by redazione | 9 Giugno 2015 9:34
Analisi. Il nuovo fenomeno dei “buoni lavoro”: in sei anni sono passati da 25 mila a più di un milione. Nelle comunicazioni del Ministero di Poletti l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato resta limitata: solo il 13%. Il lavoro in realtà è sempre più precario e il 18% dura un solo giorno
Dopo 40 giorni dalla chiusura del trimestre, secondo i dati consolidati del Ministero del Lavoro si registra un aumento totale di 30.967 rapporti di lavoro al netto delle cessazioni rispetto al primo trimestre del 2014, il 60% riguardano gli uomini. Questo aumento è trainato dai contratti a tempo indeterminato: +76 mila contro il dato negativo dello scorso anno quando i contratti a tempo indeterminato erano diminuiti di 40.961 unità. Tuttavia l’incidenza del contratto a tempo indeterminato sul totale dei nuovi rapporti netti resta limitato (13%): sono i contratti a tempo determinato quelli più diffusi, con un’incidenza del 79% sul totale, nonostante subiscano una riduzione in termini assoluti rispetto al primo trimestre del 2014.
Alle donne spetta la quota più significativa di contratti di collaborazione e parasubordinati: le 43 tipologie contrattuali che avrebbero dovuto essere riformate con un decreto attuativo finito apparentemente nel dimenticatoio. Nel confronto tendenziale tra settori esiste una ripresa nell’industria dove si registra un aumento dell’incidenza di nuovi contratti di 4 punti percentuali (dal 12 al 16%). Per servizi e agricoltura l’incidenza diminuisce rispettivamente di uno e due punti percentuali, al netto delle cessazioni. Tuttavia, è proprio il settore dell’agricoltura a spingere il numero complessivo delle attivazioni nette.Purtroppo i dati del Ministero non forniscono alcun dettaglio sul tipo dei contratti stipulati in ciascun settore e le fasce anagrafiche interessate da ciascuna tipologia contrattuale, informazioni chiave per capire dove va il mercato del lavoro. Esistono altre informazioni per capire se, e in che modo, il mercato del lavoro sta cambiando come vorrebbe farci credere il governo. Analizzando i dati relativi alla durata dei contratti cessati nel periodo, non si nota alcun miglioramento qualitativo degno di nota: il 45% dei contratti cessati nel trimestre ha avuto una durata inferiore al mese e il 18% addirittura al giorno lavorativo. Dal primo trimestre 2014, non è cambiato assolutamente nulla: il mercato del lavoro italiano è caratterizzato dall’instabilità lavorativa e di conseguenza dalla precarietà economica e sociale. La prevalenza dell’instabilità lavorativa è confermata dal dato per cui ciascun lavoratore, indipendentemente dalla fascia di età, ha stipulato mediamente nel periodo almeno 1.4 contratti, di cui non si conosce la tipologia.
Non potrebbe essere altrimenti in un Paese in cui il numero di buoni lavoro, i voucher, è aumentato tra il 2008 e il 2014 di 40 volte. I lavoratori interessati da contratti tramite voucher sono passati da 25 mila nel 2008 a oltre un milione alla fine del 2014, con un numero di 63 contratti medi per lavoratore, che corrispondono a 63 ore di lavoro effettuato. Una realtà che stride con le sempre più goffe dichiarazioni del Presidente del Consiglio Renzi secondo il quale bisogna perseverare con maggiore convinzione sulle riforme che fin’ora hanno solo aumentato le disuguaglianze economiche e sociali senza risolvere la disoccupazione strutturale e la più che decennale stagnazione dell’industria italiana.
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