Atene, il Fmi resta fuori dal terzo salvataggio
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BRUXELLES Il Fondo monetario internazionale non parteciperà al terzo piano di salvataggio della Grecia. Per ora. Forse entrerà nella squadra in autunno. Ma parteciperà agli incontri tecnici che porteranno alla definizione del programma e delle condizioni che Atene dovrà rispettare per ottenere i soldi. L’ammontare, indicato tra 82 e 86 miliardi dall’Eurosummit del 13 luglio, ora è tutto da definire dopo che il Fmi si è sfilato.
Il memorandum d’intesa è atteso per la seconda quindicina di agosto, ma le trattative appaiono molto complicate. Il premier greco Alexis Tsipras puntava a raggiungere l’accordo prima del 20 del mese, giorno in cui scade una rata con la Bce da 3,4 miliardi. Ma il negoziato appare inceppato su due livelli: fra i creditori (eurozona e Fmi); fra le tre istituzioni internazionali (Commissione Ue, Bce e Fmi) e il governo greco, che non vuole procedere subito a un supplemento di riforme. Questo implicherebbe un ulteriore pericoloso passaggio parlamentare e il premier Tsipras deve prima risolvere le divisioni che stanno lacerando Syriza. Il partito di estrema sinistra non ha mai digerito l’accordo con la Ue accettato da Tsipras, che ora propone per domenica un referendum interno al movimento per contare i favorevoli e i contrari.
Quanto ai creditori internazionali, che ci fosse tra loro un problema era evidente da giorni. Da quando le visioni di Washington e Berlino si sono scontrate sul debito insostenibile della Grecia: questione da affrontare subito per la direttrice del Fmi Christine Lagarde, da discutere in ottobre per il ministro delle finanze tedesco Wolfang Schäuble, dopo aver raggiunto il memorandum d’intesa. Ma senza una ristrutturazione del debito e senza ulteriori riforme da parte di Atene il board del Fmi non può approvare la partecipazione a un nuovo salvataggio: sono le regole dell’istituto di Washington, di cui fanno parte anche Paesi extra europei che stanno osservando in modo critico le scelte compiute finora nei confronti della Grecia. Il programma di aiuti ad Atene del Fmi è ancora in corso e finirà a marzo 2016, questo dà più tempo per decidere un nuovo intervento. Ieri il board del Fmi ha detto che valuterà se partecipare alla «fase due» — come riferisce il Financial Times — dopo che la Grecia avrà concordato un pacchetto complessivo di riforme e i creditori dell’eurozona avranno «concordato un alleggerimento del debito». Un bel problema per frau Merkel. La cancelliera tedesca aveva detto che il nodo del debito sarebbe stato affrontato al momento opportuno perché sapeva che sarebbe stato difficile far passare al Bundestag il terzo piano di aiuti e insieme l’alleggerimento del debito greco. Berlino però ha anche sempre insistito che il Fmi fosse fin dall’inizio nella partita, non fidandosi del ruolo di negoziatore della Commissione, ritenuta troppo morbida. Così le conclusioni dell’Eurosummit hanno imposto alla Grecia di rivolgere domanda di assistenza finanziaria al fondo Esm e «ove possibile richiesta analoga al Fmi». Cosa fatta da Atene, non appena sollecitata dal Fmi. Non sarebbe la prima volta che il Fondo partecipa ai negoziati senza aprire i cordoni della borsa. È già successo con la Spagna. Stavolta però la sua assenza crea un problema alla Germania.
Il memorandum d’intesa è atteso per la seconda quindicina di agosto, ma le trattative appaiono molto complicate. Il premier greco Alexis Tsipras puntava a raggiungere l’accordo prima del 20 del mese, giorno in cui scade una rata con la Bce da 3,4 miliardi. Ma il negoziato appare inceppato su due livelli: fra i creditori (eurozona e Fmi); fra le tre istituzioni internazionali (Commissione Ue, Bce e Fmi) e il governo greco, che non vuole procedere subito a un supplemento di riforme. Questo implicherebbe un ulteriore pericoloso passaggio parlamentare e il premier Tsipras deve prima risolvere le divisioni che stanno lacerando Syriza. Il partito di estrema sinistra non ha mai digerito l’accordo con la Ue accettato da Tsipras, che ora propone per domenica un referendum interno al movimento per contare i favorevoli e i contrari.
Quanto ai creditori internazionali, che ci fosse tra loro un problema era evidente da giorni. Da quando le visioni di Washington e Berlino si sono scontrate sul debito insostenibile della Grecia: questione da affrontare subito per la direttrice del Fmi Christine Lagarde, da discutere in ottobre per il ministro delle finanze tedesco Wolfang Schäuble, dopo aver raggiunto il memorandum d’intesa. Ma senza una ristrutturazione del debito e senza ulteriori riforme da parte di Atene il board del Fmi non può approvare la partecipazione a un nuovo salvataggio: sono le regole dell’istituto di Washington, di cui fanno parte anche Paesi extra europei che stanno osservando in modo critico le scelte compiute finora nei confronti della Grecia. Il programma di aiuti ad Atene del Fmi è ancora in corso e finirà a marzo 2016, questo dà più tempo per decidere un nuovo intervento. Ieri il board del Fmi ha detto che valuterà se partecipare alla «fase due» — come riferisce il Financial Times — dopo che la Grecia avrà concordato un pacchetto complessivo di riforme e i creditori dell’eurozona avranno «concordato un alleggerimento del debito». Un bel problema per frau Merkel. La cancelliera tedesca aveva detto che il nodo del debito sarebbe stato affrontato al momento opportuno perché sapeva che sarebbe stato difficile far passare al Bundestag il terzo piano di aiuti e insieme l’alleggerimento del debito greco. Berlino però ha anche sempre insistito che il Fmi fosse fin dall’inizio nella partita, non fidandosi del ruolo di negoziatore della Commissione, ritenuta troppo morbida. Così le conclusioni dell’Eurosummit hanno imposto alla Grecia di rivolgere domanda di assistenza finanziaria al fondo Esm e «ove possibile richiesta analoga al Fmi». Cosa fatta da Atene, non appena sollecitata dal Fmi. Non sarebbe la prima volta che il Fondo partecipa ai negoziati senza aprire i cordoni della borsa. È già successo con la Spagna. Stavolta però la sua assenza crea un problema alla Germania.
Francesca Basso
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