Berlino boccia il piano greco e l’Eurogruppo frena, parola ai leader

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BRUXELLES. Il dietrofont di Alexis Tsipras e del governo greco non basta. Non bastano le misure proposte, perché la situazione economica della Grecia si è molto deteriorata dopo il referendum e la chiusura delle banche. Non bastano, soprattutto, le dichiarazioni fatte in Parlamento a ristabilire un minimo di fiducia tra Atene e i suoi creditori che per troppe volte si sono sentiti ingannati. E’ questo l’umore prevalente emerso dalla riunione dell’Eurogruppo, cominciata ieri pomeriggio a Bruxelles e proseguita nella notte. Oggi toccherà ai capi di governo della Ue decidere quali ulteriori passi siano necessari per aprire eventualmente il negoziato sul terzo pacchetto di aiuti che eviti l’uscita della Grecia dalla moneta unica.
Ieri, ufficialmente, nessuno ha evocato questa ipotesi, che però aleggia su tutti i colloqui europei fin dal momento in cui Tsipras ha rotto le trattative per indire il referendum. Ma il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, capofila dei falchi, ha scelto un modo indiretto per sollevare la questione facendo circolare uno studio del suo ministero concordato, a quanto pare, con Angela Merkel. Nel documento si sostiene che Atene dovrebbe varare immediatamente riforme più radicali e conferire beni per 50 miliardi in un fondo vincolato a garanzia dei nuovi finanziamenti, oppure «uscire per cinque anni dall’euro» e approfittare di questo periodo per ristrutturare il proprio debito pubblico. Poiché lasospensione “temporanea” dall’euro è un’ipotesi impercorribile, come hanno subito osservato fonti della Commissione, in realtà il documento prospetta un’alternativa tra il pignoramento dei beni di Atene e una sua uscita dalla moneta unica.
Ieri nella riunione dei ministri la discussione è stata accesa. Da una parte la pattuglia delle “colombe”, ridotta a Francia, Italia, Cipro e Commissione europea, che si è battuta sostenendo che le proposte di Atene costituiscono «una base sufficiente » almeno per avviare trattative sul nuovo pacchetto di aiuti. Dall’altra i “fal- chi” che hanno giudicato le proposte non credibili nè sul piano economico nè su quello politico. Il Parlamento finlandese ha addirittura vincolato il suo ministro a negoziare un Grexit.
Non ha aiutato a dirimere la questione il rapporto presentato ai ministri dalla Troika composta da Commissione, Bce e Fmi sulle proposte di Tsipras. E’ vero che il terzetto dei creditori ha giudicato la posizione greca sufficiente per avviare il negoziato. Ma ha anche evidenziato come la situazione del Paese sia drammaticamente peggiorata nelle ultime settimane. Le necessità di finanziamento di Atene nei prossimi tre anni sarebbero superiori a ottanta miliardi, di cui almeno 25 necessari per tenere in vita le quattro grandi banche che controllano la sua economia. Inoltre la recessione quest’anno e nel 2016 sarebbe superiore al 3%, a fronte di stime che, a primavera, prevedevano una crescita di almeno mezzo punto. Il calo del Pil fa peggiorare tutti i parametri economici, dal debito al deficit all’avanzo primario, rendendo impossibile raggiungere gli obiettivi che erano stati concordati con Bruxelles prima del referendum. E questo renderebbe le proposte avanzate da Atene, sulla falsariga di quelle che erano state bocciate nel referendum, largamente insufficienti.
E poi c’è la mancanza di fiducia politica, evidenziata nelle dichiarazioni non solo di Schaeuble, ma anche di quasi tutti i ministri dell’Europa nord-orientale. Il fatto che un governo respinga le proposte dei creditori, convochi un referendum popolare che ne conferma il rigetto, e poi il giorno dopo riproponga le stesse misure come se fossero una sua idea non ha per nulla convinto governi meno immaginativi di quello greco. Senza contare il fatto che la coalizione ora al potere in Grecia non sembra avere una maggioranza di voti necessaria a sostenere un simile programma. Si parla già di un prossimo rimpasto di governo. E questo apre uno scenario di instabilità politica che certo non rassicura i creditori di Atene.
Per ovviare a queste obiezioni, le “colombe” hanno lanciato l’idea di dare un minimo di tempo ai greci per consentire al Parlamento di approvare alcune delle più significative e delle più controverse tra le riforme annunciate. Sarebbe un pegno di serietà meno umiliante del fondo vincolato proposto da Schaeuble. Resta da vedere se oggi i capi di governo lo riterranno sufficiente, se il Parlamento greco riuscirà a superare la prova. E soprattutto se gli automatismi del default, in un Paese che vive ormai da due settimane in situazione di emergenza, lasceranno il tempo per questo ennesimo tentativo di rianimazione.


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