by redazione | 20 Giugno 2015 10:10
“In una casa c’è un tubo che esplode e l’acqua invade la cucina. L’idraulico arriva e dice: ho una soluzione. Terremo metà della perdita d’acqua in cucina, ne metteremo un quarto nel salotto e un altro quarto nella camera dei genitori. E se non basta, c’è ancora la camera dei bambini”. La “perdita d’acqua” sono i rifugiati. Il pubblico ride. Marine Le Pen? No, è Nicolas Sarkozy, l’ex presidente, a un meeting elettorale all’Isla-Adam, giovedi’ sera. In questo clima politico ha luogo l’operazione di Ventimiglia, che segue lo scandalo constante a Calais, dove qualche migliaio di migranti rifugiati nella cosiddetta New Jungle (ultimo approdo dopo i ripetuti sgomberi) cercano disperatamente di raggiungere la Gran Bretagna salendo clandestinamente sui camion. A Parigi, nelle scorse settimane ci sono stati vari sgomberi di accampamenti improvvisati, il 2 giugno in un clima calmo, poi con ricorso alla violenza da parte degli agenti. In Danimarca, alle legislative di giovedi’, ha ottenuto il 21,8% il partito anti-immigrati Dansk Folkeparti di Kristian Thulesen Dahl. In Ungheria, c’è il progetto di costruire un muro alto 4 metri (ma alcuni chiedono di più) al confine con la Serbia, lungo 175 km, in Bulgaria e in Grecia sono già stati eretti dei muri, e ne esistono altri per proteggere le due enclaves spagnole in Marocco, Ceuta e Melilla. Questi ultimi 4 muri sono costati complessivamente 76,6 milioni di euro e solo a Ceuta e Melilla la manutenzione costa 10 milioni l’anno.
Il 14 giugno, gli accordi di Schengen hanno compiuto 30 anni (nati tra 5 paesi – Francia, Germania, Benelux – oggi ne contano 26, di cui 4 non Ue, l’Italia ne fa parte dal ’90). Nel paesino del Lussemburgo che ne ha dato il nome (500 abitanti) c’è un museo per celebrare la libertà di circolazione. Ma oggi molti governi europei ne contestano il principio: ci sono quelli che vorrebbero rivedere la libera circolazione nei confini interni (è il comportamento di Francia, Austria e Svizzera in questi giorni) e quelli che non vogliono farsi carico delle “frontiere esterne” (Italia) e quello che comportano per i regolamenti di Dublino.
Oggi, 20 giugno, è la giornata mondiale dei rifugiati, che sarà per esempio celebrata in Francia con una marcia di ombrelli bianchi a Lione, organizzata dal Forum dei Rifugiati. Sui 59,5 milioni di rifugiati o sfollati nel mondo, cioè un abitante ogni 122 sulla terra (dati Onu) — per numero di abitanti, il 24esimo paese al mondo – la Ue, che si sente assediata, ha ricevuto 626mila domande di asilo, in aumento del 45% rispetto al 2013, un numero che si è moltiplicato per 5 per i migranti sbarcati sulle coste nord del Mediterraneo. Più del 50% sono state presentate in Germania e Svezia (seguite da Italia e Francia), e ci sono grandi disparità nella percentuale di accettazione (la media Ue è del 45%, si va dalla Finlandia al 67% alla Francia con il 22%, passando per la Germania con il 42%). Gli europei sostengono che, con la crisi, non ci sono i soldi per l’accoglienza. Eppure vengono spese cifre enormi per respingere i migranti, prima ancora di sapere se sono persone che hanno diritto all’asilo. Secondo i calcoli fatti dal pool di Migrants Files, negli ultimi 15 anni la Ue ha respinto 3,3 milioni di persone, per un costo di 11–13 miliardi (si tratta della principale spesa dedicata all’immigrazione). La Ue ha messo in opera una serie di programmi per perfezionare le tecniche dei respingimenti: Triton e Peseidon (115 milioni nel 2015), Eurosur (176 milioni dal 2007), i Rabits (Rapid Border Intervention Teams) di Frontex e un’altra trentina di progetti, che vanno dai robot che “fiutano” al posto dei cani alle frontiere (progetto Handhold, 3,5 milioni e Snoopy, 1,8 milioni), ai robot-pattuglia Talos (12,9 milioni), alla sorveglianza satellitare Limes (11,9 milioni) fino ai droni (9,9 milioni). Ci sono poi i finanziamenti a paesi terzi: per esempio, 30 milioni all’Ucraina per creare un centro di ritenzione per migranti o i soldi dati all’Italia alla Libia (più di 10 milioni). Tra il 2007 e il 2012, il fronte sud (Italia, Spagna e Grecia) hanno speso 557 milioni per strumenti tecnologici contro l’immigrazione (331 l’Italia secondo Lunaria, finanziato al 50% dalla Ue).
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