Rom, la paura e l’odio. Salvini soffia sul fuoco
Paura. In quel «maledetto» campo della Monachina, al chilometro 13 della via Aurelia, (l’aggettivo è di Matteo Salvini, ma sottoscritto anche da chi ci vive) la paura delle famiglie rom è palpabile. La notte tra mercoledì e giovedì l’hanno passata praticamente in bianco e molti bambini ieri mattina non sono andati a scuola. Troppa polizia, troppa agitazione per la tragedia che si è consumata poco lontano da quelle baracche, che sono autorizzate ancorché considerate da vent’anni — e da tutte le giunte, di destra e di sinistra — «provvisorie».
Una donna filippina morta, Perez Corazon Abordo, otto feriti: un omicidio, uno scempio di cui si sono macchiati personaggi che disgraziatamente vivono nel loro stesso campo e portano il loro stesso stigma di «zingaro». E hanno ragione ad avere paura: al grido di battaglia di Salvini affidato ieri mattina a Facebook — «Quando torneremo al governo, raderemo al suolo uno per uno tutti ‘sti maledetti Campi Rom, partendo da quelli abusivi» — hanno risposto in molti, a sera, con una manifestazione aggressiva, con un tripudio di tricolori dietro lo striscione «Basta violenze Rom, Marino vattene».
Giusto qualche centinaio di persone, certo, ma già troppi per metterci la faccia. «Zingaro ladro assassino», «Investiamo i zingari per strada»: la fermata della Metro A di Battistini dove da tempo campeggia lo striscione «Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò», è gia piena di adesivi razzisti, quando alle sei di sera cominciano a radunarsi gli abitanti della borgata Primavalle che hanno risposto all’appello di «Noi con Salvini» e Fratelli d’Italia, concentrandosi nel luogo dove è avvenuta la tragedia. In tanti sventolano cartelli con su scritto: «E adesso ditelo alle famiglie che state lavorando per l’integrazione». Fin qui tutti d’accordo.
Ma poi arrivano i militanti romani del Carroccio con i cartelli della nuova toponomastica di «Roma è con Salvini»: «Via Marino», «Via Renzi» e «Largo Salvini». E a questo punto è quasi rissa: il popolo destrorso della capitale non ce la fa proprio a digerire i padani alla conquista della città eterna. «Questa non è una manifestazione politica, state strumentalizzando le nostre tragedie», urlano da una parte. E dall’altra: «Chiediamo giustizia, qui non sta speculando nessuno, portiamo la solidarietà ai feriti e alla famiglia della donna morta». Per oggi si può soprassedere al fatto che sia stata un’immigrata, uscita con la morte dal calderone degli «immigrati tutti a casa loro». Per oggi ci si può concentrare su altro. «Ai campi damoje foco», «nessuno tocchi il popolo italiano», o nel migliore dei casi: «Basta, o si integrano e se ne vanno».
Un po’ in disparte, alcuni esponenti della comunità filippina che accompagnano la sorella della vittima, depositano fiori e accendono lumini, silenziosi e chiusi nel loro dolore.
In molti però guardano ma non si avvicinano. Al bar dell’angolo c’è chi ammette: «Avrei voluto partecipare alla manifestazione, ma poi ho saputo che arrivavano quelli di estrema destra e c’ho rinunciato». Le discussioni si accendono, si fanno perfino aspre: «C’è chi vorrebbe andare a spianare il campo Rom della Monachina, ma è come se andassimo a radere al suolo la borgata dove viveva lo stupratore della tassista romana», prova a sostenere qualcuno. Ma è in minoranza. I più ripetono il refrain salviniano che promette di «risolvere» il «problema dei 30–40 mila Rom che vivono nei campi, perché non è possibile — dice il leader padano — che uno viva nei campi e abbia 25 auto intestate, come leggo sui giornali».
E pazienza se nei sette campi attrezzati di Roma vivano 7 mila persone, un migliaio circa in quelli autorizzati ma non attrezzati, come la Monachina (dove ci sono solo i wc chimici e un paio di fontanelle), e si stima altri 3 mila circa che vivono in insediamenti abusivi. Dei 10 mila Rom romani, il 40% è minorenne, e «per i campi autorizzati — spiega Marcello Zuinisi, dell’associazione Nazione Rom — il Campidoglio paga ogni anno 23 milioni di euro. Se ci fosse la volontà, con tutti questi soldi in sei mesi si troverebbe una soluzione strutturale definitiva per le famiglie». Ma tutto questo ha poco o nulla a che vedere con i comportamenti criminali dei singoli.
Il ministro Alfano lo sa e infatti si tiene sui binari della pena esemplare: «Non avranno scampo, li prenderemo e non avranno nessuno sconto da parte dello Stato. Pagheranno caro e fino in fondo per quello che hanno fatto».
Anche il sindaco Marino, da Philadelphia dove è in trasferta, annuncia la costituzione del Campidoglio come parte civile, ed esprime sentimenti di vicinanza alla famiglia della vittima: «Siamo davanti a una terribile disgrazia umana e di tutta la città, a un omicidio volontario che va perseguito con la massima inflessibilità, visto che gli investitori hanno accelerato invece di frenare davanti a chi attraversava la strada. Chiedo che sia fatta giustizia, in maniera rapida e severa». La manifestazione si conclude senza incidenti ma l’appuntamento davanti alle telecamere è per la sera, in tv, con il grande show dell’“etnicizzazione del reato”.
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