Whirlpool, esuberi a quota 2mila E il governo alza la voce
«Comportamento inqualificabile». «Ripresentino un altro piano industriale». «Puntano allo sfascio». Sembra incredibile ma le frasi sono state pronunciate – rispettivamente – dal ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal suo sottosegretario Teresa Bellanova. Potere della mobilitazione minacciata dai sindacati o paura per le imminenti elezioni regionali, specie in Campania e nelle Marche? Come fanno pensare le tante dichiarazioni oltre le righe dei candidati presidenti di tutte le parti politiche?
Per un giorno il governo Renzi sembra comunque aver ritrovato la voce e deciso – finalmente – di difendere il lavoro in Italia. Lo fa commentando quanto accaduto alla terza riunione della vertenza Whirlpool. Era il giorno in cui si attendevano nuove soluzioni per salvare gli stabilimenti di Carinaro (Caserta) e None (Torino), destinati alla chiusura, e di Albacina (vicino alla storica sede Indesit di Fabriano) che dovrebbe fondersi con quello di Melano.
E invece la multinazionale americana ha solamente ribadito «la ricerca di soluzioni» mentre ha quantificato — come da richiesta della Fiom — il numero ulteriori esuberi fra il personale amministrativo: più di settecento con la chiusura della sede Indesit di Milano che vanno ad aggiungersi ai 1.350 già dichiarati (di cui 850 a Carinaro).
Posizioni che hanno portato Fim, Fiom e Uilm a intensificare la mobilitazione. Se domani in tutta la provincia di Caserta Cgil, Cisl e Uil avevano già proclamato uno sciopero generale di tutte l’industria (il comizio conclusivo sarà tenuto da Marco Bentivogli), ieri la Fiom ha proposto «uno sciopero generale di tutto il gruppo».
«A questo punto siamo per proporre alle altre organizzazioni una grande mobilitazione di tutto il gruppo e di andare negli stabilimenti a discutere con i lavoratori», attacca Maurizio Landini, spiegando che «il confronto deve continuare e la nostra lotta deve portare risultati al tavolo: non siamo disponibili ad accettare licenziamenti e chiusure di stabilimenti».
Una posizione subito appoggiata da Giovanni Sgambati della Uilm Campania: «La Whirlpool continua a presentarci soluzioni catastrofiche. La mobilitazione proseguirà fin quando il piano non cambierà con il ritiro della chiusura di Carinaro e la riduzione degli esuberi», conclude. «È un piano lacrime e sangue, ci opporremo con forza», commenta Antonio Spera dell’Ugl.
Molto duro anche il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli: «Il comportamento dell’azienda è inaccettabile, con 2.060 esuberi praticamente un terzo dei lavoratori sono fuori dal futuro dell’azienda. Per questo chiediamo d’ora in poi la presenza al tavolo di rappresentanti del board della multinazionale statunitense. Si sta giocando col fuoco, non staremo a guardare. Noi avevamo già chiesto l’intervento del governo e siamo contenti che finalmente abbia fatto sentire la sua voce con l’azienda».
Da parte sua l’azienda continua a specificare che «nessun licenziamento ci sarà prima del 2018». Ma l’ad Davide Castiglioni non ha modificato in niente il suo piano industriale, rimangiandosi gli «spiragli» dell’ultima riunione. Ieri ha poi scoperto le carte sul capitolo amministrativi, definito in una nota «piano d’integrazione»: 480 esuberi di cui 200 a Fabriano, 200 a Comerio e Cassinetta (Varese) e 80 a Milano. «In realtà al tavolo ce ne sono stati comunicati altri 200», denuncia Bentivogli.
«Noi a differenza degli altri sindacati e del governo chiediamo però che il confronto con l’azienda vada avanti allargandolo agli Rsu — spiega Michela Spera, segretario nazionale Fiom presente ieri al tavolo — . Abbiamo bisogno di discutere seriamente e allo stesso tempo sostenere le nostre posizioni con capacità di mobilitazione».
Il governo invece forse spera di congelare la vicenda fino alle Regionali.
Related Articles
Ici sulla prima casa ed estimi più alti Via alle nuove pensioni, l’Irpef resta fuori
ROMA — L’Irpef non aumenterà , neanche per i redditi più alti. Ma sui «ricchi» arrivano almeno 12 miliardi di euro di nuove tasse, sui 18 complessivi che il decreto «Salva-Italia», come l’ha definito il presidente del Consiglio, Mario Monti, dovrà pescare nelle tasche degli italiani per far quadrare i conti pubblici, garantendo il pareggio di bilancio e un po’ di ossigeno alla crescita con le misure di rilancio dell’economia.
Catalogna, i giudici bocciano l’indipendenza
La Corte costituzionale di Madrid: nullo il voto sulla sovranità in Catalogna. Il referendum diventa illegale
L’indicazione del Colle «Ammortizzatori sociali da ripensare subito»