CANNONI ad acqua, gas lacrimogeni, proiettili di gomma. Il copione è lo stesso di Gezi Park. Solo che sono passati due anni da quella rivolta che tenne il mondo con il fiato sospeso. E tre settimane fa il partito conservatore islamico del Presidente Erdogan, pur continuando a essere il primo gruppo politico, ha preso una sberla alle elezioni generali arretrando di 9 punti in percentuale. L’obiettivo della repressione, questa volta, è il Gay Pride. Ma proprio gli omosessuali, assieme alle donne e alle minoranze, hanno fortemente contribuito alla vittoria del partito curdo, per la prima volta entrato in Parlamento abbattendo l’altissima soglia elettorale del 10 per cento. Una rivoluzione per la Turchia.
Nei 13 anni in cui si è svolto, il Gay Pride non è mai sfociato in incidenti a Istanbul. E così anche la marcia di ieri pomeriggio, partita pacificamente dalla centrale Piazza Taksim, srotolandosi lungo Istiklal Caddesi, la via del tramvai rosso che porta fino alla Torre di Galata, fra vestiti colorati e bandiere arcobaleno. Ma gli organizzatori, come hanno spiegato su Twitter, non avevano ricevuto il permesso di tenere la parata, quest’anno coincidente con il periodo del Ramadan, molto caro a molti osservanti.
La tensione politica nel Paese della Mezzaluna è inoltre ai livelli di guardia, con Tayyip Erdogan accusato anche all’interno di chiudere un occhio sugli attraversamenti di frontiera a favore del Califfato islamico, e la sua crescente ostilità ai curdi che proprio al di là del confine con la Siria impediscono ai jihadisti di prendere la città simbolo di Kobane. Così quando i manifestanti, alcune migliaia, rilevando l’abituale insofferenza del Capo dello Stato verso il dissenso e le richieste di maggiori libertà, hanno scandito slogan denunciando il “fascismo” del presidente islamico conservatore, gli agenti, numerosi e in assetto antisommossa, hanno caricato la folla sparando anche proiettili di gomma, come dimostrano alcune immagini video girate da reporter mischiatisi al rally.
E come accaduto durante Gezi Park, con le stesse modalità avvenute in tantissime città turche, oltre alla polizia anche gruppi di uomini in abiti civili, sia nazionalisti, sia musulmani conservatori vicini al partito al potere, riuniti nel luogo dove doveva tenersi la marcia gay hanno attaccato i giornalisti, alcuni dei quali sono stati feriti. Secondo testimoni, la polizia non ha impedito l’aggressione. Qualche deputato dell’opposizione socialdemocratica ha anche tentato di negoziare con la polizia affinché non intervenisse per disperdere la manifestazione pacifica. Alla fine sono stati 5 i manifestanti arrestati.
“Questa gente non ha lanciato né pietre né molotov – ha detto uno dei partecipanti alla marcia – Ma tutto questo fa capire molto bene che cosa sta succedendo in Turchia oggi. Tutte le richieste per ottenere maggiori diritti finiscono così”.