BERLINO. Le trattative con i creditori sulla questione del debito sono fallite, la Grecia è sull’orlo dell’abisso, il primo ministro Alexis Tsipras intende indire un referendum domenica prossima sulla proposta dei creditori.
La Bild ha intervistato il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis.
Signor Varoufakis, il suo primo ministro chiama i greci a un referendum su una proposta della Troika dei creditori.
Significa che le trattative sono interrotte o terminate?
«Né l’una, né l’altra cosa. Il 25 giugno le istituzioni dell’Eurogruppo ci hanno presentato una proposta dettagliata. Il tempo era ormai scaduto. Non abbiamo potuto accettare, ma non abbiamo nemmeno potuto rifiutare di fronte all’importanza della cosa per il futuro della Grecia. Perciò abbiamo deciso di rivolgerci ai cittadini e di chiarire la nostra posizione contraria, lasciando però a loro la scelta. Rimaniamo comunque aperti a nuove proposte delle istituzioni. Se queste nuove proposte dovessero arrivare e noi le ritenessimo significativamente migliori, potremmo sempre cambiare le nostre indicazioni e suggerire agli elettori di approvarle. Quindi, per quanto ci riguarda, siamo ancora disponibili a trattare mentre la gente fa le sue valutazioni».
Da parte vostra arriveranno nuove proposte?
«No, abbiamo già esposto le nostre posizioni. Sono eque e accompagnate da notevoli concessioni. Si basano su un solido programma finanziario legato alla concreta aspettativa di mettere fine alla crisi senza ulteriori versamenti di denaro allo Stato greco. Sta ora alle istituzioni dimostrare buona volontà».
Il memorandum scade il 30.
Se non rispetterete questo termine non riceverete la rata di 7,2 miliardi di euro. E la Banca centrale europea bloccherà l’erogazione dei fondi di emergenza ELA. Cosa succederà allora? Un assalto alle banche? Controlli sui movimenti di capitale? E poi la Grexit?
«Se l’Europa permetterà che accada un simile disastro solo per umiliare il nostro governo e nonostante le caute, moderate, concilianti proposte venute da parte nostra — allora gli europei non potranno non porsi la domanda sollevata dal capo del governo italiano di fronte al clamoroso fallimento sulla questione dei profughi: “È questa l’Europa che vogliamo?”» Dal suo punto di vista, c’è ancora spazio per un accordo con l’eurogruppo? E cosa si dovrebbe tentare di fare da entrambe le parti?
«Sono un eterno ottimista. L’Europa ha dimostrato di continuo di saper curare le sue ferite e di essere capace di superare i suoi litigi. Si tratta soltanto di far valere quello che ci accomuna. Finora, però, ci è sempre stato detto che è possibile qualsiasi accordo, ma solo se è conforme al memorandum delle istituzioni».
Recentemente ha dichiarato che il contributo decisivo può venire solo dalla cancelliera Merkel. È ancora così?
«Sì, assolutamente. Le istituzioni non hanno alcun mandato per collegare riforme pesanti a una saggia politica di rinegoziazione del debito. I vertici dell’Unione Europea a Bruxelles non sono in grado di adottare iniziative politiche. I capi di governo dell’Unione europea devono agire. E tra loro è la cancelliera Merkel, in quanto rappresentante del Paese più importante, ad avere in mano le chiavi per evitare una fine terribile di questa crisi. Spero che le usi».
Copiright Bild Traduzione di Carlo Sandrelli