Scioperare in Gran Bre­ta­gna? Mission impossible

by redazione | 19 Maggio 2015 10:42

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«Divieni ciò che sei», scrisse Frie­drich Nie­tzsche. Ora i Tories, final­mente soli davanti allo spec­chio, privi della coscienza infe­lice degli ex alleati Lib-Dem, lo diven­tano. Liberi, gio­iosi, senza freni. David Came­ron, appena sedu­tosi al tavolo del suo nuovo con­si­glio dei mini­stri lo aveva detto: «Que­sto è il governo dalla parte di chi lavora duro». Natu­ral­mente, nel suo dou­ble­speak orwel­liano, inten­deva dire che que­sto è un governo duro con chi lavora. E per comin­ciare, niente di meglio che un buon vec­chio attacco fron­tale al diritto di scio­pero nel Paese che ha già le leggi più filo-padronali d’Europa.

Il neo­mi­ni­stro del com­mer­cio Sajid Javid, figlio di un auti­sta d’autobus paki­stano – uno dei due non euro­pei, non bian­chi, non middle-class, non edu­cati pri­va­ta­mente o lau­reati a Oxbridge tra le fila del nuovo governo reim­pa­stato da Came­ron e dun­que pre­zioso fetic­cio elet­to­rale (le donne sono natu­ral­mente ancora poche, attorno al 30%) – spa­rava la salva anti­sin­da­cati già minuti dopo aver rice­vuto la nomina. Secondo lui — e c’è il sospetto che anche tutti gli indu­striali e i CEO che finan­ziano il suo par­tito si tro­vino d’accordo — gli scio­peri hanno un impatto dirom­pente sui ser­vizi pub­blici, soprat­tutto sanità, tra­sporti, vigili del fuoco o istru­zione. Ecco per­ché il governo si farà zelante pro­mo­tore di un piano che ne com­pli­chi ulte­rior­mente l’iter.

Le nuove misure, da intro­durre nel pros­simo Queen’s Speech, il discorso della monarca che inau­gura l’anno par­la­men­tare e che si terrà verso la fine del mese, vanno ben al di là della deter­renza. Pre­scri­vono che nelle vota­zioni interne che deter­mi­nano la volontà di entrare in scio­pero vada intro­dotto un innal­za­mento della soglia minima del 40% di mem­bri eleg­gi­bili (quindi tutti gli iscritti, non solo gli eletti: una per­cen­tuale enorme) del sin­da­cato, quando secondo la legge attual­mente in vigore ne è neces­sa­ria un’imprecisata mag­gio­ranza. Ci sarà anche biso­gno del voto di almeno il 50% della forza lavoro. Inol­tre, sarà pos­si­bile far lavo­rare gente da agen­zie pri­vate per alle­viare i disagi recati alla cit­ta­di­nanza dallo sciopero.

Que­sto ina­spri­mento piove su una situa­zione in cui i sin­da­cati devono già dare almeno una set­ti­mana di pre­av­viso prima di tenere uno scru­ti­nio sull’azione. Qua­lora que­sto abbia suc­cesso, in base al Trade Union and Labour Rela­tions (Con­so­li­da­tion) Act del 1992, ci vuole un altro pre­av­viso di una set­ti­mana prima che lo scio­pero vero e pro­prio cominci. Que­sti due pas­saggi sono inol­tre infram­mez­zati da regole bizan­ti­neg­gianti che fanno sì che gli scio­peri pos­sano essere inva­li­dati dall’alta corte anche quando riscuo­tono un forte con­senso fra i lavo­ra­tori. Insomma, il tutto ren­de­rebbe il diritto di scio­pero in Gran Bre­ta­gna pra­ti­ca­mente quasi impossibile.

I Tories fre­me­vano per imporlo già nella scorsa legi­sla­tura, ma il matri­mo­nio di con­ve­nienza con i Liberal-democratici rap­pre­sen­tava un fru­strante impe­di­mento. Ora l’inaspettato risul­tato elet­to­rale gli per­mette di inflig­gerlo in modo rapido e dolo­roso. Fran­ces O’Grady, segre­ta­rio gene­rale del Trade Union Con­gress (Tuc) ha detto alla Bbc: «Que­sto non è un governo dalla parte di chi lavora duro, bensì dei peg­giori padroni della Gran Bre­ta­gna: quelli che vogliono il pro­prio staff vin­co­lato da con­tratti a zero ore, paghe da fame e inca­pace di orga­niz­zarsi effi­ca­ce­mente in un sin­da­cato che possa cam­biare le cose. Le pro­po­ste del governo sugli scru­tini sin­da­cali ren­de­ranno gli scio­peri legali pres­so­ché impos­si­bili. I nego­zia­tori del sin­da­cato si ritro­ve­ranno con meno potere di Oli­ver Twist. Dopo cin­que anni di stan­dard di vita in calo, le pro­spet­tive di aumenti decenti del sala­rio sono ancora peggiori».

Nel mirino del governo, e pro­vo­cati da una serie d’innovazioni tec­no­lo­gi­che che ren­de­ranno il per­so­nale di bigliet­te­ria obso­leto, sono soprat­tutto gli scio­peri dei lavo­ra­tori del set­tore tram­via­rio, la Tube in par­ti­co­lare. La Rmt, il loro sin­da­cato già capeg­giato dal com­pianto Bob Crowe, è da sem­pre quello più com­bat­tivo in un pano­rama di rela­zioni indu­striali dove l’offensiva anti­sin­da­cale è il dato più con­si­stente sin da metà anni Ottanta, i tempi in cui Mar­ga­ret That­cher chia­mava i mina­tori del Gal­les in scio­pero «il nemico interno». Dopo quel duris­simo brac­cio di ferro, che ha visto intere comu­nità del Nord del paese dein­du­stria­liz­zarsi a forza e per­dere l’occupazione per gene­ra­zioni, lo scio­pero in Gran Bre­ta­gna è diven­tato una pra­tica rego­lar­mente stig­ma­tiz­zata. Per que­sto la Rmt ha rea­gito poche ore dopo l’annuncio di Javid, votando in massa per uno scio­pero sul trat­ta­mento sala­riale indetto dai lavo­ra­tori fer­ro­tran­viari della Net­work Rail, l’impresa pri­vata che man­tiene le infra­strut­ture fer­ro­via­rie del Paese. Il primo da vent’anni a que­sta parte, e in data ancora da destinarsi.

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