Meno militari, più formazione e qualità Ecco come cambieranno le forze armate

Meno militari, più formazione e qualità Ecco come cambieranno le forze armate

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ROMA Meno soldati, ma soprattutto meno generali. E una pianificazione più politica che militare degli interventi. Sono le nuove forze armate così come le disegna il Libro Bianco messo a punto dal ministero della Difesa. Un documento che, seguendo le indicazioni fornite dal ministro Roberta Pinotti «mira a far fronte con efficacia alle nuove minacce e a rispettare i vincoli di bilancio».
Questa almeno è l’intenzione dichiarata dalla commissione di esperti che per 8 mesi ha incontrato decine di personalità, ma anche partecipato a riunioni nelle università, consultato le associazioni pacifiste, effettuato raffronti all’estero: dal Pentagono al Regno unito passando per la Francia e la Germania.
Il punto centrale riguarda il personale. Attualmente ci sono 190.000 militari e 30.000 civili mentre i tecnici propongono una riduzione di ben il 25 per cento arrivando a 150.000 militari e 20.000 civili entro il 2024 anche se alla fine dell’anno si potrebbe già scendere a 170.000 militari. Ma è soprattutto la qualità a dover cambiare: «In Italia l’87 per cento è in servizio permanente contro il 13 a tempo determinato. In Francia si va all’inverso: 37 per cento in servizio permanente e 63 a tempo determinato. In Germania addirittura il 30 per cento in servizio permanente e il 70 per cento a tempo determinato». E poi c’è l’età media del personale militare che è di 37 anni con quella dei marescialli che sale a 45 anni».
Ecco dunque la proposta: «Proporzione fra servizio permanente e tempo determinato che sia di metà e metà; più giovani arruolati, con maggiori tutele al momento del congedo e supporto per il ricollocamento lavorativo; incremento della formazione e della qualificazione professionale; nuova struttura della retribuzione, connessa con l’operatività militare e retribuzioni capaci di attrarre il personale più preparato».
Organici più snelli e regole diverse. Secondo la commissione ora «le scelte di politica militare e politica industriale sono talvolta incoerenti, anche perché parcellizzate in numerosi centri decisionali. Le singole Forze armate hanno ampia autonomia e tendono a controllare direttamente le operazioni militari e gli investimenti. Ci sono molti centri di spesa, ridondanza di infrastrutture e duplicazioni di funzioni». Nel futuro si dovrà invece arrivare a ottenere «la totalità delle decisioni politiche sotto la responsabilità del ministro, mentre tutte le operazioni militari sotto comando interforze, alle dipendenze del capo di Stato maggiore della Difesa. La pianificazione delle future capacità militari dovrà essere interforze e coordinata con i partner europei. Ma soprattutto va istituito un Direttore nazionale degli Armamenti e della Logistica per accorpare Reparti e unificare le funzioni», in un’ottica di risparmio e razionalizzazione.
Nulla viene esplicitato nel Libro Bianco sull’acquisto degli F35 e questo vuol dire, almeno a sentire i tecnici della Difesa, che al momento rimane la linea delle mozioni parlamentari che invitano ad andare avanti con il programma di acquisto anche se non è escluso che il numero di velivoli, fissato per ora a 90, possa essere modificato.
Fiorenza Sarzanini


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