Rimborsi solo agli assegni più bassi A rischio l’obiettivo del deficit al 3%
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ROMA Questione di giorni per arrivare alla soluzione del pasticcio sulle pensioni. Il problema, aperto dalla sentenza della Consulta che ha bocciato il congelamento delle pensioni oltre tre volte il minimo nel 2012 e 2013, è sul tavolo del premier Matteo Renzi che ieri ne ha parlato con il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan. La linea è più o meno definita: il governo modificherà le norme del decreto Monti cassato dalla Consulta, ricostituirà le pensioni di importo più basso, l’ipotesi fin qui circolata riguarda quelle sopra tre volte il minimo (1.500 euro lordi) ma manterrebbe il blocco della rivalutazione per quelle più elevate (sopra 6 volte il minimo: 3 mila euro), prevedendo una rivalutazione decrescente nella fascia intermedia: dal 95% per lo scaglione tra i 1.500 e i 2 mila euro, al 75% tra i 2 mila e i 2.500 al 50% tra i 2.500 e i 3 mila. Questo per costruire quella progressività della norma, la cui assenza ha determinato la bocciatura.
La scelta dell’esecutivo è quasi obbligata. Come hanno chiarito i tecnici della Commissione Ue, con i quali il governo ha subito aperto un dialogo, la spesa per il rimborso delle pensioni, anche quella relativa agli anni passati, si dovrebbe scaricare per il principio di competenza interamente sul 2015, che è l’anno in cui emerge, con la sentenza della Corte, l’obbligazione. Ma con un deficit previsto quest’anno al 2,5% del Prodotto interno lordo, la ricostituzione di tutte le pensioni congelate, che costerebbe 14 miliardi di euro, farebbe sforare, e di molto, il 3% di deficit, determinando l’apertura di una nuova procedura di infrazione.
Poco conta che una parte di quella spesa sarebbe «una tantum». Il tetto del 3% è riferito al valore nominale del deficit, ed è invalicabile. Per non infrangerlo il governo ha un margine di spesa non superiore a 8 miliardi. Ma anche se l’esecutivo decidesse di limitare i rimborsi, privilegiando le pensioni più basse, e mantenendo il congelamento per quelle di importo superiore, i rischi di una procedura d’infrazione della Ue non verrebbero meno.
L’Italia infatti è tenuta a rispettare anche la regola che prevede una riduzione della spesa pubblica, ma con un esborso consistente per ristorare le pensioni, potrebbe non riuscirci. I contatti avviati con la Commissione Ue, in ogni caso, vengono definiti «costruttivi». Una delle ipotesi su cui ci si sta confrontando riguarda una possibile rateizzazione dei rimborsi, e l’effetto contabile di questa soluzione. Del resto, la sentenza della Corte è uno di quei classici eventi al di fuori della portata dei governi, sui quali la Ue è abbastanza comprensiva, ma non al punto di tollerare il superamento del sacro limite del 3%. La soluzione, che passerà per un decreto legge, è attesa a giorni. Ieri Renzi e Padoan hanno riesaminato la sentenza ed appurato che ci sono i margini giuridici per onorarla, ma anche per operare un aggiustamento della norma, e limitare la spesa. I tecnici sono al lavoro. Manca solo la definizione «politica» dell’intervento. Renzi ha avviato i contatti con gli alleati di governo: l’obiettivo di risarcire solo le pensioni più basse, sembra condiviso.
Mario Sensini
La scelta dell’esecutivo è quasi obbligata. Come hanno chiarito i tecnici della Commissione Ue, con i quali il governo ha subito aperto un dialogo, la spesa per il rimborso delle pensioni, anche quella relativa agli anni passati, si dovrebbe scaricare per il principio di competenza interamente sul 2015, che è l’anno in cui emerge, con la sentenza della Corte, l’obbligazione. Ma con un deficit previsto quest’anno al 2,5% del Prodotto interno lordo, la ricostituzione di tutte le pensioni congelate, che costerebbe 14 miliardi di euro, farebbe sforare, e di molto, il 3% di deficit, determinando l’apertura di una nuova procedura di infrazione.
Poco conta che una parte di quella spesa sarebbe «una tantum». Il tetto del 3% è riferito al valore nominale del deficit, ed è invalicabile. Per non infrangerlo il governo ha un margine di spesa non superiore a 8 miliardi. Ma anche se l’esecutivo decidesse di limitare i rimborsi, privilegiando le pensioni più basse, e mantenendo il congelamento per quelle di importo superiore, i rischi di una procedura d’infrazione della Ue non verrebbero meno.
L’Italia infatti è tenuta a rispettare anche la regola che prevede una riduzione della spesa pubblica, ma con un esborso consistente per ristorare le pensioni, potrebbe non riuscirci. I contatti avviati con la Commissione Ue, in ogni caso, vengono definiti «costruttivi». Una delle ipotesi su cui ci si sta confrontando riguarda una possibile rateizzazione dei rimborsi, e l’effetto contabile di questa soluzione. Del resto, la sentenza della Corte è uno di quei classici eventi al di fuori della portata dei governi, sui quali la Ue è abbastanza comprensiva, ma non al punto di tollerare il superamento del sacro limite del 3%. La soluzione, che passerà per un decreto legge, è attesa a giorni. Ieri Renzi e Padoan hanno riesaminato la sentenza ed appurato che ci sono i margini giuridici per onorarla, ma anche per operare un aggiustamento della norma, e limitare la spesa. I tecnici sono al lavoro. Manca solo la definizione «politica» dell’intervento. Renzi ha avviato i contatti con gli alleati di governo: l’obiettivo di risarcire solo le pensioni più basse, sembra condiviso.
Mario Sensini
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