L’ottimismo di Tsi­pras alla prova dei creditori

by redazione | 19 Maggio 2015 9:37

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Appena venerdì scorso Ale­xis Tsi­pras, par­lando al con­ve­gno annuale dell’Economist, ha riba­dito il suo otti­mi­smo che un accordo con i cre­di­tori sarà rag­giunto entro la fine del mese. Ma que­sto accordo dovrà essere «van­tag­gioso per ambe­due le parti», ha aggiunto. Se qual­cuno «ha in mente di met­tere alla prova le capa­cità di resi­stenza della Gre­cia, in attesa che le sue linee rosse si sco­lo­rino, si illude». Nes­sun passo indie­tro, quindi, nes­sun ritorno all’austerità della troika.
La costanza del pre­mier greco non è in discus­sione ma, men­tre il tempo tra­scorre, comin­ciano a sor­gere dubbi sul suo otti­mi­smo. Il governo greco ha rin­viato (e in alcuni casi annul­lato) molte delle misure pro­messe gene­ro­sa­mente nel periodo elet­to­rale, pur di otte­nere il con­senso degli euro­pei. Per non offrire pre­te­sti, ha dis­san­guato il paese per pagare le tran­che del debito. Mal­grado tutto ciò, l’accordo sem­bra ancora lon­tano. E pren­dono di nuovo vita­lità i sce­nari che vogliono i fal­chi dell’Ue gio­care la carta del lento stran­go­la­mento della Gre­cia al fine di ribal­tare o annac­quare il pro­gramma anti– auste­rità di Syriza.

Anche la minac­cia di un refe­ren­dum è stata accolta dai fal­chi dell’eurozona con una sostan­ziale indif­fe­renza. Al con­tra­rio dell’autunno 2011, quando l’allora pre­mier George Papan­dreou lo evocò pro­vo­cando panico nell’Unione Euro­pea, ora Schau­ble è con­vinto di poterlo vin­cere, facendo leva sul desi­de­rio della stra­grande mag­gio­ranza della popo­la­zione di rima­nere all’interno dell’eurozona.
Il governo greco ritiene che que­sti dise­gni desta­bi­liz­zanti siano mino­ri­tari. In una nota infor­ma­tiva del governo che è cir­co­lata la set­ti­mana scorsa, i cre­di­tori sono per la prima volta con­si­de­rati non come un blocco omo­ge­neo, ma divisi in due schie­ra­menti. Dalla parte dei fal­chi, insieme con Schau­ble si vede schie­rato anche il Fmi, fles­si­bile sul debito ma instran­si­gente sulle misure di auste­rità. Dall’altra parte, con le colombe, c’è un fronte pronto a un com­pro­messo, anche se lon­tano dai ter­mini desi­de­rati da Tsipras.

In que­sto senso Jean-Claude Junc­ker, pre­oc­cu­pato per la coe­sione dell’Ue, in accordo con Hol­lande e con Dra­ghi sta lavo­rando a un accordo tran­si­to­rio, sulla base delle con­ver­genze otte­nute finora (aumento selet­tivo dell’Iva, carta di cre­dito obbli­ga­to­ria per tutti paga­menti sopra i 70 euro, aumento delle impo­ste ai red­diti più alti e abo­li­zione dei pen­sio­na­menti anti­ci­pati). Que­sto accordo dovrebbe sbloc­care l’ultima tran­che di 7,2 miliardi dell’Ue ma Schau­ble si pone di tra­verso e rimane inchio­dato sulle richie­ste con­cor­date con il pre­ce­dente governo. Unica con­ces­sione, un nuovo pre­stito (chia­mato eufi­mi­sti­ca­mente «aiuto») per pagare quelli vec­chi. Una solu­zione che Varou­fa­kis ha respinto più volte. Per uscire dall’impasse, Tsi­pras aspetta una mossa corag­giosa.
Fino a quando si potrà aspet­tare? Il vice­pre­si­dente del Con­si­glio Yan­nis Dra­ga­sa­kis ha chie­sto che ci sia almeno un accordo a livello di esperti prima del Con­si­glio Euro­peo di Riga il 21 del mese. In que­sto modo, nell’incontro di Tsi­pras con la Mer­kel ci può essere una sua rati­fica, sep­pure infor­male, ma di grande signi­fi­cato poli­tico. Varou­fa­kis ha chie­sto a Dra­ghi di posti­ci­pare i paga­menti e di dila­zio­narli nel tempo. Men­tre il depu­tato indi­pen­dente Notis Marias ha chie­sto al pre­si­dente della Bce di ricor­rere all’articolo del rego­la­mento della Bce che per­met­te­rebbe, in via ecce­zio­nale, di finan­ziare i paesi mem­bri per­ché resti­tui­scano il debito al Fmi. Finora però nes­suno ha risposto.

Le sca­denze incom­benti sono tante e tutte molto gra­vose, a comin­ciare dal 5 giu­gno quando biso­gna pagare una tran­che di 1,5 miliardi. Sulle stesse cifre si aggi­rano anche le altre tre sca­denze rav­vi­ci­nate. Di pagare cifre tanto impor­tanti non se ne parla nem­meno. Biso­gna però pren­dere in con­si­de­ra­zione seria­mente cosa suc­ce­derà nel caso si sospen­dano i paga­menti. Su que­sto il gruppo par­la­men­tare di Syriza è stato la set­ti­mana scorsa par­ti­co­lar­mente cri­tico. In sostanza si è impu­tato al governo di aver sot­to­va­lu­tato l’instransigenza dei cre­di­tori, facendo con­ces­sioni poli­ti­ca­mente dolo­rose ma inu­tili. La richie­sta pre­va­lente era di rima­nere fedeli al pro­gramma di governo a qual­siasi costo. In sostanza, di arri­vare allo scon­tro, se neces­sa­rio.
Tsi­pras sa benis­simo che molto pro­ba­bil­mente que­sto scon­tro non potrà evi­tarlo. Per que­sto insi­ste nel riba­dire che lui un nuovo memo­ran­dum non lo fir­merà mai. Ma non vuole dare per scon­tato il fal­li­mento del nego­ziato e rico­no­scere così l’impossibilità di man­te­nere ambe­due le sue pro­messe elet­to­rali: rin­ne­gare l’austerità e rima­nere nell’eurozona. E non con­sola il fatto che al pro­ba­bile shock greco sarà forse affian­cato anche quello bri­tan­nico, con effetti pro­ba­bil­mente mor­tali per tutta l’Unione Europea.

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