Piketty: «Scongiurare la bancarotta servirà a non far morire l’euro»
Quali sarebbero le conseguenze di un default greco?
«Un’uscita della Grecia dall’euro avrebbe conseguenze incalcolabili. La crisi di fiducia che mina la zona euro da cinque anni ormai prenderebbe proporzioni enormi. A ogni elezione, tutti si chiederebbero quale sarebbe il prossimo Paese a uscire. Un’uscita della Grecia potrebbe rappresentare la morte dell’euro».
Nel braccio di ferro tra il leader greco Tsipras e i creditori internazionali, quali potrebbero essere delle concessioni ragionevoli, da una parte e dall’altra?
«La Grecia si trova attualmente in una situazione di leggera eccedenza primaria, ovvero i greci pagano un po’ più tasse di quanto ricevono in termini di spesa pubblica. È ragionevole chiedere ai greci di mantenere questo leggero eccedente, ma per fare questo bisognerebbe trovare rapidamente un accordo. Il problema è che gli accordi del 2012 prevedono una gigantesca eccedenza primaria del 4% del Pil per i decenni a venire! Per fare un confronto, il budget totale di tutte le università in un Paese come la Grecia o l’Italia è di appena l’1% del Pil. Gli accordi del 2012 devono essere rinegoziati, e prima lo si fa e meglio è».
Pensa sia inevitabile andare verso una ristrutturazione del debito greco?
«La storia dei debiti pubblici è piena di ristrutturazioni e cancellazioni del debito, come quella di cui ha beneficiato la Germania dopo la Seconda guerra mondiale. Nel 1953 gli alleati hanno rinunciato a esigere il debito tedesco verso l’estero, e questo ha permesso a quel Paese di investire in crescita, infrastrutture e formazione. Bisogna fare la stessa cosa adesso a livello europeo, mettendo in comune tutti i debiti pubblici della zona euro in un fondo comune di riscatto, e di ristrutturazione».
Quali sono secondo lei le responsabilità della troika (Fmi, Bce, Ue) da una parte e dei governi greci dall’altra?
«I governi greci precedenti al 2010 portano una grande responsabilità per l’attuale situazione del Paese. Ma farne pagare le conseguenze alle giovani generazioni per decenni non è la soluzione. Dal 2010 in poi Germania, Francia e Italia hanno imposto alla Grecia una cura di austerità che ha aggravato la situazione. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto di avere sottostimato le conseguenze delle misure imposte alla Grecia in termini di recessione. Il problema è che i grandi Paesi europei rifiutano di ammettere i propri errori e la loro parte di responsabilità».
Di solito si tende a incolpare la Germania.
«Ma non è solo Berlino ad avere un ruolo. L’Italia, la Francia, la Grecia e la Spagna adesso sono chiamate a presentare delle proposte di rifondazione democratica dell’Europa. Spetta a loro agire per mettere l’austerità in minoranza, nel quadro di una Camera parlamentare della zona euro che è indispensabile ma che resta ancora da costruire».
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BRUXELLES — I «sette nani» o i «magnifici sette», a seconda di come li si voglia considerare: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Finlandia, Austria, Ungheria e Gran Bretagna sono i sette Paesi che direttamente o indirettamente hanno agitato il vertice Ue. E soprattutto, che in qualche caso si sono messi di traverso sulla strada di Angela Merkel, «sparando» sulle sue proposte rigoriste: quasi che la minaccia di commissariare la Grecia sia stata interpretata da qualche altra nazione come rivolta a se stessa.