Jobs Act, il debutto è un flop

Jobs Act, il debutto è un flop

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Il Jobs Act non ce l’ha fatta ad aggre­dire la disoc­cu­pa­zione, e va detto che per il momento anche gli incen­tivi alle assun­zioni non mor­dono. I dati dell’Istat rela­tivi a marzo (primo mese di vigenza del con­tratto a tutele cre­scenti, terzo per quanto riguarda gli sgravi) sono impie­tosi: il tasso dei senza lavoro, regi­stra l’istituto di sta­ti­stica, è tor­nato a salire in marzo: di 0,2 punti per­cen­tuali rispetto a feb­braio, arri­vando così al 13%. La risa­lita arriva dopo i cali regi­strati a dicem­bre e a gen­naio, e la lieve cre­scita di feb­braio. Si tratta del livello più alto dal novem­bre scorso (allora aveva segnato 13,2%).

Male anche la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile, che è ugual­mente tor­nata a salire: in marzo ha supe­rato la soglia del 43%. Il tasso segna un aumento dello 0,3% (quindi più ele­vato di quello gene­rale, vedi alla voce del gover­na­tivo Garan­zia gio­vani, made in Poletti): passa a quota 43,1%, dal 42,8% di feb­braio. Si tratta del livello più alto da ago­sto 2014.

Le per­sone in cerca di occu­pa­zione in marzo erano dun­que 3,302 milioni, in aumento dell’1,6% rispetto a feb­braio (52 mila in più). Nello stesso mese gli occu­pati regi­strati sono stati 22,195 milioni, in calo dello 0,3% su base men­sile (-59 mila unità).

Andando per genere, il tasso di disoc­cu­pa­zione maschile si atte­sta all’11,9%, men­tre quello fem­mi­nile è pari al 14,3%: in ter­mini ten­den­ziali aumen­tano rispet­ti­va­mente dello 0,2% e dello 0,9%. Il tasso di occu­pa­zione maschile, pari al 64,5%, dimi­nui­sce di 0,2 punti per­cen­tuali, men­tre quello fem­mi­nile, pari al 46,7%, rimane invariato.

Pano­rama fosco anche per quanto riguarda il primo tri­me­stre dell’anno, che tra incen­tivi e Jobs Act non ha dun­que bril­lato: nes­suna ripar­tenza, nono­stante i buoni auspici del governo. «Non ci sono stati miglio­ra­menti signi­fi­ca­tivi», dice l’Istat. Secondo i dati desta­gio­na­liz­zati, nel primo tri­me­stre 2015, l’occupazione è tor­nata a dimi­nuire: –0,2% la varia­zione con­giun­tu­rale media rispetto al quarto tri­me­stre 2014.

Dall’opposizione parte l’attacco al governo, e al sostan­ziale fal­li­mento dell’esordio del Jobs Act: «I dati Istat smen­ti­scono nuo­va­mente gli slo­gan otti­mi­stici del governo. E le riforme di Renzi si rive­lano inu­tili ed inef­fi­caci per far dimi­nuire il tasso di disoc­cu­pa­zione del nostro Paese — dicono i sena­tori Cin­que­stelle — Il tasso di disoc­cu­pa­zione è aumen­tato al 13% e abbiamo 52 mila per­sone in più senza un lavoro rispetto a feb­braio: il Jobs Act non solo non serve ad aumen­tare l’occupazione ma, addi­rit­tura, ren­dendo più facili i licen­zia­menti, amplia la pla­tea dei disoccupati».

«A marzo persi 59 mila posti di lavoro. Disoc­cu­pa­zione record al 13% e Renzi pensa a Ita­li­cum. Altro che Jobs Act», com­menta Gio­vanni Toti di Forza Ita­lia. E Mat­teo Sal­vini (Lega) chiede: «Vor­rei pro­prio sapere che cosa dice Renzi dei dram­ma­tici dati Istat. Lo chiedo a lui, a Poletti, Alfano, alla vigi­lia della Festa del Lavoro».

E intanto i tre sin­da­cati con­fe­de­rali si pre­pa­rano a cele­brare il primo mag­gio a Poz­zallo, dedi­cando que­sta gior­nata agli immi­grati: «Basta guerra e tra­ge­die nel Medi­ter­ra­neo», che non può e non deve più essere «un cimi­tero» ma rap­pre­sen­tare «un ponte per chi cerca un rifu­gio» in Europa, dicono i tre segre­tari gene­rali, Susanna Camusso, Anna­ma­ria Fur­lan e Car­melo Bar­ba­gallo. Per que­sto chie­dono «una svolta» alla Ue e sosten­gono la neces­sità di creare un cor­ri­doio uma­ni­ta­rio, insieme a un piano di aiuti per evi­tare «l’esodo» dai paesi d’origine.

In piazza San Gio­vanni, il con­sueto Con­cer­tone sin­da­cale, ed è con­fer­mato l’ormai altret­tanto con­sueto con­certo a Taranto.



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Nel 2011 ne sono state liquidate 94mila in meno rispetto all’anno precedente. A determinare la forte diminuzione soprattutto le «finestre» di Tremonti. Il calo complessivo riguarda sia i lavoratori dipendenti che gli autonomi Riforme inutili: anche senza quella della Fornero nel 2011 le nuove pensioni sono diminuite del 29,5%

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