Le imprese risparmiano un miliardo con la riforma Cig

by redazione | 13 Giugno 2015 9:10

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ROMA . Quasi un miliardo di risparmi. Alle aziende italiane, la riforma della Cassa integrazione voluta dal governo Renzi promette ben più di una boccata d’ossigeno. Frutto dello sconto del 10% sul contributo ordinario, inserito nel decreto attuativo del Jobs Act varato dal Consiglio dei ministri di giovedì (e operativo da subito, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, dopo l’esame parlamentare, dunque si presume da agosto). E frutto anche dell’eliminazione, a partire dal primo gennaio 2017, sia della Cig in deroga che della mobilità. In totale, almeno 800-900 milioni di minori esborsi, a regime. Con l’unico obbligo, a carico delle imprese, di versare un’addizionale proporzionale all’effettivo ricorso della Cassa: chi più usa, più paga. Un meccanismo nuovo, tipo bonus- malus, destinato però ad essere l’eccezione. Con l’uscita dalla crisi, se ne avrà sempre meno bisogno. Risultato: più soldi a disposizione delle aziende.
Anche il governo ha motivo di esultare. Grazie al decreto, «vengono estese le tutele a un milione e 400 mila lavoratori sinora esclusi », si legge nel comunicato finale del Cdm, con riferimento agli apprendisti e alle piccole imprese sopra i 5 dipendenti dell’artigianato e del commercio, sin qui fuori dalla Cig. Non solo. La riforma «consente risparmi di spesa», da utilizzare «per rendere strutturali la Naspi a 24 mesi anche dopo il 2016 e altri importanti interventi di politica sociale». E cioè il congedo parentale, l’assegno di disoccupazione Asdi, il fondo per le politiche attive del lavoro, la salvaguardia della durata della Naspi per gli stagionali (ma solo per il 2015, si precisa).
Lo Stato dunque risparmia e sostiene il sociale. L’azienda risparma, per investire e assumere? Si vedrà. Di certo, si liberano risorse. Tante. Per avere un’idea, basta prendere l’ultimo bilancio Inps disponibile, quello del 2013. Le cifre – così come elaborate dal Servizio politiche territoriali della Uil – portano appunto a circa 800-900 milioni di risparmi. Così ottenuti: 272 milioni in meno di contributi per la Cig ordinaria, 579 milioni in meno per la mobilità, 29 milioni in meno per la Cig in deroga. Il primo, grazie allo sconto del 10% sul contributo ordinario (quello pagato da tutte le imprese su ciascun lavoratore, a prescindere dall’utilizzo della Cassa), che passa dall’1,9 all’1,7% della retribuzione (per le aziende fino a 50 dipen- denti) e dal 2,2 al 2% (per quelle sopra i 50). Gli altri due cospicui risparmi derivano dalla semplice cancellazione della Cig in deroga (per lo più finanziata dalla fiscalità generale, ma con un contributo minore delle grandi imprese che la usano dopo aver terminato Cig ordinaria e straordinaria) e della mobilità (lo 0,30% sul monte salari). Cancellazione operativa dal 2017.
L’intento del governo è chiaro. Responsabilizzare le imprese nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali (con il contributo d’uso extra). Ma anche razionalizzare strumenti che negli anni si sono prestati a più d’un abuso, con Cig allungate «anche a 7-8 anni», ricordava ieri Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. La durata viene ora dimezzata dal governo Renzi a 24 mesi nel quinquennio mobile (i cinque anni si contano dal primo uso che si fa della Cig, da qui in poi). Ed estesa a 36 mesi solo se prima le aziende scelgono i contratti di solidarietà, dimostrando una chiara volontà di superare le crisi.
Le piccole imprese dell’artigianato e del commercio, senza Cig in deroga, dovranno cavarsela da sole. Versando un nuovo contributo a partire da metà 2016 (0,45% della retribuzione sotto i 15 dipendenti, 0,65% sopra i 15), al nuovo Fondo di integrazione salariale. Con l’inconveniente che esaurito il fondo, finito il sostegno. «L’estensione alle piccole imprese è apprezzabile, ma solo parziale», commenta Guglielmo Loy, segretario confederale Uil. C’è poi da considerare che viene eliminata anche la Cig straordinaria nei casi di cessazione dell’attività. Dopo c’è la Naspi. «Ma così si indebolisce il sistema di tutele ». Infine il mega risparmio da un miliardo. A conferma, per Loy, che «il baricentro della riforma è spostato verso l’azienda ».
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