by redazione | 19 Giugno 2015 10:37
Forse, è il caso di dare i numeri. Alla fine del 2014 in Italia sono stati censiti 93.715 rifugiati con 45.749 casi di richiesta di asilo «pendenti». In Francia, le stesse cifre sono 252.264 e 55.862. In Germania i profughi ammontavano a 216.973 con però 226.191 richieste di asilo. E nel Regno Unito il confronto segnala 117.161 rifugiati con 36.383 domande d’asilo. Fa eccezione, a parità di dimensione, soltanto la Spagna: 5.789 stranieri ospitati e 7.525 richiedenti un permesso d’emergenza.
È la statistica certificata da Unhcr, l’Alto comissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, che ha pubblicato il suo rapporto annuale. Sono 56 pagine di numeri, grafici, tabelle che raccontano fin nei dettagli non solo i flussi, ma soprattutto l’esodo globale innescato da guerre e conflitti, terrore e povertà, persecuzioni e carestie. Sono 60 milioni in fuga, come se l’intera Italia si mettesse in movimento verso altri Paesi.
António Guterres, alto commissario Unhcr, spiega: «Siamo testimoni di un vero e proprio cambio di paradigma. A livello globale, un incontrollato piano inclinato in un’epoca in cui la scala delle migrazioni forzate, così come le necessarie risposte, fanno chiaramente sembrare insignificante qualsiasi cosa vista prima. È terrificante che da un lato coloro che fanno scoppiare i conflitti risultano sempre i più impuniti, mentre dall’altro sembra esserci una totale incapacità da parte della comunità internazionale a lavorare insieme per costruire e mantenere la pace».
Uno scenario più che preoccupante, con l’Europa alle prese con 6,7 milioni di migranti forzati ovvero 2,3 in più rispetto al 2013. Ma in prima linea, secondo il rapporto Unhcr, ci sono Turchia e Pakistan con oltre 1,5 milioni di rifugiati a testa. Esattamente come il Libano, dove però il rapporto diventa di 232 rifugiati ogni mille abitanti. Subito dopo vengono Iran, Etiopia e Giordania a testimonianza di quali restano le «zone calde» del mondo.
Del resto, sul fronte dei rifugiati è dal 2011 (guerra civile in Siria) che la migrazione dal Medio Oriente si è impennata, aggiungendosi a quella del Nord Africa. L’ultimo lustro ha visto esplodere o riattivarsi 15 conflitti, di cui 8 nel Continente Nero: Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, nordest della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest’anno Burundi. Più la guerra in Siria, Iraq e Yemen e la crisi in Ucraina. Risultato: nella popolazione planetaria oggi una persona ogni 122 è un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo. Per di più il 51% di questi profughi sono bambini o comunque minori, spesso non accompagnati. È di fatto questa la massima emergenza nell’emergenza rifugiati che cresce a livello globale.
Il rapporto dell’Alto commissariato Onu restituisce un’altra immagine più che eloquente. Ogni giorno guerre e persecuzioni producono 42.500 individui costretti alla fuga dai loro Paesi. Nel 2013 erano 32.200, mentre nel 2010 la cifra si limitava a 10.900.
E c’è un altro rapporto che permette anche di contabilizzare il costo dell’«Europa Fortezza». Si tratta dell’inchiesta Migrants files, il database del collettivo internazionale di una ventina di cronisti, statistici ed esperti. A partire dal Duemila, i Paesi dell’Europa hanno speso 11,3 miliardi di euro per le espulsioni dei migranti più altri 1,6 miliardi nel controllo delle frontiere. Cifre che riguardano i 28 membri dell’Unione europea più Norvegia, Svizzera e Islanda.
Una singola espulsione, mediamente, comporta una spesa di 4.000 euro di cui la metà solo in spese di trasporto dei migranti. L’Agenzia Ue Frontex ha utilizzato circa un miliardo e i paesi del Mediterraneo almeno 70 milioni per l’acquisto di imbarcazioni, visori notturni, droni e altri mezzi tecnologici. C’è un altro aspetto che riguarda i costi: a partire dal 2011 l’Italia ha pagato 17 milioni al governo della Libia per l’addestramento di chi doveva pattugliare le coste anche a bordo di nuove navi attrezzate. La Spagna, invece, ha pagato 10 milioni la manutenzione delle «cancellate» nei confini di Ceuta e Melilla.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dai 15,7 miliardi incassati dai trafficanti grazie ai migranti che volevano sbarcare in Europa. L’inchiesta Migrants files non lascia così troppi margini di equivoco sul flusso di denaro collegato all’esodo del Duemila.
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