Tutti a Ventimiglia per chiedere un’Europa giusta

Tutti a Ventimiglia per chiedere un’Europa giusta

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Foto Cattai

Gianfranco Cattai

Nel giorno in cui la Francia libera 4 dei migranti che da giorni sono arroccati sugli scogli di Ventimiglia arriva la notizia di una manifestazione che avrà luogo domani (oggi, Ndr)  proprio nella città ligure sul confine con la Francia. Ne abbiamo parlato con il presidente di Focsiv (Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario), Gianfranco Cattai, che sarà lì anche a nome del Forum del Terzo Settore.

 Presidente perché  andrà a Ventimiglia?

Io andrò come Focsiv ma anche a nome del coordinamento nazionale del Forum del terzo Settore si cui sono membro e coordinatore della Consulta affari Europei e Internazionali. Mi recherò a Ventimiglia per solidarietà con chi, persone e associazioni, stanno affiancando questi richiedenti asilo e sfollati. Andiamo ad affermare che vogliamo un Europa unita e solida sui valori fondamentali da cui è nata. Poi vado ad incontrare persone provenienti da Paesi dove noi come Focsicv siamo impegnati, come ad esempio il Senegal. Vado a testimoniare infine che se hanno bisogno di qualcosa per i loro paesi noi ci siamo. Vado a dire che noi vorremmo che l’Europa investisse iniziative che danno speranza e posti di lavoro nei paesi di provenienza di queste persone, dove invece noi facciamo poco, quasi nulla.

Cosa ne pensa delle parole del segretario Cei che distingue tra migranti economici e profughi, sottolineando come in entrambi i casi la colpa sia dell’Occidente?
Io la penso come Galantino. L’accoglienza è un risarcimento minimo. Non si può pensare di prendere guadagnandoci sempre e quando è il momento di dare, limitarsi all’elemosina. Non voglio neppure dimenticare tutto il tema delle armi e della responsabilità che abbiamo in questo momento di aver alimentato, per business, guerre e rivolte.

Della scelta della Francia di chiudere il passaggio che ne pensa?
Da cittadino che è nato in Francia a Bordeaux, da genitori migranti italiani che hanno fatto un pezzo dello sviluppo economico di quel Paese, e sapendo cosa significichi essere figli di stranieri in quel Paese, mi stupisco di questo atteggiamento incredibile. Stiamo parlando di un fenomeno che conta 170 mila stranieri entrati nel nostro Paese l’anno scorso e si stima che quest’anno sarà lo stesso. Non è un’emergenza, non sono numeri incredibili. È un atteggiamento culturale, quello della politica francese, che speriamo la cittadinanza, che invece si è dimostrata solidale, possa cambiare.

Il 20 giugno è anche la Giornata Mondiale del Rifugiato. Quest’anno l’Europa la festeggia con la Francia che chiude le frontiere, l’Ungheria che annuncia un muro sukl confine serbo, l’Italia che rimane inascoltata e sola senza contare la Spagna che chiede al Marocco di fare a filtro….
E nel frattempo ci sono paesi come la Germani che ha un piano per il prossimo decennio di sulla manodopera straniera e lo persegue. È dimostrato che le nostre economie hanno bisogno di mano d’opera. C’è un’ipocrisia nell’analisi che è spaventosa. La stessa Italia sa che dovrebbe programma la venuta di stranieri e invece si gioca a fare rumore su una presunta emergenza che in realtà non esiste. La verità è che si tratta di un fenomeno da affrontare in modo strutturale e non emergenziale.

E mentre voi andate Ventimiglia a Roma ci sarà una manifestazione sulla famiglia. Ma la famiglia non costituisce proprio il dna dell’accoglienza di un Paese?
Mi viene in mente quello che uno dei migranti sugli scogli ha detto ieri: «è la prima volta che dormo sotto le stelle. In Africa l’accoglienza è sacra, nessuno verrebbe mai lasciato fuori all’aperto». Ed è vero, c’è una tradizione della famiglia, in senso stretto e in senso lato, che si fonda proprio sull’accoglienza.



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