Jobs Act, la svolta di Renzi: poco lavoro fisso e bassi salari
L’Inps ha pubblicato ieri il bollettino dell’Osservatorio sul precariato in cui vengono registrate le attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro subordinati, ad esclusione del pubblico impiego, dell’agricoltura e dei parasubordinati. Questa è la differenza rispetto alle Comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro di lunedì scorso.
Il saldo netto dei posti a tempo indeterminato e determinato tra gennaio e aprile 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, è pari a 268.667 unità. Ad aprile la quota di nuovi rapporti stabili ha raggiunto la misura del 45%. Nei quattro mesi del 2015, al netto delle cessazioni, il numero dei rapporti a tempo indeterminato è di 137.471 unità. A questi vanno affiancate le trasformazioni dei contratti da tempo determinato e apprendistato in tempo indeterminato, pari a 221.251.
Questo conferma che l’aumento del tempo indeterminato è trainato dalle conversioni e non da nuove assunzioni nette: il 62% del totale tra gennaio ed aprile mentre, se guardiamo anche solo marzo e aprile, la quota di trasformazioni supera comunque la metà dei contratti ed è pari al 57%. Dati che stridono con quanto dichiara il responsabile economico del Pd Filippo Taddei il quale, oltre a gonfiare i numeri, ritiene che «queste nuove assunzioni non sono solo il risultato degli incentivi fiscali» ma anche del Jobs Act.
Taddei ha provato ad ancorare le proprie esternazioni guardando alla quota di contratti che hanno beneficiato degli sgravi, cioè il 61,3% ad aprile, contro il 33,7% di gennaio considerando sia le nuove assunzioni che le trasformazioni. Quindi, proprio per i mesi in cui il contratto a tutele crescenti doveva trainare l’aumento dei rapporti di lavoro, scopriamo che gli sgravi aumentano in termini percentuali rispetto ai primi due mesi del 2015. In termini assoluti, ad aprile e marzo con le tutele crescenti in vigore ed escluse le trasformazioni, il numero di contratti che hanno beneficiato degli sgravi è pari a 184.787, a fronte di 86.602 contratti netti.
Delle due l’una: o le imprese hanno già licenziato qualche neoassunto a tutele crescenti dopo aver richiesto gli sgravi, oppure hanno licenziato lavoratori stabili per sostituirli con nuovi lavoratori a tutele crescenti usufruendo degli sgravi. Meno probabile è che le imprese abbiano prima licenziato e poi riassunto gli stessi lavoratori. In sintesi, sembra che gli effetti degli sgravi del governo stiano premiando le imprese lasciandole libere di sostituire il lavoro stabile con quello meno stabile (le tutele crescenti). E i benefici per i lavoratori? Difficile dare un giudizio complessivo oggi, ma quel che però è certo, come emerge dai dati Inps, è che le retribuzioni mensili dei neoassunti (1849 euro) con e senza tutele crescenti diminuiscono mediamente dello 0.3% rispetto ai colleghi assunti un anno fa.
I lavoratori interessati da trasformazione di un contratto a termine in uno a tempo indeterminato guadagnano il 2.9% in meno, 1779 euro. La volta buona di Renzi pare manifestarsi attraverso l’effettiva svalutazione del mercato del lavoro, operata attraverso l’abbattimento delle tutele e la compressione dei salari, senza però dimenticare un po’ di regali alle imprese. Non pago della propaganda del proprio entourage, Renzi ha scritto su twitter che quando «I dati Inps dicono che cresce il lavoro come non succedeva da anni. Le riforme servono, avanti tutta».
I dati restituiscono invece un’economia in piena stagnazione con una produzione industriale che stenta a ripartire come gli investimenti privati (+0.3% entrambi), i consumi delle famiglie che diminuiscono rispetto allo stesso periodo del 2014.
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