori un buon posto di lavoro. Pur­troppo la deci­sione di sospen­dere il dia­logo e indire uno scio­pero nazio­nale va nella dire­zione oppo­sta rispetto a quella della trat­ta­tiva e del confronto».

L’azienda spiega di aver con­fer­mato quat­tro pro­po­ste: «un sistema di valo­riz­za­zione della parte di retri­bu­zione varia­bile»; «un inno­va­tivo sistema di gestione dei turni»; per «ren­dere più equi i trat­ta­menti per il lavoro dome­ni­cale e festivo che oggi pre­sen­tano dif­fe­renze sia da nego­zio a nego­zio, che all’interno dello stesso punto ven­dita (tra vec­chi e nuovi assunti), accom­pa­gnate da un sistema che rico­no­sca una per­cen­tuale di mag­gio­ra­zione cre­scente legata al numero di pre­senze»; per «miglio­rare l’attuale sistema di wel­fare ed affron­tare con­giun­ta­mente le tema­ti­che atti­nenti la sicu­rezza sul lavoro».

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