Sono ripresi gli scontri nel Don­bass, 32 vittime

Sono ripresi gli scontri nel Don­bass, 32 vittime

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Da almeno due giorni sono ripresi gli scon­tri mili­tari tra ribelli ed eser­cito ucraino nelle regioni orien­tali del paese. E ieri la Rada (il par­la­mento) di Kiev ha appro­vato una legge che per­mette a truppe mili­tari stra­niere la pre­senza sul pro­prio ter­ri­to­rio per assi­cu­rare «la pace e la sicurezza».

Un’ennesima pro­vo­ca­zione da parte dell’oligarca Poro­shenko, pre­si­dente del paese, forte del con­senso di Nato e Unione euro­pea. Un segnale che non pro­mette bene per il futuro delle popo­la­zioni delle regioni orien­tali ucraine.

Come già in pre­ce­denza, gli accordi di Minsk hanno dimo­strato di non poter reg­gere se ad una tre­gua mili­tare (per altro fit­ti­zia) non cor­ri­sponde poi una pro­se­cu­zione poli­tica. In realtà entrambe le parti non hanno mai con­si­de­rato Minsk come un trat­tato da rite­nersi definitivo.

E così, come in ogni guerra, aumen­tano le vit­time, com­prese i civili. Nelle ultime qua­ran­totto ore sareb­bero stati almeno sei i morti civili, secondo quanto comu­ni­cato dal comando dei ribelli, men­tre sareb­bero 32 in totale le vit­time della ripresa dei com­bat­ti­menti. Que­sto ritorno degli scon­tri sul campo dimo­stra che in realtà le ambi­zioni di Kiev e dei sepa­ra­ti­sti non sono mai arri­vate ad un com­pro­messo: l’obiettivo è la vit­to­ria finale.

Per l’esercito ucraino lo scopo è il recu­pero delle zone orien­tali, per i filo­russi l’obiettivo è l’allargamento della regione con­qui­stata. Quest’ultimi hanno vis­suto alcuni mesi di con­fu­sione, a causa del ricam­bio di molti dei coman­danti e della morte di altri; eventi, come nel caso di Moz­go­voy, il coman­dante del bat­ta­glione Fan­ta­sma, desti­nati a cam­biare l’inerzia sia stra­te­gica, sia poli­tica del conflitto.

Putin, dal canto suo, era parso richie­dere ai ver­tici del Don­bass di accon­ten­tarsi, ma non aveva fatto i conti con la volontà di Kiev, che non appare per niente inten­zio­nata ad un con­flitto con­ge­lato. Pro­prio ieri Poro­shenko si è espresso in par­la­mento, denun­ciando ancora una volta la pre­senza di sol­dati russi sul ter­ri­to­rio ucraino.

Si trat­te­rebbe dei con­sueti 9mila sol­dati che da mesi sta­reb­bero cion­do­lando sul ter­ri­to­rio ucraino, già «avvi­stati» da Stati uniti, Polo­nia, paesi bal­tici, Unione euro­pea e Nato. Ma nes­suno ha mai for­nito uno strac­cio di prova.

Del resto che ci siano dei russi (volon­tari, ex mili­tari, mili­ziani, mer­ce­nari, comu­ni­sti, fasci­sti) non è certo una novità. Alcuni media hanno anche sol­le­vato il pro­blema di pre­sunte morti di mili­tari, denun­ciate dalle madri dei sol­dati russi, ma anche in quel caso tutto è rima­sto piut­to­sto vago.

La Rus­sia è parte in causa di que­sto con­flitto, come del resto ricor­dato anche da alcuni coman­danti ribelli (lo stesso Moz­go­voy in una inter­vi­sta aveva ammesso l’importanza degli aiuti russi per la resi­stenza delle regioni orien­tali). Lo sforzo di Mosca per il Don­bass non è certo una sor­presa. Così come non lo sono quelli di Nato, Usa e Unione euro­pea per Kiev.



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