ATENE . Il Fondo Monetario indica la strada per un compromesso tra Atene e i creditori. Ma nessuno, per ora, sembra avere intenzione di imboccarla. Anche perché intorno alla Grecia si sta giocando una più ampia partita geopolitica, con protagonisti Brasile e soprattutto Russia, che utilizzano questo tema per ottenere un peso maggiore nella governance del Fondo, e stanno alzando la posta.
La guerra di nervi per il salvataggio della Grecia si prepara a un doppio showdown: l’Eurogruppo di giovedì prossimo dove sul palcoscenico dei negoziati tornerà un caricatissimo Yanis Varoufakis (“Noi abbiamo fatto il possibile, tocca all’Europa muovere” ha detto ieri) e il summit dei leader Ue del 25—26 giugno, l’ultima spiaggia per un intesa che salvi il paese dal default prima del 30 giugno, quando il governo Tsipras dovrà restituire all’Fmi 1,6 miliardi di euro che oggi, senza aiuti dall’ex Troika, non ha.
La strategia dell’esecutivo ellenico, a questo punto, è abbastanza chiara. Tener duro, prendere tempo e non fare nuove concessioni. Sperando che alla fine siano Ue, Bce e Fmi a capitolare. “Bruxelles aspetta nostre proposte? Ci sono già e sono quelle che abbiamo presentato domenica. Non capisco per quale motivo non le accettino visto che rispettano tutti gli obiettivi che ci hanno imposto”, è il mantra di Gavril Sakellaridis, portavoce del Governo.
I toni, dopo il flop del vertice del week—end, sono duri. Dietro le quinte però i pontieri sono già al lavoro per provare a far ripartire la macchina dei negoziati.
Il percorso per tentare il compromesso in extremis l’ha dettato ieri il Fondo: “Per arrivare a un accordo credibile servono ancora sacrifici da entrambe le parti”, ha scritto in uno studio il capoeconomista di Washington Olivier Blanchard. Atene, spiega, deve intervenire sulle pensioni, difendendo quelle più basse ma tagliando le altre, visto che la spesa previdenziale è al 16% del Pil, troppo. Un passo indietro devono farlo però anche i creditori garantendo subito un taglio del debito “attraverso un allungamento delle scadenze e una riduzione dei tassi”, sapendo da prima che in caso di peggioramento del quadro economico potrebbe essere necessario anche un taglio in conto capitale. “ Se c’è volontà di approfondire questi due punti, l’intesa si chiude in una notte”, assicura uno dei negoziatori ellenici. I prossimi giorni saranno però lo stesso molto difficili. E il rischio che un banale incidente di percorso faccia deragliare i negoziati è altissimo. Tsipras non a caso sta iniziando a serrare le fila sul fronte domestico per tenere aperto non solo il piano A (l’accordo finale) ma anche quello B e quello C. Oggi incontrerà il gruppo parlamentare di Syriza in vista della volata finale delle trattative. L’ala più radicale del partito è evidentemente soddisfatta della durezza del braccio di ferro, ma il premier sa che va preparato il terreno con la dissidenza interna in vista delle concessioni che, inevitabilmente, dovrà fare all’ultimo minuto. In mattinata sono fissati due appuntamenti con Fofi Gennimata, neo segretario del Pasok e con Stavros Theodorakis, leader di To Potami, terzo partito in tutti i sondaggi con il 7—8% circa. Un doppio meeting figlio della necessità di tenersi una via di fuga in caso di necessità di sfidare il possibile no della minoranza di Syriza. Tsipras del resto non ha archiviato nemmeno il piano R, inteso come Russia. Giovedì, mentre tutti i fari saranno concentrati sull’Eurogruppo, lui sarà a San Pietroburgo per un foro economico dove incontrerà Putin (che nelle ultime ore forse non a caso starebbe ostacolando eventuali concessioni del Fmi). Pecunia non olet. E se i finanziamenti non arriveranno dalla Troika, Atene è pronta ad andare a cercarli altrove.