Assunzioni subito e frenata sui presidi Scuola, voto di fiducia sulla riforma
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ROMA È la resa dei conti: «Il governo ha autorizzato a mettere la fiducia — che sarà votata domani al Senato — sul provvedimento sulla scuola: se va in porto le assunzioni saranno 100 mila. Ai senatori la scelta tra la strada dell’ostruzionismo e la strada dell’occupazione». È il presidente del Consiglio Matteo Renzi a blindare ufficialmente ieri sera a Palazzo Chigi la riforma della scuola, che, anche nella versione stemperata, continua a essere una spina nel fianco del governo.
È l’atto finale di una giornata convulsa al Senato, dove si è consumato l’ultimo strappo tra maggioranza e opposizioni sul testo di modifica della riforma arrivato sul tavolo della commissione Istruzione. Un «maxiemendamento» che riscrive in parte il disegno di legge approvato dalla Camera, accogliendo alcune delle richieste contenute nei 3 mila emendamenti presentati: le 100 mila assunzioni avverranno tutte subito, ma le nuove regole (come la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi) saranno valide solo da settembre del 2016, per dare il tempo alle scuole di organizzarsi; tra gli assunti ci saranno anche gli idonei del concorso 2012, che entreranno gradualmente; sarà introdotto un tetto allo school bonus (100 mila euro), ovvero alla possibilità di ottenere uno sgravio fiscale sulle elargizioni agli istituti; il numero dei docenti nel comitato di valutazione passerà da due a tre, con l’aggiunta di un componente esterno; verranno introdotti criteri chiari per la valutazione dei dirigenti. «Non hanno recepito neanche una delle nostre proposte», sbotta Corradino Mineo (minoranza pd), pronto a presentare con Walter Tocci una sostanziosa quantità di subemendamenti entro mercoledì per protesta. Ma non ce ne sarà bisogno. Dopo il veloce passaggio in commissione, il testo riformato passa nel pomeriggio in riunione capigruppo ed è subito chiaro che non ci sono più margini di trattativa: «Per rispettare tempi e impegni è assolutamente necessario portare in aula il provvedimento», spiega al termine della riunione Luigi Zanda, il capogruppo del Pd al Senato. «È a causa dei 5.000 emendamenti della Camera e i 3.000 del Senato se oggi abbiamo dovuto accelerare», rivendica Francesca Puglisi, relatrice del testo.
In Aula, quando oggi pomeriggio inizierà la discussione, lei non ci sarà, così come l’altro relatore, Franco Conte (Ap). Il governo andrà avanti senza tentennamenti, con l’obiettivo di approvare in via definitiva il ddl alla Camera in seconda lettura entro i primi giorni di luglio. Per giovedì mattina è fissata la seduta col voto finale. E la fiducia è scontata. È il Consiglio dei ministri ad autorizzarla, «ove fosse necessario». E dà il via libera anche presidente del Senato Pietro Grasso, che sottolinea: «È una prerogativa del governo, non un sotterfugio». Ma le reazioni sono furiose. «Se pensano che il voto di fiducia placherà la vera e propria rivolta che c’è da parte del mondo della scuola, si stanno illudendo», dice la presidente di Sel, Loredana De Petris, annunciando l’uscita dall’Aula durante il voto. Come faranno i senatori della Lega, che parlano di «ennesimo imbroglio». «Renzi va avanti con la consueta arroganza», sottolinea il senatore di Forza Italia Francesco Giro. «È il colpo di mano di un monarca, per il governo e per Renzi questa è una vittoria di Pirro», sbottano i Cinque Stelle. E pure l’Anief, il sindacato dei precari, è amareggiato: «Il maxiemendamento non risolve nulla: tagliate fuori le nuove generazioni di docenti».
Valentina Santarpia
È l’atto finale di una giornata convulsa al Senato, dove si è consumato l’ultimo strappo tra maggioranza e opposizioni sul testo di modifica della riforma arrivato sul tavolo della commissione Istruzione. Un «maxiemendamento» che riscrive in parte il disegno di legge approvato dalla Camera, accogliendo alcune delle richieste contenute nei 3 mila emendamenti presentati: le 100 mila assunzioni avverranno tutte subito, ma le nuove regole (come la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi) saranno valide solo da settembre del 2016, per dare il tempo alle scuole di organizzarsi; tra gli assunti ci saranno anche gli idonei del concorso 2012, che entreranno gradualmente; sarà introdotto un tetto allo school bonus (100 mila euro), ovvero alla possibilità di ottenere uno sgravio fiscale sulle elargizioni agli istituti; il numero dei docenti nel comitato di valutazione passerà da due a tre, con l’aggiunta di un componente esterno; verranno introdotti criteri chiari per la valutazione dei dirigenti. «Non hanno recepito neanche una delle nostre proposte», sbotta Corradino Mineo (minoranza pd), pronto a presentare con Walter Tocci una sostanziosa quantità di subemendamenti entro mercoledì per protesta. Ma non ce ne sarà bisogno. Dopo il veloce passaggio in commissione, il testo riformato passa nel pomeriggio in riunione capigruppo ed è subito chiaro che non ci sono più margini di trattativa: «Per rispettare tempi e impegni è assolutamente necessario portare in aula il provvedimento», spiega al termine della riunione Luigi Zanda, il capogruppo del Pd al Senato. «È a causa dei 5.000 emendamenti della Camera e i 3.000 del Senato se oggi abbiamo dovuto accelerare», rivendica Francesca Puglisi, relatrice del testo.
In Aula, quando oggi pomeriggio inizierà la discussione, lei non ci sarà, così come l’altro relatore, Franco Conte (Ap). Il governo andrà avanti senza tentennamenti, con l’obiettivo di approvare in via definitiva il ddl alla Camera in seconda lettura entro i primi giorni di luglio. Per giovedì mattina è fissata la seduta col voto finale. E la fiducia è scontata. È il Consiglio dei ministri ad autorizzarla, «ove fosse necessario». E dà il via libera anche presidente del Senato Pietro Grasso, che sottolinea: «È una prerogativa del governo, non un sotterfugio». Ma le reazioni sono furiose. «Se pensano che il voto di fiducia placherà la vera e propria rivolta che c’è da parte del mondo della scuola, si stanno illudendo», dice la presidente di Sel, Loredana De Petris, annunciando l’uscita dall’Aula durante il voto. Come faranno i senatori della Lega, che parlano di «ennesimo imbroglio». «Renzi va avanti con la consueta arroganza», sottolinea il senatore di Forza Italia Francesco Giro. «È il colpo di mano di un monarca, per il governo e per Renzi questa è una vittoria di Pirro», sbottano i Cinque Stelle. E pure l’Anief, il sindacato dei precari, è amareggiato: «Il maxiemendamento non risolve nulla: tagliate fuori le nuove generazioni di docenti».
Valentina Santarpia
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L’anno 2013 non si apre sotto buoni auspici sul fronte finanziario. Così negli Stati uniti Obama, dopo Geithner, amico dei banchieri, ha nominato come nuovo ministro del tesoro J. Lew, un amico ancora più stretto che, se non altro, non potrà fare molto peggio del primo. Ricordiamo soltanto come i due personaggi siano stati dei convinti campioni della deregulation finanziaria durante la presidenza Clinton che, allora, poderosamente, ha tanto contribuito ai guai nei quali oggi ci troviamo.
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