La Scozia sceglie la secessione dolce
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EDIMBURGO Non è il ruggito del leone di Salmond a risuonare in Scozia nel giorno della vittoria, ma la voce pacata di una ragazza che sembra uscita da un’avventura di Harry Potter: Mhairi Black, 20 anni, studentessa di scienze politiche che nel giro di una magica notte è diventata la più giovane deputata britannica dal 1667 in qua.
E’ lei a incarnare la fanteria e il futuro dei nuovi Braveheart. E pazienza se l’istrione-trombone Alex Salmond, che pochi mesi fa si dimise da leader dello Scottish National Party (Snp) un minuto dopo la sconfitta al referendum sull’indipendenza, ieri mattina ancora attingeva alla retorica patriottica davanti a una piccola folla di votanti assonnati: «Il leone scozzese è tornato a ruggire in tutto il Paese».
A miagolare nelle orecchie di Sean Ness, 23 anni, biondino cameriere del Nicholson’s Pub, è un ritornello più terra terra: «Basta austerity». Sono le parole che ha ripetuto Mhairi Black dopo aver mandato al tappeto con cinque mila voti di scarto (su 23mila) il peso massimo laburista Douglas Alexander, 47 anni, ex delfino di Tony Blair e stratega elettorale di Ed Miliband. Alexander era il deputato di Paisley da 18 anni, vice ministro degli Esteri designato. L’ha stracciato una studentessa di scienze Politiche che ha deciso di candidarsi appena cinque mesi fa nella cittadina dove è cresciuta tra Glasgow e il mare.
Sotto il cielo tiepido di Edimburgo, Sean il cameriere appartiene alla stessa generazione: ventenni interessati ad avere servizi pubblici accessibili e una dignitosa chance nella vita più che all’indipendenza del leone. Sean ha votato no al referendum, mentre giovedì (come il 50% degli elettori scozzesi) ha detto sì alla chiamata di Nicola Sturgeon, la nuova pragmatica leader Snp. Genitori laburisti, nonni conservatori, lui autonomista anti-austerity: «Ma voterei ancora no all’uscita dalla Gran Bretagna, ci perderemmo tutti».
Per gli indipendentisti light (per tattica o per convinzione) è stato il trionfo: 56 seggi sui 59 che conta la Scozia (40 strappati ai laburisti) si sono tinti di giallo, il colore del partito. Nel parlamento uscente ne avevano sei. Un’avanzata impensabile pochi mesi fa. «Ma i politici a Londra hanno tirato un sospiro di sollievo dopo il referendum, sotterrando la pratica scozzese e la promessa di maggiori poteri» esclama il cinquantenne Derek Woods, seduto davanti a una salsiccia da The Mitre, storico locale sul Royal Mile.
Sotterrata l’ascia dell’indipendenza, i separatisti modello Sturgeon speravano di fare i kingmaker a livello nazionale, sostenendo dall’esterno un governo laburista. E invece ora, spazzati via i laburisti dalla Scozia, si ritrovano insieme (guardandosi in cagnesco) all’opposizione, loro europeisti convinti, mentre i conservatori (dipinti come campioni dell’austerity) terranno da soli i cordoni della spesa pubblica e faranno il referendum sull’uscita dall’Unione Europea.
Uno scenario che potrebbe riproporre a medio termine l’ipotesi di un nuovo voto scozzese «dentro o fuori il Regno Unito»? Ecco il risultato di un sondaggio da bar al Mitre: 15 persone contro 5 credono che l’indipendenza adesso sia più vicina, 4 non si pronunciano. Lo scrittore Alasdair Gray, acceso sostenitore di una «Scozia libera», prospetta «nuovi miracoli» dopo l’ondata gialla che ha sradicato pure i pezzi grossi laburisti e lib-dem (a Inverness nemmeno il sostegno dell’attore Hugh Grant ha salvato Danny Alexander dalla batosta).
Tra i turisti che salgono al Castello cammina un giovane scozzese il cui vestito commuoverebbe il vecchio leone Salmond (eletto pure lui ai Comuni): il kilt, i calzettoni. E una ventiquattr’ore in mano. Fa l’ingegnere. Uno così come volete che la veda? E invece no: «Secondo me non è cambiato niente, gli scozzesi hanno rigettato l’indipendenza pochi mesi fa con il 55% dei voti». Girando per la città non si incontra una bandiera, uno striscione, un segno di festa elettorale. Yellow Dawn, ci prova l’Edimburgh News. Alba Gialla. Ma niente, Anche nelle piazze della più sanguigna Glasgow, solo pochi vessilli. A Paisley la stremata deputata ventenne ha salutato ed è andata a dormire «per un paio di giorni». Sul Royal Mile l’ingegnere in kilt incontra la moglie coi tacchi rossi e il passeggino. Un giorno come un altro. Un trionfo normale. In fondo è l’unica cosa che i sondaggi avevano azzeccato: una marea gialla sulla Scozia.
E’ lei a incarnare la fanteria e il futuro dei nuovi Braveheart. E pazienza se l’istrione-trombone Alex Salmond, che pochi mesi fa si dimise da leader dello Scottish National Party (Snp) un minuto dopo la sconfitta al referendum sull’indipendenza, ieri mattina ancora attingeva alla retorica patriottica davanti a una piccola folla di votanti assonnati: «Il leone scozzese è tornato a ruggire in tutto il Paese».
A miagolare nelle orecchie di Sean Ness, 23 anni, biondino cameriere del Nicholson’s Pub, è un ritornello più terra terra: «Basta austerity». Sono le parole che ha ripetuto Mhairi Black dopo aver mandato al tappeto con cinque mila voti di scarto (su 23mila) il peso massimo laburista Douglas Alexander, 47 anni, ex delfino di Tony Blair e stratega elettorale di Ed Miliband. Alexander era il deputato di Paisley da 18 anni, vice ministro degli Esteri designato. L’ha stracciato una studentessa di scienze Politiche che ha deciso di candidarsi appena cinque mesi fa nella cittadina dove è cresciuta tra Glasgow e il mare.
Sotto il cielo tiepido di Edimburgo, Sean il cameriere appartiene alla stessa generazione: ventenni interessati ad avere servizi pubblici accessibili e una dignitosa chance nella vita più che all’indipendenza del leone. Sean ha votato no al referendum, mentre giovedì (come il 50% degli elettori scozzesi) ha detto sì alla chiamata di Nicola Sturgeon, la nuova pragmatica leader Snp. Genitori laburisti, nonni conservatori, lui autonomista anti-austerity: «Ma voterei ancora no all’uscita dalla Gran Bretagna, ci perderemmo tutti».
Per gli indipendentisti light (per tattica o per convinzione) è stato il trionfo: 56 seggi sui 59 che conta la Scozia (40 strappati ai laburisti) si sono tinti di giallo, il colore del partito. Nel parlamento uscente ne avevano sei. Un’avanzata impensabile pochi mesi fa. «Ma i politici a Londra hanno tirato un sospiro di sollievo dopo il referendum, sotterrando la pratica scozzese e la promessa di maggiori poteri» esclama il cinquantenne Derek Woods, seduto davanti a una salsiccia da The Mitre, storico locale sul Royal Mile.
Sotterrata l’ascia dell’indipendenza, i separatisti modello Sturgeon speravano di fare i kingmaker a livello nazionale, sostenendo dall’esterno un governo laburista. E invece ora, spazzati via i laburisti dalla Scozia, si ritrovano insieme (guardandosi in cagnesco) all’opposizione, loro europeisti convinti, mentre i conservatori (dipinti come campioni dell’austerity) terranno da soli i cordoni della spesa pubblica e faranno il referendum sull’uscita dall’Unione Europea.
Uno scenario che potrebbe riproporre a medio termine l’ipotesi di un nuovo voto scozzese «dentro o fuori il Regno Unito»? Ecco il risultato di un sondaggio da bar al Mitre: 15 persone contro 5 credono che l’indipendenza adesso sia più vicina, 4 non si pronunciano. Lo scrittore Alasdair Gray, acceso sostenitore di una «Scozia libera», prospetta «nuovi miracoli» dopo l’ondata gialla che ha sradicato pure i pezzi grossi laburisti e lib-dem (a Inverness nemmeno il sostegno dell’attore Hugh Grant ha salvato Danny Alexander dalla batosta).
Tra i turisti che salgono al Castello cammina un giovane scozzese il cui vestito commuoverebbe il vecchio leone Salmond (eletto pure lui ai Comuni): il kilt, i calzettoni. E una ventiquattr’ore in mano. Fa l’ingegnere. Uno così come volete che la veda? E invece no: «Secondo me non è cambiato niente, gli scozzesi hanno rigettato l’indipendenza pochi mesi fa con il 55% dei voti». Girando per la città non si incontra una bandiera, uno striscione, un segno di festa elettorale. Yellow Dawn, ci prova l’Edimburgh News. Alba Gialla. Ma niente, Anche nelle piazze della più sanguigna Glasgow, solo pochi vessilli. A Paisley la stremata deputata ventenne ha salutato ed è andata a dormire «per un paio di giorni». Sul Royal Mile l’ingegnere in kilt incontra la moglie coi tacchi rossi e il passeggino. Un giorno come un altro. Un trionfo normale. In fondo è l’unica cosa che i sondaggi avevano azzeccato: una marea gialla sulla Scozia.
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