Scuola, i prof in piazza “Su presidi e precari Renzi faccia dietrofront”

Scuola, i prof in piazza “Su presidi e precari Renzi faccia dietrofront”

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ROMA . La scuola oggi si ferma. Per questa mattina tutte le sigle sindacali, nessuna esclusa, hanno proclamato sciopero. È prevedibile che nelle classi italiane saranno pochi i maestri, i professori e gli amministrativi presenti. Non scioperano diversi presidi, invece, esplicitamente favorevoli al disegno di legge del governo, “La buona scuola”. Agnese Renzi, moglie del premier e insegnante part time, sarà in cattedra a Pontassieve.
I tre sindacati confederali con Gilda e Snals hanno preso sette piazze per manifestare: Aosta, Milano, Roma, Bari, Catania, Palermo, Cagliari. «Sette cortei per dire “no” a una riforma che vuole tutto meno che una buona scuola», dice Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil, «i piccoli aggiustamenti in corso in commissione alla Camera non cambiano la sostanza». Dice anche: sarà una giornata memorabile. Dopo sette anni i cinque sindacati storicamente rappresentativi manifestano insieme. L’ala Cobas — Usb, Unicobas, Anief e sigle minori — ha prenotato aree in dodici città (tra cui Torino). Quattro sono le stesse dei confederali e a Roma (il ministero dell’Istruzione e la Camera), Cagliari, Catania e Palermo i comitati di base si potranno unire ai confederali, più spesso si dedicheranno a presidi autonomi. L’ala Cobas sciopererà anche domani e martedì 12 per tentare di boicottare i test Invalsi.
In questi cortei ci saranno studenti, a partire da Link e Uds. In una lettera aperta hanno chiesto ai loro docenti di partecipare. Una circolare del ministero dell’Interno ha invitati i prefetti alla “massima attenzione”.
Le ragioni dello sciopero, a fronte di un disegno di legge — il 2994 — che si appresta ad assumere 100.700 insegnanti precari, sono ormai note. La delusione perché la prima proposta prevedeva 148 mila in ruolo, l’esclusione di alcune categorie — idonei 2012 e molti iscritti alle graduatorie di seconda fascia — . Poi il contratto di lavoro scaduto da sette anni, il ruolo potente previsto per i futuri dirigenti scolastici all’interno di comunità abituate alla collegialità, l’albo territoriale che cancellerebbe il diritto del docente di insegnare nella scuola gradita, risorse investite considerate insufficienti (sono un miliardo quest’anno, tre nel 2016), nessun piano per il personale amministrativo, premi e bonus decisi senza contrattazione. Dentro le rivendicazioni si legge l’orgoglio di un sindacato tenuto fuori dal gioco per quindici mesi. Una fronda antiscuola si è allargata nel Partito democratico con pezzi di minoranza che si sono già dichiarati contro. Il segretario dell’Anief, Marcello Pacifici, ha presentato una denuncia contro lo Stato italiano all’Unione europea e alla Corte di giustizia Ue: violazione della sentenza che sanciva l’assunzione dei docenti con più di 36 mesi di supplenze.
Il segretario Cgil Susanna Camusso a “Repubblica” aveva detto che questa riforma “privilegia i più ricchi” e ieri il ministro Stefania Giannini ha replicato: «Forse la Camusso non ha letto il testo». Sui poteri del preside c’è già stato un ammorbidimento nella commissione Cultura, dove ieri è scattato il taglia-emendamenti: entro il 19 maggio la Camera dovrà votare su “La buona scuola”.


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