Sospesi, per ora, gli autobus dell’apartheid

by redazione | 21 Maggio 2015 11:21

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«È solo una sospen­sione del prov­ve­di­mento, non è il caso di festeg­giare per­chè l’apartheid nei tra­sporti tra coloni (israe­liani) e pale­sti­nesi è già in atto, è rea­liz­zato in silen­zio». Ser­gio Iahni, gior­na­li­sta e sto­rico atti­vi­sta della sini­stra israe­liana, mette in guar­dia dalla ten­ta­zione di gri­dare alla vit­to­ria dopo la deci­sione presa ieri dal pre­mier Neta­nyahu di sospen­dere gli auto­bus segre­gati appro­vati dal mini­stro della difesa Moshe Yaa­lon — «in via spe­ri­men­tale per tre mesi» — per i mano­vali pale­sti­nesi che si spo­stano dalla Cisgior­da­nia verso Israele. La dispo­si­zione data da Yaa­lon peral­tro avrebbe costretto i lavo­ra­tori a tor­nare a casa attra­ver­sando gli stessi posti di blocco mili­tari dai quali erano pas­sati all’andata, con il risul­tato di met­terci un paio di ore in più per rien­trare in Cisgior­da­nia. Un gior­nata di lavoro ben diversa da quella dei coloni, gli occu­panti, che si muo­vono senza alcuna restri­zione e che da anni chie­dono auto­bus solo per loro, «senza arabi». «Abbiamo ascol­tato le pro­te­ste dell’opposizione, anche il pre­si­dente Rivlin ha cri­ti­cato il governo, ma gli auto­bus dell’apartheid già esi­stono e da lungo tempo – ci spiega Iahni – la com­pa­gnia di tra­sporti Kadim gesti­sce linee tra la Cisgior­da­nia e Tel Aviv solo per i mano­vali pale­sti­nesi che vanno in Israele, allo scopo di limi­tare il più pos­si­bile la loro pre­senza sugli auto­bus ordi­nari che usano i coloni». In ogni caso, con­clude il gior­na­li­sta, «Yaa­lon ha comu­ni­cato che con­ti­nuerà a stu­diare la mate­ria, si tratta solo di un rin­vio e non di una rinun­cia defi­ni­tiva al provvedimento».

I coloni non nascon­dono la loro delu­sione per la retro­mar­cia del primo mini­stro. E si affi­dano alla coe­renza di Yaa­lon, uno dei super­fal­chi del Likud, per l’attuazione della “misura di sicu­rezza”, così la defi­ni­scono, volta a «con­trol­lare meglio gli arabi». Con­trolli che non fanno ecce­zioni, nean­che per gli spor­tivi pale­sti­nesi, nono­stante i «segnali posi­tivi» che il pre­si­dente della Fifa Joseph Blat­ter dice di aver regi­strato nell’incontro di due giorni fa con Neta­nyahu,   durante la sua mis­sione volta a «tro­vare un com­pro­messo», ossia a con­vin­cere i pale­sti­nesi a rinun­ciare alla richie­sta di sospen­sione di Israele dalla Fifa in rispo­sta alle pesanti restri­zioni (e non solo) che l’esercito israe­liano impone ai cal­cia­tori pale­sti­nesi di Cisgior­da­nia e Gaza. «Israele — ha detto Blat­ter ieri a Ramal­lah — ha accon­sen­tito ver­bal­mente alla crea­zione di un gruppo di lavoro misto di israe­liani, pale­sti­nesi e della Fifa; ad incon­tri men­sili dei rap­pre­sen­tanti delle due Feder­cal­cio; alla dislo­ca­zione di per­so­nale spe­ciale ai check point per faci­li­tare il pas­sag­gio di atleti pale­sti­nesi; e alla crea­zione di carte di iden­tità spe­ciali». Il capo della Fede­ra­zione Cal­cio della Pale­stina, Jibril Rajoub, si è detto non con­vinto della pro­po­sta ver­bale israe­liana ed è inten­zio­nato a lasciare in agenda il voto all’assemblea della Fifa il pros­simo 29 marzo a Zurigo, se non arri­ve­ranno assi­cu­ra­zioni israe­liane nero su bianco. È impro­ba­bile però che la Fede­ra­zione pale­sti­nese ottenga dai mem­bri della Fifa i due terzi dei voti neces­sari per la sospen­sione di Israele.

Ai mar­gini di que­sto qua­dro che non lascia intra­ve­dere alcun spi­ra­glio, rie­cheg­giano le ste­rili dichia­ra­zioni della “mini­stra” degli esteri dell’Ue Fede­rica Mor­gan­tini che, ieri a Ramal­lah e Geru­sa­lemne, ha detto che «veri­fi­carà se ci sono mar­gini per far ripar­tire il pro­cesso di pace».

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