In Spagna sfondano i partiti anti austerity L’ondata arriva a Barcellona e Madrid

by redazione | 25 Maggio 2015 8:51

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Il voto giovane, arrabbiato e urbano ha intaccato il dominio del partito conservatore del premier Mariano Rajoy. Ad avanzare è invece la sinistra grazie alla spinta del nuovo partito Podemos e anche alla resistenza dei socialisti del Psoe. Pablo Iglesias, leader di Podemos, usa toni trionfalistici, parla di «risultato storico» e «dell’inizio della fine del bipartitismo».
A scrutini praticamente ultimati, i Populares restano primi in quasi tutte le Regioni, ma perdono la maggioranza assoluta e, spesso, con essa la possibilità di governare. Il Pp scende dal 37% del 2011 al 26,6%. Il Psoe dal 27 al 25%. Si apre così in Spagna un periodo di instabilità con giunte appese a questo o quell’alleato che per ragioni diverse dall’interesse locale potrebbe abbandonare la squadra ogni momento. I due debuttanti del voto, Podemos e Ciudadanos, hanno rispettato le attese. Molto meglio il primo del secondo, però.
I due partiti anti casta e anti corruzione, divisi dalle ricette economiche per l’uscita dalla Grande Crisi, hanno adottato strategie diverse. Non avevano abbastanza candidati per presentarsi in tutti gli 8 mila municipi e nelle 13 Comunidad. Così mentre Ciudadanos ha formato liste solo dove ha potuto, Podemos ha preferito appoggiare movimenti civici e l’ha fatto soprattutto dov’è più forte il suo consenso, nelle grandi aree urbane. Il risultato è stato eclatante al di là della difficile somma di liste spurie che darebbe appena un 10% su scala nazionale. Il municipio di Barcellona è andato a una candidata che porta l’insegna del «cambio» voluto da Podemos. Madrid potrebbe fare la stessa fine grazie a una coalizione. Un trampolino perfetto in vista della sfida nazionale del novembre prossimo.
Vince anche Ciudadanos, perché triplica i risultati delle elezioni europee di un anno fa e sfiora il 7%. Ciudadanos potrebbe diventare un alleato indispensabile alla governabilità in molti enti locali e mostrare così la propria carica «rigeneratrice» invece che «rivoluzionaria». Ma a Ciudadanos è mancato quel risultato-vetrina che Podemos ha ottenuto nelle città maggiori.
Il premier spagnolo conservatore Mariano Rajoy aveva puntato la sua offensiva elettorale su una dialettica a tre punte: la ripresa economica, la stabilità politica, l’aumento dell’occupazione. Il tridente non ha funzionato. I milioni di disoccupati sono ancora troppi. La ripresa si vede nei bilanci delle società, ma non negli stipendi. La voglia di dare uno schiaffo alla «casta» ha preso il sopravvento.
Lo scenario peggiore per il premier in carica è di trasformare l’altro sconfitto di ieri in un vincitore. La faccia pulita del giovane segretario del Psoe, Pedro Sanchez ha fermato l’emorragia di voti che continuava da 8 anni e ha riconquistato anche il governo di una Comunidad (Extremadura). Il temuto travaso elettorale verso gli antisistema di Podemos c’è stato e abbondante, ma la macchina organizzativa del partito ha funzionato, presentando candidati in ogni singolo Comune. Il Psoe resta saldamente al secondo posto e, ora, in vista della sfida nazionale di novembre, tenterà di spostare il confronto con il nuovo di Podemos sul piano della capacità amministrativa.
Andrea Nicastro
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