«DOBBIAMO pensare a possibili forme di legalizzazione della droga. Penso alla marijuana, ma anche alla cocaina. È il grande tema che la comunità internazionale deve finalmente affrontare per trovare un approccio nuovo, più efficace, nella lotta al narcotraffico. E sottrarre alla mafia introiti enormi che alimentano la criminalità ». È Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, tra i primi paesi al mondo nella produzione di cocaina, a lanciare la sfida epocale: riconsiderare le strategie globali dopo cinquant’anni di devastanti scontri con il narcotraffico. Un appello che la nuova Colombia vuole lanciare nei prossimi mesi alle Nazioni Unite. Incontriamo il presidente colombiano in visita al padiglione del suo Paese a Expo 2015, interamente dedicato alla straordinaria biodiversità della Colombia. Un clima così fertile da rendere la Colombia, secondo la Fao, uno dei primi sette paesi al mondo per potenzialità agricole.
Presidente Santos, le potenzialità agricole della Colombia valgono per la frutta tropicale, il cacao e il caffè. Ma anche per la coca, da cui si estrae la cocaina.
«È vero. La Colombia è il primo esportatore mondiale di cocaina. Ho combattuto tutta la mia vita contro il narcotraffico. Come politico, come ministro e ora come presidente. Credo che il mio paese abbia pagato il prezzo più alto in questa guerra e che quindi abbia le carte in regola per parlare del tema e lanciare un appello a tutti i paesi».
Lei pensa a una legalizzazione che equipari l’uso di stupefacenti a quello dell’alcol o del tabacco?
«Non è una decisione che la Colombia può prendere da sola. È un problema che la comunità internazionale deve affrontare con linee d’azione condivise. Io penso in ogni caso che i contadini che le coltivano e i semplici consumatori non debbano essere perseguiti. Bisogna combattere, invece, i trafficanti. Come faccio a dire ai miei campesinos che non possono coltivare la marijuna se poi la stessa erba può essere venduta liberamente negli Stati Uniti?»
La guerra al narcotraffico passa anche attraverso la pacificazione nazionale. Come stanno andando i colloqui di pace all’Avana con le Farc?
«Sto facendo tutto il possibile per arrivare a una pace definitiva. Questo è il mio impegno. Il tempo stringe e dopo tre anni di colloqui siamo alla stretta finale, al momento più difficile. Ma sono ottimista. Abbiamo raggiunto l’accordo sulla partecipazione politica, sullo sviluppo rurale e il narcotraffico, sul ritorno alla vita civile. Stiamo restituendo le terre ai contadini che sono stati costretti ad abbandonarle. Nell’ultimo anno e mezzo 250 mila ettari sono già stati restituiti. E il piano continua».
Quale restano i nodi più difficile da risolvere?
«I temi della giustizia transizionale e del disarmo. Le Farc chiedono una amnistia totale per tutti i guerriglieri. Ma per noi questo è impensabile».
La Colombia è uno dei paesi latino-americani economicamente più solidi. Secondo uno studio di Capital Economics è la terza economia dell’America Latina, dopo il Brasile e il Messico.
«Certo. Il Pil è salito del 4,7% nel 2013 e del 6,4% nel primo semestre del 2014. L’attuale tasso di disoccupazione è il più basso degli ultimo dieci anni. Gli investimenti stranieri hanno raggiunto livelli storici. Ma le nostre potenzialità potrebbero veramente decollare se tornasse finalmente la pace ».