Cuba-Usa, pronte le ambasciate
Dal 20 luglio nel malecon dell’Avana sventolerà la bandiera a stelle e strisce degli Stati uniti, mentre a Washington sarà issato il vessillo con la stella cubana.
Usa e Cuba hanno raggiunto l’accordo per aprire le ambasciate nei rispettivi paesi. L’annuncio è contenuto in una lettera del presidente Obama indirizzata a Raúl Castro, consegnata ieri mattina dal capo della Sezione di interesse Usa all’Avana (la prossima ambasciata) Jeffrey DeLaurentis a Marcelino Medina González, ministro degli Esteri ad interim di Cuba. Contemporaneamente nella capitale nordamericana il diplomatico cubana di più alto rango consegnava una missiva di egual tono al Dipartimento di Stato.
«Siamo vicini ed ora possiamo essere amici», ha affermato il presidente Usa annunciando ieri l’apertura delle sedi diplomatiche. Obama ha ribadito che la politica aggressiva nordamericana attuata per più di mezzo secolo «è stata un fallimento: invece di favorire uno sviluppo democratico a Cuba ha portato all’isolamento degli Usa» in America latina.
«Oggi cambiamo politica– ha affermato il capo della Casa bianca– nonostante persistano profonde divergenze politiche con l’Avana, possiamo cooperare e affrontarle con il metodo del dialogo e accettando compromessi continueremo a batterci perché a Cuba si rafforzi la società civile, vi sia accesso all’informazione e libertà di stampa». Obama è stato chiaro: «Nessuno si aspetta che Cuba cambi dall’oggi al domani», però ha ribadito che chiederà la fine dell’embargo perché imprenditori statunitensi «possano investire (nell’isola) e aiutare i cubani a migliorare la qualità della vita…e a progredire nel rispetto dei diritti umani».
Confermando l’apertura delle ambasciate il presidente Raúl Castro ha affermato che Cuba «è animata dall’intenzione di stabilire relazioni basate sul reciproco rispetto e interesse» e «nel rispetto delle conveenzioni internazionali» riguardo al funzionamento delle sedi diplomatiche. Il primo, importante, passo è dunque compiuto. I due paesi si avviano verso il pieno ristabilimento delle relazioni politiche e diplomatiche. Un processo, questo, che si annuncia più lungo e complesso di quello compiuto dopo lo storico annuncio fatto lo scorso 17 dicembre da Obama e Raúl Castro di mettere fine a più di 50 anni di guerra fredda tra i due paesi.
In questi sei mesi sono stati compiuti importanti passi in avanti: Washington ha tolto Cuba dalla lista dei paesi che appoggiano il terrorismo e Obama ha chiesto al Congresso di mettere all’ordine del giorno la fine dell’embargo unilaterale decretato contro Cuba nel 1962. Lo scorso aprile i due presidenti si sono incontrati a Panama al Vertice delle Americhe e hanno avuto il primo colloquio diretto per discutere i problemi relativi al ristabilimento di relazioni tra i due paesi. «In questo periodo – afferma l’accademico cubano Jesús Arboleya– è apparso un fattore importante: la formazione negli Usa di gruppi di pressione, soprattutto economiche, per ristabilire relazioni con Cuba.
Un fattore che prima non esisteva» e che sta costruendo un contrappeso ai gruppi anticastristi cubano-americani rappresentati al vertice del Partito repubblicano.
I risultati si vedono: sono stati attuati vari sondaggi che dimostrano un nuovo equilibrio di forze nell’opinione pubblica negli Usa, visto che la maggioranza dei cittadini degli Usa appoggiano il cambio di politica attuato da Obama. Ora le due diplomazie potranno affrontare il complesso di problematiche devono essere risolte per giungere a una completa normalizzazione che si annuncia difficile vista la quantità e complessità dei punti di disaccordo accumulati in più di cinquant’anni di guerra fredda. In una serie di interventi, il presidente Raúl Castro ha ribadito che «non vi possono essere normali relazioni fino a quando gli Usa mantengono il blocco economico, fino a quando sarà restituita la base navale di Guantanamo e venga eliminata la Ley de Ajuste Cubano ( che concede la carta verde a tutti i cubani che entrino negli Usa) e che vengano chiuse la Radio e la Tv Martí (responsabile di iniziative apertamnte sovversive in Cuba,ndr)».
«Solo col compimento di queste richieste, potremo dire che gli Stati uniti hanno passato il Rubicone e sono disposti a attuare relazioni diplomatiche nel rispetto della sovranità di Cuba», ha affermato il politologo cubano Esteban Morales. Da parte repubblicana è stato ripetuto il solito refrain contro la svolta imposta da Obama. Carlos Curbelo, deputato republicano per la Florida ha sostenuto che «Il presidente Obama potrà anche segnare un punto nella costruzione di un suo «lascito storico», però non promuove i nostri interessi nazionali e conferisce legittimità a una dittatura militare». Ugualmente dura la reazione dei gruppi anticastristi. Frank Calzón, direttore esecutivo del Centro per una, Cuba libera ha dichiarato che «La normalizzazione (con Cuba) avviene in circostanze senza precedenti se si esamina la diplomazia americana nella regione negli ultimi anni e non augura nulla di buono per i diritti umani nell’isola».
Diverso il parere di Eric Langer, direttore del Centro studi latinoamericani dell’Università di Georgetown: «Finalmente finisce la guerra fredda in America latina. È un gran passo per nuove relazioni deglii Usa non solo con Cuba, ma anche col resto dell’America latina».
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