by redazione | 5 Giugno 2015 8:47
«Davanti ai nostri occhi si è aperto un abisso che la parola corruzione descrive solo parzialmente – afferma Stefano Rodotà – Mafia Capitale conferma l’esistenza di un sistema parallelo che permette solo ai poteri criminali di approvvigionarsi alle risorse pubbliche per lucrare sugli immigrati, sui rom, su tutti coloro che andrebbero tutelati con la solidarietà pubblica e civile. La solidarietà si è capovolta in un’opportunità di arricchimento di un ceto che esercita poteri extralegali o del tutto extralegali».
Come definire questo sistema parallelo alla politica “istituzionale”?
Quando scoprimmo la P2 venne coniata l’espressione “Doppio stato”. A qualcuno sembrò un’espressione senza fondamento. I dati di fatto andavano invece in questa direzione. Mafia Capitale ci mette di fronte ad un doppio stato. E questo non è avvenuto solo a Roma. Il doppio stato oggi è un modo consolidato di gestire lo stato. Lo abbiamo visto all’opera all’Expo, al Mose, e in altre città. L’illegalità non è un fenomeno marginale, è centrale nella vita dello Stato.
La sua è una visione inquietante, professor Rodotà, evoca tra l’altro gli aspetti più cupi della Prima Repubblica. Non sta esagerando?
No, non lo credo affatto. Siamo di fronte ad una modalità istituzionale di gestione del potere parallela alla quella del potere ufficiale che ha finito per sovrastarla. Se misuriamo il rapporto tra il potere, le istituzioni e i cittadini con il metro tradizionale oggi non siamo più in condizione di descriverlo. Il metro di giudizio è affidato al sistema parallelo. Questo rovesciamento è inquietante.
Il presidente del Pd Orfini ha evocato i servizi segreti e si chiede perché non sono intervenuti per fermare Carminati.
Sono sempre stato ostile alla logica delle deviazioni. In Italia abbiamo avuto la prova provata che i servizi hanno fiancheggiato fenomeni eversivi. Quelli erano un pezzo del doppio stato. In questo caso non mi sembra che ci sia una deviazione rispetto ad una normalità democratica. Sta invece emergendo un vero e proprio sistema di governo.
Qual è la differenza tra Mafia Capitale e Mani pulite?
Allora si diceva la corruzione che fosse funzionale all’attività di partito, e non ai singoli. Ammesso che questa spiegazione fosse giustificata, ciò che accade oggi dimostra che quel metodo è proseguito indipendentemente dai partiti. Oggi esiste una società che ha prodotto un autonomo sistema di «governo» che fa uso privato delle risorse pubbliche, sfrutta le persone e arriva a schiavizzarle. In Italia ci sono persone ridotte a oggetti produttivi di utilità per chi esercita un potere amministrativo, imprenditoriale, maschile.
Questo sistema si è coagulato per sfruttare la nuda vita dei migranti. I diritti esistono solo se sono monetizzabili?
È il lato più terribile di questa vicenda. I diritti non vengono impugnati per creare un’organizzazione sociale e praticare la solidarietà, ma sono lo strumento che riduce i migranti ad oggetti per spremerli al fine di un profitto personale. Questa torsione finisce per screditare i diritti. Questa catena dev’essere spezzata.
Quali sono gli effetti di questa situazione sui cittadini?
Un distacco drammatico rispetto alle istituzioni e a un potere che si è fatto oscuro e minaccioso. L’effetto più visibile è quello dell’astensione dal voto alle ultime elezioni regionali che resta a mio avviso la chiave più significativa per interpretarlo. Il fatto che si rinuncia al voto deriva dalla constatazione che gli enti locali sono impotenti ad affrontare i problemi dei trasporti o il sociale. Ma credo che il distacco derivi fondamentalmente dal fatto che esiste un sistema parallelo che affianca quello istituzionale e poi se lo mangia pezzo per pezzo. Questa espropriazione della democrazia è diventata un elemento costituivo del sistema.
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