Schiaffo dell’Ungheria a Bruxelles «Sospese le regole sui rifugiati»
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PARIGI Fuori controllo a Calais, dove centinaia di persone ieri hanno dato l’assalto ai Tir diretti in Gran Bretagna, il problema dei migranti sembra sfuggire di mano in tutta Europa, proprio alla vigilia del vertice Ue di domani che avrebbe dovuto sancire una ritrovata solidarietà tra gli Stati.
L’Ungheria ha annunciato la sospensione unilaterale e immediata degli accordi di Dublino sui rifugiati: non accetterà ulteriori trasferimenti da altri Paesi europei, anche di persone che siano state registrate inizialmente in Ungheria. Nel comunicato ufficiale diffuso in serata, il governo di Budapest spiega che il sistema di accoglienza dei rifugiati è al collasso con oltre 60 mila arrivi, e aggiunge una nota polemica: l’Ungheria ha finora applicato gli accordi di Dublino prendendo le impronte digitali e registrando tutti coloro che richiedono l’asilo politico, «ma basta guardare una cartina geografica per rendersi conto che un rifugiato dalla Siria o dall’Afghanistan che presenta domanda in Ungheria deve avere prima attraversato illegalmente almeno quattro Stati». La critica è rivolta ai Paesi già accusati in passato (l’Italia è tra questi) di lasciare passare i migranti senza prendere loro le impronte digitali, in modo da non doversene poi prendere carico.
La Commissione europea ha reagito seccamente. «L’Ungheria ha informato i Paesi partner che la sospensione delle regole di Dublino era dovuta a delle ragioni tecniche — ha detto un portavoce di Bruxelles —. La Commissione ha chiesto un chiarimento immediato sulla natura e ampiezza di queste ragioni tecniche e sulle misure prese per rimediare a questa situazione». Ma il chiarimento lo ha dato ai media austriaci il portavoce ungherese Zoltan Kovacs con quattro parole: «La barca è piena». L’Ungheria, che una settimana fa ha annunciato la costruzione di un muro di 175 chilometri al confine con la Serbia, ritiene di non potere fare di più.
Accanto al nuovo fronte diplomatico, ieri c’è stato l’aggravamento della crisi a Calais, in Francia, dove migliaia di persone cercano con ogni mezzo di sfuggire ai controlli e imbarcarsi per l’Inghilterra.
Uno dei punti scelti dai clandestini per provare a nascondersi a bordo dei Tir è lo spazio tra la cabina e il rimorchio. Oppure si rannicchiano sotto lo spoiler antivento. Altrimenti c’è la soluzione più banale, l’assalto di massa, in gruppi anche di 20 alla volta, forzando le porte del rimorchio e cercando poi di sparire tra le merci. I poliziotti francesi ne fermano molti ma è una questione di numeri: circa 300 agenti contro 3.000 migranti eritrei, sudanesi, afghani, siriani, che a ondate successive lasciano le tende del campo provvisorio di Calais e raggiungono l’autostrada.
Gli agenti li respingono con lo spray urticante o minacciando manganellate ma il massimo che possono fare è ributtarli sul prato, al di là del guard-rail, da dove poco dopo i migranti ricominceranno da capo: sanno che almeno qualcuno di loro, magari al decimo tentativo, riuscirà a sfuggire ai poliziotti e ai camionisti e a raggiungere Londra, la terra promessa.
Ieri i migranti hanno approfittato degli incolonnamenti provocati dallo sciopero dei marittimi della compagnia di traghetti MyFerryLink, appena venduta da Eurotunnel alla concorrente danese DFDS Seaways. Cinquecento posti di lavoro su 600 sono a rischio, così i dipendenti di MyFerryLink hanno bloccato l’autostrada e dato fuoco alle gomme sui binari del tunnel della Manica. Il traffico degli Eurostar è stato sospeso.
Decine di Tir sono rimasti fermi per quasi tutta la giornata a Calais, un obiettivo ideale per quanti vogliono arrivare in Inghilterra aggirando il muro anti-immigrati in costruzione nella zona del porto con i finanziamenti — 15 milioni di euro — della Gran Bretagna.
Stefano Montefiori
L’Ungheria ha annunciato la sospensione unilaterale e immediata degli accordi di Dublino sui rifugiati: non accetterà ulteriori trasferimenti da altri Paesi europei, anche di persone che siano state registrate inizialmente in Ungheria. Nel comunicato ufficiale diffuso in serata, il governo di Budapest spiega che il sistema di accoglienza dei rifugiati è al collasso con oltre 60 mila arrivi, e aggiunge una nota polemica: l’Ungheria ha finora applicato gli accordi di Dublino prendendo le impronte digitali e registrando tutti coloro che richiedono l’asilo politico, «ma basta guardare una cartina geografica per rendersi conto che un rifugiato dalla Siria o dall’Afghanistan che presenta domanda in Ungheria deve avere prima attraversato illegalmente almeno quattro Stati». La critica è rivolta ai Paesi già accusati in passato (l’Italia è tra questi) di lasciare passare i migranti senza prendere loro le impronte digitali, in modo da non doversene poi prendere carico.
La Commissione europea ha reagito seccamente. «L’Ungheria ha informato i Paesi partner che la sospensione delle regole di Dublino era dovuta a delle ragioni tecniche — ha detto un portavoce di Bruxelles —. La Commissione ha chiesto un chiarimento immediato sulla natura e ampiezza di queste ragioni tecniche e sulle misure prese per rimediare a questa situazione». Ma il chiarimento lo ha dato ai media austriaci il portavoce ungherese Zoltan Kovacs con quattro parole: «La barca è piena». L’Ungheria, che una settimana fa ha annunciato la costruzione di un muro di 175 chilometri al confine con la Serbia, ritiene di non potere fare di più.
Accanto al nuovo fronte diplomatico, ieri c’è stato l’aggravamento della crisi a Calais, in Francia, dove migliaia di persone cercano con ogni mezzo di sfuggire ai controlli e imbarcarsi per l’Inghilterra.
Uno dei punti scelti dai clandestini per provare a nascondersi a bordo dei Tir è lo spazio tra la cabina e il rimorchio. Oppure si rannicchiano sotto lo spoiler antivento. Altrimenti c’è la soluzione più banale, l’assalto di massa, in gruppi anche di 20 alla volta, forzando le porte del rimorchio e cercando poi di sparire tra le merci. I poliziotti francesi ne fermano molti ma è una questione di numeri: circa 300 agenti contro 3.000 migranti eritrei, sudanesi, afghani, siriani, che a ondate successive lasciano le tende del campo provvisorio di Calais e raggiungono l’autostrada.
Gli agenti li respingono con lo spray urticante o minacciando manganellate ma il massimo che possono fare è ributtarli sul prato, al di là del guard-rail, da dove poco dopo i migranti ricominceranno da capo: sanno che almeno qualcuno di loro, magari al decimo tentativo, riuscirà a sfuggire ai poliziotti e ai camionisti e a raggiungere Londra, la terra promessa.
Ieri i migranti hanno approfittato degli incolonnamenti provocati dallo sciopero dei marittimi della compagnia di traghetti MyFerryLink, appena venduta da Eurotunnel alla concorrente danese DFDS Seaways. Cinquecento posti di lavoro su 600 sono a rischio, così i dipendenti di MyFerryLink hanno bloccato l’autostrada e dato fuoco alle gomme sui binari del tunnel della Manica. Il traffico degli Eurostar è stato sospeso.
Decine di Tir sono rimasti fermi per quasi tutta la giornata a Calais, un obiettivo ideale per quanti vogliono arrivare in Inghilterra aggirando il muro anti-immigrati in costruzione nella zona del porto con i finanziamenti — 15 milioni di euro — della Gran Bretagna.
Stefano Montefiori
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