Acciaio, edilizia e moda riparte l’export italiano “Tre miliardi in più”

Acciaio, edilizia e moda riparte l’export italiano “Tre miliardi in più”

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ROMA. Tre miliardi nei prossimi quattro anni. È l’export italiano aggiuntivo che verrà dalla fine delle sanzioni contro l’Iran, previsto dalla Sace. «Dagli 1,2 miliardi del 2014 si salirà nel 2018 a 2,5 miliardi, poi la crescita proseguirà man mano che sarà liberalizzata l’economia», spiega Alessandro Terzulli, che della Sace è capo economista. Altre fonti indicano cifre ancora superiori. Mobili, luce, accessori da bagno, rivestimenti in vetro e poi meccanica strumentale, infrastrutture come le dighe di Salini o Astaldi, attrezzature petrolifere: sono i settori in cui l’Italia può riappropriarsi di una posizione storicamente molto buona. Nel 2010, alla vigilia delle sanzioni europee, erano mille le aziende italiane presenti in Iran: molte sono tornate a casa, ma parecchie sono rimaste in silenzio ad aspettare che passasse la tempesta. E l’Italia, malgrado l’inasprimento delle sanzioni, rimane uno dei principali partner commerciali di Teheran. «Nel 2014 abbiamo portato in Iran cento nuove aziende», dice Luca Miraglia, capo della società di consulenza QuarkUp. «In molti settori si continua a fare business, l’importante è non cadere nella trappola del dual use: una valvola può essere usata per il rubinetto di casa o per un gasdotto, e allora scatta la sanzione dell’Europa». Gli americani invece hanno la clausola Ofac che permette l’export di prodotti con una valenza sanitaria, ma ben altro business si aprirà, tanto che Israele non si aspetta grandi aiuti dai congressmen repubblicani.
Quella che si apre sarà una competizione dura, dove l’Italia potrà però giocare la sua parte. «In questi anni difficili ci siamo impegnati a tenere aperti i corridoi di collegamento per le imprese italiane perché sappiamo che l’approccio verso i prodotti italiani e il nostro Paese è positivo», conferma Pier Luigi D’Agata, segretario generale della Camera di Commercio italo-iraniana. «Ora si aprono prospettive in settori finora assenti come la moda ». Ma tutti i comparti sono in mobilitazione. Le immatricolazioni di auto raddoppieranno a 2 milioni perché c’è da rinnovare un parco circolante di 14 milioni di macchine: la Fca potrebbe riavviare il progetto Siena del 2005 che prevedeva la costruzione di una fabbrica da 100mila auto l’anno in accordo con la Pars. La siderurgia potrà conoscere una nuova stagione di gloria dopo le acciaierie costruite negli anni ‘70 da Danieli e Italimpianti, entrambe pronte a nuove iniziative. E appena si riaprirà il mercato del petrolio l’Iran vuole triplicare l’export, oggi 1,4 milioni di barili al giorno, puntando sul rialzo che è cominciato ieri (+ 81 centesimi a New York fino a 53 dollari): nel deserto ci sono 150 miliardi di barili di riserve (terzo forziere al mondo dopo Arabia Saudita e Iraq), più 28 trilioni di metri cubi di gas (secondo dopo la Russia). Non tutto sarà facile: l’Eni, che lavora a Teheran dai tempi di Mattei e adesso ha le operazioni ferme, ha sempre denunciato i bizantinismi dei contratti iraniani. Ieri nel gruppo petrolifero si diceva solo che «l’accordo è una tappa incoraggiante, se il governo iraniano proporrà un quadro contrattuale più allineato agli standard internazionali potremmo considerare nuovi investimenti nel Paese».


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