No ad aumenti di tasse e un colpo ai sindacati È il thatcherismo light
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LONDRA Che sia tornata? David Cameron non ha la ferocia politica e il carisma di Margaret Thatcher ma il programma del suo governo attinge a piene mani al conservatorismo vincente della «Lady di Ferro».
Rivisti, corretti e adattati ai tempi ma, nella sostanza, molti dei contenuti e delle idee che ispirano le 26 leggi dell’agenda tory per il prossimo anno hanno il timbro proprio della «Iron Lady». Muso duro con l’Europa («tempi velocissimi» per le norme che disciplineranno il referendum), disciplina severa per gli scioperi nei pubblici servizi, nessun aumento di tasse fino al 2020, congelamento dei sussidi per gli immigrati, tetto ai contributi del welfare. E una novità: più devoluzione per la Scozia.
Il discorso della Regina alla Camera dei Lords è in genere un appuntamento importante ma più di forma che di sostanza, visto che Elisabetta legge l’elenco dei provvedimenti che Downing Street porta a Westminster. Questa volta, la sessantaduesima volta della monarca, ha un significato diverso. È da diciannove anni che i conservatori non si presentano con un governo tutto loro. Hanno dunque la via spianata per mettere nero su bianco le loro promesse consegnandole all’esposizione di Elisabetta, nell’occasione con la Corona Imperiale: 2.868 diamanti, 17 zaffiri, 11 smeraldi e 269 perle.
Le attenzioni sono puntate sul capitolo Europa ed è scontato. Ci sarà una legge, a tamburo battente (lo specificherà poi Cameron), per convocare la consultazione «al massimo entro la fine del 2017» e con la speranza dichiarata fuori dall’ufficialità di anticipare al 2016. Il dado è tratto anche se la Confindustria britannica ribadisce con il suo vicepresidente (al Financial Times ) che preferisce «restare dentro a un’Europa riformata». La domanda nella scheda, rivela la Bbc, è pronta: «Il Regno Unito deve rimanere membro della Unione Europea?».
Ma quel che colpisce è l’impianto complessivo del programma di Downing Street («un programma per la gente che lavora») perché, sia pure con toni differenti, rispolvera le vecchie bandiere dei tory formato Thatcher.
Gli scioperi nei servizi essenziali sono già disciplinati però David Cameron chiede di più e allora una legge dirà che per proclamare l’astensione è necessaria una consultazione con la partecipazione del 50 per cento dei lavoratori interessati e che almeno il 40% dovrà approvarla. Sarà rivisto anche il tabù dei fondi veicolati dal sindacato al partito laburista: non più un meccanismo automatico ma il dipendente autorizzerà la trattenuta.
L’eco di Margaret Thatcher ritorna con la promessa di non aumentare le tasse fino al 2020, con la previsione di toccare il welfare abbassando il tetto dei sussidi sociali rivendicabili da una famiglia (da 26 mila a 23 mila sterline), con il taglio della burocrazia a tutela della imprenditoria, con l’accelerazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità. E naturalmente con la severità di nuove misure antiterrorismo (compreso il controllo, ovvero lo spionaggio legalizzato, di internet e dei social media), con la sforbiciata dei contributi per gli immigrati e la punibilità di chi impiega «irregolari», il tutto secondo il principio (più volte espresso dalla ministra dell’Interno Theresa May) che «prima si rispediscono in patria, poi si discute».
È un thatcherismo moderato e riformulato sull’onda delle questioni nazionali emerse col referendum scozzese. I conservatori intendono devolvere poteri fiscali e di spesa pubblica alla Scozia (il controllo del 40% delle imposte e del 60% di spesa), controbilanciandoli con il potere esclusivo di voto attribuito ai parlamentari inglesi per le leggi che riguardano solo l’Inghilterra (non si pronunceranno gli scozzesi, i nordirlandesi e forse i gallesi).
Ventisei progetti di legge per uno Stato riformato e più forte. I conservatori hanno una maggioranza di 12 seggi ai Comuni. Ma non hanno maggioranza ai Lords. «Vogliamo fare qualcosa di speciale», proclama Cameron. Il fantasma della «Lady di Ferro» bussa a Downing Street.
Fabio Cavalera
Rivisti, corretti e adattati ai tempi ma, nella sostanza, molti dei contenuti e delle idee che ispirano le 26 leggi dell’agenda tory per il prossimo anno hanno il timbro proprio della «Iron Lady». Muso duro con l’Europa («tempi velocissimi» per le norme che disciplineranno il referendum), disciplina severa per gli scioperi nei pubblici servizi, nessun aumento di tasse fino al 2020, congelamento dei sussidi per gli immigrati, tetto ai contributi del welfare. E una novità: più devoluzione per la Scozia.
Il discorso della Regina alla Camera dei Lords è in genere un appuntamento importante ma più di forma che di sostanza, visto che Elisabetta legge l’elenco dei provvedimenti che Downing Street porta a Westminster. Questa volta, la sessantaduesima volta della monarca, ha un significato diverso. È da diciannove anni che i conservatori non si presentano con un governo tutto loro. Hanno dunque la via spianata per mettere nero su bianco le loro promesse consegnandole all’esposizione di Elisabetta, nell’occasione con la Corona Imperiale: 2.868 diamanti, 17 zaffiri, 11 smeraldi e 269 perle.
Le attenzioni sono puntate sul capitolo Europa ed è scontato. Ci sarà una legge, a tamburo battente (lo specificherà poi Cameron), per convocare la consultazione «al massimo entro la fine del 2017» e con la speranza dichiarata fuori dall’ufficialità di anticipare al 2016. Il dado è tratto anche se la Confindustria britannica ribadisce con il suo vicepresidente (al Financial Times ) che preferisce «restare dentro a un’Europa riformata». La domanda nella scheda, rivela la Bbc, è pronta: «Il Regno Unito deve rimanere membro della Unione Europea?».
Ma quel che colpisce è l’impianto complessivo del programma di Downing Street («un programma per la gente che lavora») perché, sia pure con toni differenti, rispolvera le vecchie bandiere dei tory formato Thatcher.
Gli scioperi nei servizi essenziali sono già disciplinati però David Cameron chiede di più e allora una legge dirà che per proclamare l’astensione è necessaria una consultazione con la partecipazione del 50 per cento dei lavoratori interessati e che almeno il 40% dovrà approvarla. Sarà rivisto anche il tabù dei fondi veicolati dal sindacato al partito laburista: non più un meccanismo automatico ma il dipendente autorizzerà la trattenuta.
L’eco di Margaret Thatcher ritorna con la promessa di non aumentare le tasse fino al 2020, con la previsione di toccare il welfare abbassando il tetto dei sussidi sociali rivendicabili da una famiglia (da 26 mila a 23 mila sterline), con il taglio della burocrazia a tutela della imprenditoria, con l’accelerazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità. E naturalmente con la severità di nuove misure antiterrorismo (compreso il controllo, ovvero lo spionaggio legalizzato, di internet e dei social media), con la sforbiciata dei contributi per gli immigrati e la punibilità di chi impiega «irregolari», il tutto secondo il principio (più volte espresso dalla ministra dell’Interno Theresa May) che «prima si rispediscono in patria, poi si discute».
È un thatcherismo moderato e riformulato sull’onda delle questioni nazionali emerse col referendum scozzese. I conservatori intendono devolvere poteri fiscali e di spesa pubblica alla Scozia (il controllo del 40% delle imposte e del 60% di spesa), controbilanciandoli con il potere esclusivo di voto attribuito ai parlamentari inglesi per le leggi che riguardano solo l’Inghilterra (non si pronunceranno gli scozzesi, i nordirlandesi e forse i gallesi).
Ventisei progetti di legge per uno Stato riformato e più forte. I conservatori hanno una maggioranza di 12 seggi ai Comuni. Ma non hanno maggioranza ai Lords. «Vogliamo fare qualcosa di speciale», proclama Cameron. Il fantasma della «Lady di Ferro» bussa a Downing Street.
Fabio Cavalera
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