Scuola, lo spot del preside del consiglio Renzi
Il testo oggi alla Camera, voto finale il 20 maggio. Continua la mobilitazione: il 18 e 19 sit-in a Montecitorio
Accendi il video, c’è Matteo Renzi che risponde sulla riforma della scuola. Con gessetti colorati e lavagna ieri il presidente del consiglio Renzi ha esposto in un video di 18 minuti caricato sul sito di palazzo Chigi uno dei principi-cardine della riforma sulla quale il suo governo si sta giocando la faccia alle elezioni di fine mese: «Il principio di fondo è dare più soldi a chi li merita».
Si parla dei 500 euro annui a testa per i «consumi culturali» dei docenti e dei 200 milioni di euro assegnati solo al 5% dei docenti direttamente dai «presidi-manager», la nuova figura dell’azienda-scuola istituita dal Ddl oggi in aula alla Camera. Il voto finale è slittato a mercoledì 20 maggio.
Con il consenso in ribasso tra la sua base elettorale (gli insegnanti) il capo del governo rilancia la vecchia ricetta ispirata dai cantori della «meritocrazia»: chi si oppone alla sua riforma non vuole essere «valutato»: «In questo momento — ha detto Renzi — non può valere il principio nessuno mi può giudicare».Nessun dubbio sul fatto che sia proprio il modello di valutazione scelto dall’esecutivo ad essere aspramente criticato, insieme al sistema decisionale spiccatamente autoritario che esso comporta.
Renzi sembra avere dimenticato che una parte determinante della sua riforma della scuola, gli «scatti di merito» e la cancellazione del contratto nazionale degli insegnanti, è stata bocciato dal 60% dei partecipanti alla consultazione online sulla «Buona Scuola». La versione della riforma giunta ormai allo stadio finale è il risultato di un compromesso che ha affidato il riconoscimento del «merito» all’arbitrio di una sola persona: il preside. Su questo punto, le modifiche al Ddl sono state minime, diversamente da quanto il presidente del Consiglio ha detto. Sentito il parere di una commissione eletta dal collegio docenti, il dirigente scolastico deciderà da solo il docente «meritevole» a cui riconoscere un aumento.
I problemi di questo nuovo assetto della scuola italiana non sono stati minimamente affrontati dallo spot pomeridiano diffuso da palazzo Chigi. Renzi, invece, ha evocato una presunta maggioranza dei docenti che si lamentano dei colleghi scansafatiche. Premiarne il «merito» significa per lui restituire il «prestigio sociale» venuto meno anche a causa della «nuova generazione dei genitori». Considerata l’esiguità delle risorse stanziate, e l’arbitrarietà del sistema proposto, queste velleità sembrano invece l’antefatto ideale per moltiplicare la competizione tra i docenti e i torti reciproci.
Un proposito ribadito in una lettera ai docenti di 120 righe diffusa nel tardo pomeriggio di ieri: «La nostra proposta non è »prendere o lasciare» — ha scritto Renzi– Siamo pronti a confrontarci. La Buona Scuola non la inventa il Governo: la buona scuola c’è già. Siete voi. O meglio: siete molti tra voi, non tutti voi». Parole che confermano la volontà di superare il sistema della contrattazione e una residuale idea di collegialità nella scuola. Gli attacchi feroci ai sindacati rivolti dai suoi fedelissimi rientrano in una strategia che vuole realizzare a tutti i costi una macchina educativa neoliberista. L’aria è quella di uno scontro finale.
In questo modo il governo intende dare continuità alla riforma di centro-sinistra Berlinguer-Zecchino sull’«autonomia». Su questo andrà alla guerra contro tutti. Il video di Renzi è chiarissimo su questo punto. C’è tuttavia un problema: nella sua riforma l’«autonomia» è di uno solo: il preside. Tutti gli altri dovranno eseguire i suoi ordini. Per Renzi è fondamentale far passare questo principio politico. Il preside selezionerà i docenti dagli «albi» e stabilirà gli aumenti di stipendio come un capo azienda (o di governo). È l’elemento rende la riforma indigeribile e Renzi ne è consapevole. Questa è la critica di fondo rivolta dal mondo della scuola, e non solo dai sindacati, a una riforma che accentra il potere decisionale in una figura ricavata su quella del premier («il preside del Consiglio» ha titolato tempo fa Il Manifesto).
«Abbiamo ampiamente dimostrato che i 500 euro per la formazione e i 200 milioni per il merito sarebbero stati meglio impiegati per un contratto nazionale che da 7 anni i docenti attendono — ha risposto a caldo Rino Di meglio della Gilda — Renzi è in difficoltà, non parla della chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi». Tra le proteste dei renziani, ieri Vendola (Sel) ha ricordato che tale figura rischia di generare clientele, nepotismi e raccomandazioni quando dovrà «selezionare» mediante «auto-candidatura» uno dei 100.701 precari assunti a settembre più confacenti alla sua idea triennale di scuola. «Contro il Ddl useremo ogni mezzo, il Ddl va ritirato» assicura Sel. Battaglieroil Movimento 5 Stelle che con un video di Di Battista ieri ha risposto a Renzi invitando a partecipare al sit-in di protesta dei sindacati e degli studenti il 18 e19 maggio a Montecitorio. Sel, M5S e Lega presenteranno una relazione di minoranza alla Camera.
Nel video e nella lettera il «preside del Consiglio» Renzi ha rivendicato l’assunzione dei 100 mila precari (un terzo di quelli esistenti) e ha stigmatizzato la protesta contro i quiz Invalsi e la paventata astensione dagli scrutini dei sindacati: «Così non si fa un servizio alla scuola o ai ragazzi» ha detto. Una reazione che prova quanto il governo sia stato colpito dal successo delle proteste e sottovaluta la libera volontà degli studenti, e dei docenti ad opporsi al suo progetto. Questo, in fondo, è il motore dell’opposizione a Renzi in questo momento. «Il governo ci vuole strumentalizzare» ha detto Danilo Lampis (Uds) al termine di un incontro a Palazzo Chigi con il governo e altre rappresentanze studentesche. La mobilitazione continua «insieme a insegnanti e genitori, compreso il blocco degli scrutini».
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