by redazione | 21 Maggio 2015 11:29
Quello dell’immigrazione — come non poteva essere altrimenti — è uno dei temi più presenti nella campagna elettorale per le ammnistrative di domenica prossima.
C’è la foto, ormai iconica, del bambino rinchiuso nella valigia nel tentativo di entrare in Spagna; ci sono le dichiarazioni della candidata del Partido Popular al comune di Madrid, Esperanza Aguirre, che vorrebbe ripulire la città dai senza tetto, che «danno una brutta immagine di Madrid ai turisti»; ci sono i partiti conservatori, che strepitano contro una supposta «emergenza immigrazione» fabbricata a loro uso e consumo.
E poi, finalmente, c’è una notizia di quelle che aprono uno spiraglio al buon senso e alla solidarietà.
Antonio Miguel Carmona, candidato socialista alla presidenza della regione di Madrid, ha proposto l’introduzione di un documento d’identità locale per chiunque ne faccia richiesta, che garantisca l’accesso ai servizi sanitari, ai trasporti e persino alle case municipali. Si tratta di un’iniziativa molto importante: un sussulto per un Psoe un po’ a corto di idee, che inverte completamente la tendenza alla tolleranza zero del Partido popular, che nel 2012 aveva revocato l’assistenza sanitaria agli immigrati irregolari. E marca le distanze anche rispetto alla nuova destra dal volto pulito, incarnata da Ciudadanos, ormai uno degli avversari diretti del Psoe, anch’esso contrario all’accesso degli immigrati «irregolari» ai servizi pubblici. Finalmente, verrebbe da dire, qualcosa di sinistra nel discorso sei socialisti, in crisi di identità e di voti, asfissiati, a livello locale e nazionale, dalla morsa di Podemos e Ciudadanos.
L’iniziativa, che nasce da un’idea personale di Carmona, non è ancora ratificata ufficialmente in sede nazionale, anche se il Psoe ha già fatto sapere di appoggiare la proposta, che sarà probabilmente rielaborata ed inclusa nel programma per le politiche di novembre.
Intanto, da destra, qualcuno parla di propaganda elettorale. In realtà la misura si rivolge soprattutto a persone senza documenti e, quindi, senza diritto di voto, per cui la sua diretta ripercussione elettorale sarà prevedibilmente limitata. «È una questione di diritti umani, non di calcolo elettorale, spiega Carmona. Abbiamo voluto rispondere a una richiesta non dettata dai mercati, ma dalla necessità delle persone». «Chi vive qui – ha proseguito il candidato socialista in un’intervista al País — deve poter esercitare i suoi diritti: un’iniziativa di questo genere è già stata presa con successo a New York dal sindaco Bill de Blasio». In realtà non c’è neppure bisogno di attraversare l’oceano per trovare un precedente. Basta spostarsi di pochi chilometri da Madrid, fino a Fuenlabrada, cittadina di 210mila persone nella cintura urbana della capitale di un paese che nonostante la crisi, l’aumento della povertà e lo sfilacciamento sociale, non ha mai ceduto a derive xenofobe.
La tessera – una specie di succedaneo locale del documento nazionale di identità – era una delle promesse elettorali dell’attuale sindaco Manuel Robles, incaricato peraltro di coordinare la parte sui servizi sociali del programma quadro del Psoe per le municipali. In due anni, sono state distribuiti più di 10mila documenti. «La tessera — spiega il sindaco di Fuenlabrada — dà accesso a tutti i servizi sociali. L’unico requisito è che la persona viva nel nostro comune. Non chiediamo nulla, nessun documento: in questo modo anche gli immigrati irregolari entrano nel programma di assistenza municipale alle stesse condizioni di qualsiasi altro cittadino». Ora sarà interessante vedere se la misura sarà estesa ad altri municipi, come sarà accolta e che spazio occuperà nel programma nazionale. E, nel probabile caso di alleanze per il governo di Madrid tra Pose e altri partiti, come sarà difesa questa proposta, che finora è una delle più interessanti tra quelle dei vari partiti in campagna elettorale. Al Psoe il merito indiscutibile di aver messo sul tavolo un’iniziativa originale, chiara ed effettivamente necessaria dopo una legislatura di tagli ai diritti sociali e tre anni di esclusione sanitaria degli immigrati sin papeles voluta, per legge, dal Partido popular.
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