by redazione | 8 Giugno 2015 8:32
ATENE Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si è lamentato anche ieri: i piedi in Baviera, dove partecipa al G7, il pensiero alla Grecia: «Mercoledì scorso il mio amico Tsipras mi aveva promesso una proposta alternativa per il giorno dopo. Siamo a domenica e non la ho ancora ricevuta». L’attesa è destinata a durare almeno fino a dopodomani, mercoledì 10 giugno, quando il premier greco incontrerà la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese François Hollande.
Venerdì sera Alexis Tsipras aveva demolito il piano Juncker con un aspro discorso nel Parlamento greco. Ma ieri lo staff del capo di governo e quelli dei ministri economici hanno lavorato intensamente su diverse ipotesi per rilanciare la trattativa. Il problema è come conciliare due schemi radicalmente diversi. Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale chiedono all’esecutivo greco di impegnarsi su un percorso dettagliato di riforme, con provvedimenti e scadenze predeterminate. Neanche fosse un foglio di calcolo Excel, osservano i parlamentari di Syriza. Ad Atene è considerata «irricevibile» l’indicazione di recuperare circa 5 miliardi di euro in sei mesi, aumentando l’Iva e tagliando le pensioni.
I greci offrono un altro modulo. Prima si fissano gli obiettivi da raggiungere con l’avanzo di bilancio, al netto degli interessi, e poi si procede con un programma di ristrutturazione del debito sul lungo termine. Il governo di Atene vuole stabilire in piena autonomia come e dove intervenire per recuperare le risorse necessarie.
Negli ultimi giorni, però, è risultato evidente come, senza uno scatto politico, sia difficile avvicinare logiche.
Ora c’è tempo fino al 30 giugno, quando scadranno le quattro rate da rimborsare al Fmi: 1,5 miliardi di euro. C’è da dubitare che per allora il Tesoro abbia quei soldi in cassa. Per tutta la giornata di ieri dalla capitale ellenica e dalla rappresentanza di Syriza all’Europarlamento sono partiti segnali distensivi nei confronti di Juncker. Per Tsipras non è una questione personale: sente che nel momento del «dentro o fuori» non può essere Juncker l’interlocutore decisivo. Nello stesso tempo ripete che «mai come ora l’accordo è vicino». Perché? Intanto il coinvolgimento diretto di Merkel e Hollande è indispensabile per superare il tabù di quella che sarebbe una terza ristrutturazione del debito da quando è cominciata la crisi.
Ma la montagna è ancora enorme: 323 miliardi di euro, il 175% del Prodotto interno lordo. Nell’incontro di mercoledì Tsipras valorizzerà i punti di intesa già raggiunti, prima del documento Juncker. Le controparti avevano concordato soglie quasi minime di avanzo primario: l’1% del Pil per il 2015; l’1% e qualche decimale per il 2016. Di fatto un anno e mezzo di tregua, prima di affrontare lo strappo impegnativo: 3,5% sia nel 2017 sia nel 2018. Merkel e Hollande insisteranno affinché questi 18 mesi siano usati per riformare, o meglio, rifondare lo Stato greco.
Tsipras spiegherà che ci potrà provare se non sarà costretto a bruciare tutte le risorse per pagare gli interessi e rimborsare le rate con scadenze troppo ravvicinate. Per il governo di Syriza, anche il surplus va destinato in gran parte alla crescita (nel primo quadrimestre il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2%). Sul piano economico il ragionamento greco è oggettivamente molto rischioso. Per passare serve un atto di fiducia politica. E’ quello che Tsipras chiederà a Hollande e Merkel. Poi tornerà il momento dei numeri e delle soluzioni tecniche.
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