Sentenza pensioni, il governo a caccia di fondi
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ROMA Non solo la divisione per scaglioni, e cioè restituire di più a chi ha una pensione più bassa per poi ridurre l’importo del rimborso mano a mano che l’assegno diventa più ricco. Non solo una soglia massima (3.500 o 4 mila euro lordi al mese) oltre la quale potrebbe non esserci alcuna restituzione. Ma fra le diverse ipotesi allo studio per limitare il costo dell’operazione rimborso degli arretrati, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni deciso dal governo Monti, c’è anche un contributo di solidarietà. Un prelievo aggiuntivo che potrebbe essere applicato agli assegni più alti, quelli al di sopra dei 5 mila euro lordi al mese, naturalmente tutti calcolati con il più vantaggioso metodo retributivo, cioè facendo la media degli ultimi stipendi. Con una durata a termine e un gettito da destinare proprio alle pensioni più basse, sia per i rimborsi del passato sia per la rivalutazione futura, in modo da evitare nuove bocciature della Corte. Il sentiero è stretto, del resto.
Al netto dei soldi che tornerebbero indietro sotto forma di tasse, rimborsare tutto a tutti costerebbe 14,5 miliardi di euro. Con nuovo deficit si possono coprire al massimo 8 miliardi di euro, altrimenti si supera la soglia del 3% nel rapporto fra deficit e Prodotto interno lordo. Ma il ministero dell’Economia si vuole tenere ben lontano dal livello di guardia, usando il minimo possibile la leva del deficit.
Una buona parte dei soldi deve venire per forza da altre coperture, e da solo il «tesoretto» da 1,6 miliardi non basta. Bisogna pescare dallo stesso sistema pensionistico, senza ridare tutto a tutti e limando qualcosa per il futuro. C’è anche chi spinge in direzione opposta, però, sostenendo che la maggior parte delle risorse deve venire dal deficit, bordeggiando il limite del 3%. Ma è chiaro che qualcuno dovrà pagare. Anche se Bruxelles ha fatto sapere che il caso pensioni non avrà ricadute sulle raccomandazioni che la prossima settimana saranno presentate per ogni Paese membro, il governo italiano è tentato di rinviare l’annuncio della soluzione definitiva a dopo il voto delle Regionali di fine mese. Sembra tramontata, invece, l’ipotesi di un decreto tampone, per stoppare i ricorsi che in varie forme stanno già arrivando. L’Inps ha diffuso a tutti i suoi uffici una comunicazione interna per dire di attendere le indicazioni da parte del governo. Prendere tempo, insomma, in caso di richieste di rimborso o di chiarimenti. Ma la base si muove. Morena Piccini — presidente dell’Inca, il patronato della Cgil, con oltre 3 milioni di pratiche l’anno — invita a non «fare allarmismi». Ma dice anche che la sua struttura è pronta ad aiutare i pensionati che vogliono chiedere la «ricostituzione dell’importo della pensione aggiornato a quanto dovuto dopo la sentenza della Corte». Si chiama «domanda amministrativa», una semplice mail mandata all’Inps tramite il patronato o direttamente dal pensionato se ha il codice pin.
Lorenzo Salvia
Al netto dei soldi che tornerebbero indietro sotto forma di tasse, rimborsare tutto a tutti costerebbe 14,5 miliardi di euro. Con nuovo deficit si possono coprire al massimo 8 miliardi di euro, altrimenti si supera la soglia del 3% nel rapporto fra deficit e Prodotto interno lordo. Ma il ministero dell’Economia si vuole tenere ben lontano dal livello di guardia, usando il minimo possibile la leva del deficit.
Una buona parte dei soldi deve venire per forza da altre coperture, e da solo il «tesoretto» da 1,6 miliardi non basta. Bisogna pescare dallo stesso sistema pensionistico, senza ridare tutto a tutti e limando qualcosa per il futuro. C’è anche chi spinge in direzione opposta, però, sostenendo che la maggior parte delle risorse deve venire dal deficit, bordeggiando il limite del 3%. Ma è chiaro che qualcuno dovrà pagare. Anche se Bruxelles ha fatto sapere che il caso pensioni non avrà ricadute sulle raccomandazioni che la prossima settimana saranno presentate per ogni Paese membro, il governo italiano è tentato di rinviare l’annuncio della soluzione definitiva a dopo il voto delle Regionali di fine mese. Sembra tramontata, invece, l’ipotesi di un decreto tampone, per stoppare i ricorsi che in varie forme stanno già arrivando. L’Inps ha diffuso a tutti i suoi uffici una comunicazione interna per dire di attendere le indicazioni da parte del governo. Prendere tempo, insomma, in caso di richieste di rimborso o di chiarimenti. Ma la base si muove. Morena Piccini — presidente dell’Inca, il patronato della Cgil, con oltre 3 milioni di pratiche l’anno — invita a non «fare allarmismi». Ma dice anche che la sua struttura è pronta ad aiutare i pensionati che vogliono chiedere la «ricostituzione dell’importo della pensione aggiornato a quanto dovuto dopo la sentenza della Corte». Si chiama «domanda amministrativa», una semplice mail mandata all’Inps tramite il patronato o direttamente dal pensionato se ha il codice pin.
Lorenzo Salvia
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