ROMA Migranti distribuiti in tutte le province italiane, escluse quelle siciliane. Ognuno dovrà garantire almeno 80 posti per poter contare, in questa settimana, su un numero complessivo di letti che non sia inferiore agli 8.500. Il ministero dell’Interno fa i conti con l’emergenza causata dai nuovi sbarchi. E nella circolare diramata ieri mattina sollecita la «partecipazione di tutti in modo da attenuare l’impatto sul territorio». È il primo passo, altri ne seguiranno in un’estate che si annuncia di massima allerta. Perché la situazione in Libia continua a essere fuori controllo e perché dall’Europa non giunge alcun segnale positivo. Si cercano strutture dunque, ma anche soluzioni per combattere i trafficanti. E si stringono patti con le autorità maltesi proprio per distruggere i barconi.
Gli arrivi
I numeri da record del 2014 sono stati ampiamente superati. Ieri sera erano 32.236 gli sbarcati sulle coste italiane dall’inizio da gennaio, oltre ai circa 800 arrivati nella notte, a fronte dei 29.501 dello scorso anno. Ma soprattutto, ed è questo a preoccupare, altre migliaia sono in arrivo in un flusso di nuovo costante che — dicono gli esperti — può soltanto aumentare. Prova ne sia che sono ormai circa 85 mila le persone che vengono assistite: tra loro, poco più di 73 mila adulti e circa 12 mila minorenni. Grandi e piccoli sistemati che non trovano più posto nelle strutture del Viminale e si è costretti a smistare nei luoghi che via via vengono messi a disposizione grazie al lavoro dei prefetti. Le trattative tra rappresentanti del governo e autorità locali sono spesso estenuanti e continuano a essere segnate da moltissime resistenze, soprattutto al nord. Per questo si è deciso di cominciare a individuare gli stabili da requisire, per far fronte a un’emergenza che rischia di aggravarsi in poco tempo. Caserme, ma soprattutto edifici che necessitano di interventi minimi di ristrutturazione e dunque possono essere disponibili entro qualche settimana.
Regioni e Comun i
Intanto è stata convocata una nuova riunione tra i vertici del ministero dell’Interno e i rappresentanti di governatori e sindaci. L’incontro è fissato per giovedì e in quella sede si tornerà a chiedere la disponibilità di chi sinora ha cercato di tirarsi indietro. Lombardia, Veneto e Piemonte rimangono le Regioni dove più forte è la volontà di non accettare le richieste del Viminale tanto che ieri, dopo l’ennesimo sbarco a Pozzallo, in provincia di Ragusa, si è deciso di provare a pareggiare i conti. Degli 877 stranieri arrivati, 113 sono stati inviati in Veneto, 112 in Friuli, 100 in Lombardia e 75 in Piemonte. In questo senso vanno anche le indicazioni del ministro Angelino Alfano recepite nella direttiva trasmessa ieri dal prefetto Mario Morcone .
I barconi a Malta
L’immobilità dell’Unione europea appare evidente sia per quanto riguarda la distribuzione dei richiedenti asilo, sia per le azioni che dovrebbero portare alla distruzione di gommoni e pescherecci utilizzati dagli scafisti. Al momento si sta cercando di muoversi su un doppio fronte: quando è possibile vengono affondati subito dopo il salvataggio; se le condizioni del mare non lo consentono viene invece disposto il sequestro e il «corpo del reato» è trasportato in uno dei porti italiani oppure a Malta. Le autorità de La Valletta stanno mostrando la volontà di collaborare con il governo italiano, consapevoli che un’azione comune può rivelarsi efficace soprattutto nel momento in cui gli altri Stati membri hanno deciso di non offrire la propria collaborazione. Rimane in piedi il progetto di creare campi profughi in Africa — in particolare in Sudan, Nigeria e Tunisia — anche se è necessario il via libera dell’Onu e nulla di concreto è davvero successo da quando l’Italia ha presentato la sua proposta agli inizi di quest’anno chiedendo aiuto all’Alto commissariato per i rifugiati e all’Oim, l’Organizzazione Internazionale per i migranti .