Addio co.co.pro, cambia la cassa integrazione

by redazione | 12 Giugno 2015 9:09

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ROMA Il governo ha completato il percorso di attuazione del Jobs act, la riforma del lavoro. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva due decreti delegati, quello sul riordino delle tipologie contrattuali che prevede tra le altre cose l’addio ai co.co.pro dal 2016, e quello sulla conciliazione delle esigenze di vita e lavoro, che fa salire da 3 a 6 anni di età del bambino il periodo entro il quale i genitori possono chiedere il congedo parentale al 30% della busta paga e da 8 a 12 anni quello senza stipendio. Primo esame, invece, per altri quattro provvedimenti che adesso dovranno passare in Parlamento, per il parere non vincolante delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, e poi tornare in Consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Nei mesi scorsi erano partiti il nuovo contratto a tutele crescenti, con l’indennizzo economico al posto del reintegro in caso di licenziato illegittimo, e la Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, cioè il nuovo assegno di disoccupazione.
«In un anno tutti i decreti delegati del Jobs act sono stati realizzati, abbiamo esaurito il lavoro in modo efficace e rapido», dice il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che «guida» la conferenza stampa al termine della seduta dalla poltrona occupata di solito dal premier Matteo Renzi. E sottolinea una delle modifiche degli ultimi giorni, quella stretta contro le dimissioni in bianco, fatte firmare al lavoratore al momento dell’assunzione per poi essere usate anche in caso di semplice gravidanza, su cui proprio Palazzo Chigi aveva fatto pressing. «Siamo intervenuti di nuovo, è una vergogna che possano ancora esistere» dice Boschi. Secondo le nuove regole, le dimissioni potranno essere comunicate solo attraverso un modulo on line scaricabile dal sito del ministero del Lavoro, in modo da avere certezza della data ed evitare, per quanto possibile, comportamenti opachi.
Rispetto alla legge delega approvata prima di Natale c’è solo una cosa che non ha trovato ancora attuazione. «Il salario minimo è un tema che non abbiamo affrontato» dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti confermando le indiscrezioni degli ultimi giorni. Forse è solo un rinvio, in ogni caso è un segnale politico di apertura. Perché il governo ha deciso di affidare la questione ad un confronto «di sistema» con i sindacati e i rappresentanti delle imprese. Una discussione che riguarderà anche altri temi come la rappresentanza, cioè le regole per decidere chi può sedere al tavolo della trattativa per discutere e firmare i contratti, e la contrattazione stessa, con il potenziamento del cosiddetto secondo livello, cioè gli accordi aziendali rispetto a quelli nazionali.
Proprio ieri il ministero del Lavoro ha diffuso gli ultimi dati sulle assunzioni e licenziamenti. Ad aprile sono stati attivati 912.764 contratti a fronte di 700.602 cessazioni. Il saldo positivo supera di poco quota 200 mila.
Lorenzo Salvia
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