La rabbia delle anime di Syriza

by redazione | 26 Giugno 2015 8:43

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Più si dimo­strano intran­si­genti i cre­di­tori nei con­fronti di Ale­xis Tsi­pras, più si raf­for­zano le voci almeno nella sini­stra radi­cale greca che chie­dono vie alter­na­tive, ele­zioni anti­ci­pate e l’uscita della Gre­cia dall’eurozona.
Il con­te­nuto dell’accordo, nel caso dav­vero ci fosse, non solo fa ina­sprire il dibat­tito in seno a Syriza, ma mette alla prova la com­pat­tezza del suo gruppo par­la­men­tare. La sini­stra radi­cale è sem­pre stata un’area poli­tica che com­prende tutti: dai socia­li­sti irra­diati dal Pasok e dal Kke, ex euro­co­mu­ni­sti fino a ecologisti-verdi, anti-global e «cani sciolti» con diverse stra­te­gie. Un vero arco­ba­leno poli­tico, ma anche un campo di ela­bo­ra­zione ideo­lo­gica in cui spesso si scon­tra­vano ten­denze oppo­ste, ma che ora deve gover­nare in un ambiente euro­peo chia­ra­mente ostile.

Ale­xis Tsi­pras, met­tendo in evi­denza la neces­sità di un governo alter­na­tivo che potrebbe «com­bat­tere le poli­ti­che cri­mi­nali dei cre­di­tori e dei governi della Nea Dimo­kra­tia e del Pasok respon­sa­bili per la crisi», ha lasciato in parte la reto­rica di denun­cia. Fino all’ultima cam­pa­gna elet­to­rale ten­deva la mano ai comu­ni­sti del Kke, che con­si­dera Syriza un par­tito che «col­la­bora con gli indu­striali, viene soste­nuto dalle grandi imprese e ospita dei cor­rotti». Così il segre­ta­rio Dimi­tris Koutsoubas.

Il cosid­detto pro­gramma di Salo­nicco, gra­zie al quale il gio­vane lea­der ha vinto le ele­zioni del 25 gen­naio, era in pra­tica un testo di com­pro­messo tra varie cor­renti. Nono­stante ciò, i bat­ti­bec­chi pole­mici tra le varie anime non si sono mai esauriti.

Per i diri­genti, il dibat­tito è sem­pre costrut­tivo: rispec­chia la ric­chezza poli­tica ed ideo­lo­gica del Syriza, senza com­pro­met­tere la sua unità. Per i media (e non sol­tanto per quelli che fanno il gioco degli oli­gar­chi greci), il dia­logo interno mette in evi­denza le «diver­genze pro­fonde tra le cor­renti» e inde­bo­li­sce il governo. Per una parte dell’elettorato, si tratta di «poli­glot­ti­smo degli espo­nenti del Syriza ».

Nei cin­que mesi di governo, il pre­mier greco per evi­tare che il suo ese­cu­tivo fosse una «paren­tesi di sini­stra», come vor­reb­bero fal­chi finan­ziari, con­ser­va­tori e socia­li­sti a Bru­xel­les ed ad Atene, ha pre­fe­rito una svolta verso il rea­li­smo. L’alternativa sarebbe uno scon­tro fron­tale ancora più duro tra il governo e i cre­di­tori inter­na­zio­nali, la chiu­sura dei rubi­netti dalla Bce, il default, l’uscita obbli­gata dalla zona euro.

Durante que­sto periodo non erano pochi i momenti che com­po­nenti e depu­tati di rilievo del Syriza si sono schie­rati a favore di pro­po­ste oppo­ste da quelle avan­zate da Ale­xis Tsi­pras. L’eurodeputato di Syriza, Mano­lis Gle­zos, sim­bolo della resi­stenza con­tro i nazi­sti, il mini­stro delle Infra­strut­ture, Pana­jo­tis Lafa­za­nis, ex diri­gente del Kke e lea­der della Piat­ta­forma di sini­stra, la com­po­nente d’ oppo­si­zione interna più forte, la pre­si­dente del par­la­mento, Zoi Kon­stan­to­pou­lou, il vice-ministro della pre­vi­denza sociale, Dimi­tris Stra­tou­lis ed ex socia­li­sti, come il vice-presidente della camera, Ale­xis Mitro­pou­los, vor­reb­bero che il nuovo pre­si­dente della Repub­blica pro­ve­nisse dall’area della sini­stra, e non di destra, com’è il con­ser­va­tore Pro­ko­pis Pavlopoulos.

Rife­ren­dosi all’accordo di Bru­xel­les del 20 feb­braio, la Piat­ta­forma di sini­stra l’aveva carat­te­riz­zato «un indo­vi­nello». Gle­zos la aveva para­go­nato ad «una bomba alle fon­da­meta del governo di Syriza-Anel». In un docu­mento reso pub­blico allora il pro­fes­sore di eco­no­mia, Yan­nis Milios (giá respon­sa­bile della poli­tica eco­no­mica del Syriza), e altri due diri­genti ave­vano cri­ti­cato aspra­mente l’operato del mini­stro delle finanze, Yanis Varou­fa­kis. Lo scon­tro ideo­lo­gico tra un diri­gente aper­ta­mente mar­xi­sta e un mini­stro di sini­stra, ma di ten­denza key­ne­siana, era piú che evidente.

Noti espo­nenti, come il depu­tato Kostas Lapa­vi­tsas, pro­fes­sore all’Università di Lon­dra, non per­dono occa­sione per espri­mersi a favore del ritorno alla dracma, men­tre altri non vogliono sen­tir par­lare di pri­va­tiz­za­zioni o difen­dono i pre­pen­sio­na­menti. «Se la Gre­cia esce dall’ euro­zona non sará la cata­strofe» scrive nel sito web la Piat­ta­forma di sini­stra. Gli «incon­ci­lia­bili» cre­dono che una fuo­riu­scita della Gre­cia dall’Ue met­te­rebbe i greci in salvo, ed è comun­que meglio del perenne stato di impo­ve­ri­mento attuale, senza tener conto che la com­pe­ti­ti­vità resta bas­sis­sima. I «rea­li­sti» repli­cano che c’è spa­zio per un com­pro­messo ono­re­vole secondo il pro­gramma di Salonicco.

L’opposizione interna non ha mai finora messo in dub­bio aper­ta­mente né le scelte di Tsi­pras, né la sua tat­tica durante le trat­tat­tive. Anzi, ieri Syriza ha denun­ciato con toni duri l’ex pre­mier Anto­nis Sama­ras, che dopo l’incontro a Bru­xel­les con i cre­di­tori e «nel momento in cui il governo dà una bat­ta­glia dura per difen­dere i diritti dei greci, chiede un governo nuovo con un pre­mier servo degli inte­ressi dei creditori».

Ora per motivi di disci­plina di par­tito o di con­ve­nienza, sem­bra che un numero pic­colo rispetto alle rea­zioni interne di depu­tati Syriza (al mas­simo 10–15) vote­reb­bero con­tro l’accordo. Ma, di fatto, gua­da­gnano spa­zio le voci cri­ti­che alle scelte di Tsi­pras. Anche nel comi­tato cen­trale del Syriza. Giá 44 dei 149 par­la­men­tari si erano espressi con­tro la nomina di Elena Pana­ri­tis all’incarico di rap­pre­sen­tante della Gre­cia nel Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale. Se poi si tiene conto che il part­ner di governo e lea­der del par­tito di destra “Greci Indi­pen­denti” (13 seggi), Panos Kam­me­nos, è pronto a votare con­tro l’accordo nel caso pre­veda l’abolizione dell’Iva scon­tata sulle isole, e che Syriza ha 149 seggi, non è da esclu­dere un nuovo ricorso alle urne o un refe­ren­dum affin­ché Tsi­pras rin­con­fermi il mandato.

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