Terrorismo, clima, alimentazione Alla ricerca di un filo in comune
by redazione | 11 Giugno 2015 10:29
MILANO Il vero brivido di una giornata senza asprezze, segnata da professioni d’amicizia, Vladimir Putin lo ha prodotto guardando dritto in faccia i capi delle grandi aziende italiane pubbliche e private. Sedevano in seconda fila, a pochi metri da lui, l’uno accanto all’altro, Mario Greco, Claudio Descalzi, Marco Tronchetti Provera, Mauro Moretti, Michele Elia, Francesco Starace, mentre in conferenza stampa il presidente russo, accanto a un Matteo Renzi scatenato con la mimica facciale, diceva a voce alta quello che loro possono solo sussurrare: gli imprenditori italiani non vogliono una riduzione dei nostri scambi commerciali. E ricordava, il presidente russo, una verità semplice e inquietante: se non troviamo un modo per superare gli ostacoli imposti dalle sanzioni, che congelano gli accordi già stipulati, noi ci cercheremo altri partner e firmeremo con loro i contratti che ci servono.
Quella del prezzo pagato dall’Italia al suo pieno allineamento con gli alleati occidentali nella vicenda ucraina è stata la linea d’ombra di una visita che ha confermato quanto la cappa di conflittualità calata nei rapporti con Mosca stia stretta a entrambi i Paesi. E quanto Italia e Russia continuino a cercarsi sul piano economico, politico e culturale, nonostante tutto. Matteo Renzi ha fatto un numero quasi da funambolo, quando, glissando sulle conclusioni forti del G7, si è spinto a dire che il dissidio sull’Ucraina è l’unico, vero tema di contrasto con Mosca. E che se riuscissimo a toglierlo di mezzo, applicando in pieno gli accordi di Minsk — «bussola di ogni soluzione pacifica» nelle parole del presidente del Consiglio — allora tutto tornerebbe a posto nelle relazioni con la Russia, con la quale noi e tutto l’Occidente condividiamo solo cause comuni: lotta al terrorismo, crisi regionali, a cominciare da quella libica che ci riguarda più direttamente, battaglia del clima, non ultimo la sostenibilità alimentare del pianeta come da tema centrale di Expo. Ineccepibile. Ma non è esattamente quello che pensano i Paesi della Nato e dell’Unione europea confinanti con la Federazione russa, nè l’Amministrazione americana, sempre veloce nel farsi carico delle loro preoccupazioni.
Renzi ha cercato per tutta la visita un tono casual, quasi complice con l’ospite russo, che appariva allo stesso tempo stranito e compiaciuto. Ha fatto una battuta, sfiorando la gaffe, sulle forti bevande offerte nel padiglione russo. Per due volte ha detto a Putin che nel 2018, l’anno dei Mondiali, vuole andare a Mosca per «dargli qualche dispiacere con la nazionale italiana di calcio», schierando di fatto l’Italia con chi pensa che nessuna inchiesta o scandalo potrà mai togliere la manifestazione ai russi. Anche nel pranzo ufficiale, tra ravioli al branzino, orata con olive taggiasche e sorbetto di Peck, il premier ha scelto leggerezza e ironia verso il leader del Cremlino. Putin non si è tirato indietro: a un imprenditore italiano che scherzava di non poter più andare a caccia in Crimea, ha detto che c’è tutta la Russia per cacciare, di tutto, compreso l’orso. «Stia attento, però, perché gli orsi russi sono abituati bene: quando prendono un pesce, mangiano il caviale e buttano il pesce».
Nei colloqui riservati, invece, c’è stata molta sostanza. Sull’Ucraina Putin e Renzi si sono trovati del tutto d’accordo sulla necessità di una piena applicazione del protocollo di Minsk. Ma il leader russo ha rovesciato l’onere della prova sul governo ucraino, che si rifiuta anche solo di sedersi a un tavolo con i rappresentanti russofoni del Donbass e di Lugansk. A proposito dei quali Putin ha ricordato di averli convinti ad abbandonare le posizioni separatiste. «Ho fatto la mia parte, ma voi europei ed americani dovete convincere Kiev a fare la sua». Putin ha anche confermato a Renzi che la Russia non è affatto contraria all’accordo di Associazione tra Ucraina e Ue. ma chiede di essere messa a parte del negoziato, perché non può accettare che le merci europee entrino sul suo territorio, via Ucraina, senza dazi.
Il leader russo ha scelto di non mostrarsi sorpreso di fronte all’indurimento della linea occidentale, emerso dal G7. Ma ha assicurato all’Italia ogni sostegno sul dossier libico, a cominciare dall’Onu, dove Mosca insiste per una risoluzione che sia molto chiara e specifica sui limiti di ogni eventuale azione di forza, per evitare mandati troppo vaghi e passibili di usi impropri.
Paolo Valentino