Sindacato tedesco: « Sono ragionevoli le proposte di Atene »

by redazione | 17 Giugno 2015 12:18

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«I cre­di­tori non pos­sono più con­ti­nuare a stare al gioco del governo greco senza rovi­nare com­ple­ta­mente la pro­pria cre­di­bi­lità e quella delle Isti­tu­zioni. La demo­cra­zia in fin dei conti non c’è sol­tanto in Gre­cia».
Così si espri­meva sulla Frank­fur­ter All­ge­meine (Faz) di ieri una delle firme di punta, Klaus-Dieter Frank­en­ber­ger: un’efficace sin­tesi della «nar­ra­zione» che l’establishment tede­sco fa della crisi greca. In altri ter­mini: i governi euro­pei, quello di Angela Mer­kel in testa, hanno rice­vuto un man­dato dai pro­pri elet­tori in base al quale devono dire no alle richie­ste di Atene. Ma è dav­vero così? Limi­tia­moci al caso tede­sco, quello più importante.

Ebbene: è pro­ba­bil­mente così, se si parla degli elet­tori del par­tito della can­cel­liera, l’Unione demo­cri­stiana (Cdu). Ma è assai più dub­bio, se ci si rife­ri­sce a chi ha votato l’altra forza della grosse Koa­li­tion, la social­de­mo­cra­tica Spd. Che nelle cam­pa­gne elet­to­rali per le poli­ti­che del 2013 e per le euro­pee del 2014 ha soste­nuto che l’Europa dovesse «cam­biare verso», ponendo fine all’austerità e dando avvio a poli­ti­che espan­sive sia den­tro i con­fini della Repub­blica fede­rale, sia negli stati della «peri­fe­ria meridionale».

Non cor­ri­sponde al vero, quindi, che tutto l’esecutivo tede­sco sia vin­co­lato a una sorta di man­dato demo­cra­tico che impone di per­se­ve­rare nella strada che porta al sui­ci­dio dell’Europa: almeno la Spd del vice­can­cel­liere Sig­mar Gabriel ne sarebbe sciolta.

Pur­troppo, però, in que­sti giorni sem­bra che a Ber­lino sia in corso una gara fra i part­ner della «grande coa­li­zione» a chi appare «il più anti-greco del reame». E quindi, tra­dendo la parola data ai pro­pri elet­tori, il lea­der social­de­mo­cra­tico sta bac­chet­tando Ale­xis Tsi­pras e Yanis Varou­fa­kis più di quanto abbia mai fatto la can­cel­liera stessa. Uti­liz­zando anche toni che puz­zano di nazio­na­li­smo: «Non saranno i lavo­ra­tori tede­schi a pagare per gli errori di un governo come quello greco, for­mato in parte da comu­ni­sti», ha scritto in un arti­colo sulla Bild (e ripe­tuto in tele­vi­sione). Parole sulle quali ha iro­niz­zato pro­prio l’autorevole testata liberal-conservatrice Faz: «Gabriel ha cam­biato posi­zione, e quella attuale non ha nulla a che vedere con idee social­de­mo­cra­ti­che». Se lo dicono loro.

In que­sto scon­for­tante qua­dro assume grande impor­tanza la voce in senso con­tra­rio di Rei­ner Hof­f­mann, segre­ta­rio gene­rale della potente con­fe­de­ra­zione sin­da­cale uni­ta­ria Dgb (oltre 6 milioni di iscritti), tes­sera social­de­mo­ra­tica in tasca: «Le pro­po­ste di Atene sono ragio­ne­voli, e un’intesa non dovrebbe essere dif­fi­cile», è il succo di un arti­colo che ha pub­bli­cato sul quo­ti­diano Tagesspiegel.

Un inter­vento che Hof­f­mann ha fir­mato insieme al capo-economista della pre­sti­giosa fon­da­zione di studi Hans Böc­kler e, quel che più conta, alla poli­to­loga Gesine Sch­wan, punto di rife­ri­mento intel­let­tuale della Spd al punto da essere stata per due volte (nel 2004 e 2009) can­di­data uffi­ciale del par­tito alla pre­si­denza della Repub­blica. Ma Gabriel pensa invece a mostrare i muscoli, scon­ten­tando molto anche l’ala sini­stra della pro­pria orga­niz­za­zione, che è fra le pro­mo­trici della mani­fe­sta­zione di soli­da­rietà alla Gre­cia (e i migranti) in pro­gramma sabato a Ber­lino – e, in con­tem­po­ra­nea, in molte altre città euro­pee. Cri­ti­che duris­sime al vice­can­cel­liere ven­gono dalla Linke, che da ieri ha due nuovi capi­gruppo par­la­men­tari in pec­tore, il «mode­rato» Diet­mar Bar­tsch e la «radi­cale» Sahra Wagen­k­ne­cht: il voto per sosti­tuire Gre­gor Gysi avverrà a otto­bre, ma è scon­tato che i nomi pro­po­sti saranno approvati.

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