Il Nepal trema ancora sotto l’Himalaya Paura e nuovi crolli: almeno 60 i morti
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Tornano a tremare le montagne nel Paese delle «terre alte». Frane e slavine si abbattono nelle valli strette. Crollano le baite, i lodge per gli amanti del trekking sulla via del campo base all’Everest, i templi indù, le strutture già gravemente indebolite dal sisma del 25 aprile. Si rivive l’incubo del terremoto a Kathmandu e specialmente nelle migliaia di paesini e frazioni sparsi nelle zone più remote, dove non esistono strade e si arriva solo a piedi con gli zaini in spalla, come da millenni.
Il Nepal è in ginocchio. Il paesaggio torna a colorarsi con i teli di plastica arancioni e blu che le famiglie utilizzano per l’emergenza. Da meno di una settimana quasi tutti erano tornati a dormire nelle loro case, anche in quelle danneggiate. Ma ora il timore che crolli tutto addosso si fa più imminente di prima. Non ci si fida di nulla e nessuno. Meglio fuori, negli accampamenti di fortuna, che rischiare di restare schiacciati tra le macerie. I nepalesi hanno visto troppe vittime. «Questa non è l’ennesima scossa di assestamento. E’ un nuovo sisma, una nuova tragedia che si abbatte sul nostro Paese già gravemente ferito e stressato da tre settimane di paura», ci ha detto per telefono da Kathmandu ieri pomeriggio Sunil Sharesta, il giovane collaboratore locale che sino a pochi giorni fa ci aveva accompagnato sulle zone del disastro.
A differenza del terremoto del mese scorso però, ieri l’allerta e la risposta sono state più rapide, le squadre di soccorso già rodate, il meccanismo dell’emergenza oliato per operare con maggior efficienza. Alcune delle squadre di soccorso internazionali sono ancora in Nepal e ci sono più elicotteri pronti al decollo rispetto alla ventina scarsa di aprile. Sono mezzi indispensabili per arrivare con velocità nei luoghi più reconditi, ma ieri sera sono stati anche al centro di un piccolo giallo: un elicottero americano è sparito dai radar. «Potrebbe avere avuto problemi di carburante», dicono dal Pentagono. A bordo, sei marines e due nepalesi.
Nel villaggio di Satsibe, a nord della capitale, opera anche l’ospedale italiano della Protezione Civile, che negli ultimi tempi ha assistito quasi mille persone. Uno dei pochi elementi di relativo conforto è che la scossa di ieri, come peraltro quella del mese scorso, è avvenuta durante il giorno, quando gran parte della popolazione era fuori casa. Le vittime del terremoto del 25 aprile sono state circa 8.150 (anche se si stima che, complessivamente, superino le 10 mila), oltre 15 mila i feriti. I primi dati di ieri sera segnalavano invece una sessantina di morti e circa 1.150 feriti. «Ma sono solo bilanci provvisori», sottolineano dal ministero degli Interni. Ci sarebbero anche una ventina di morti nell’India occidentale e almeno uno nel Tibet cinese.
Varia di poco la magnitudo: da 7.8 della scala Richter tre settimane fa a 7.3 ieri ma l’intensità, cioè la forza distruttiva del sisma, è stata ieri almeno sei volte inferiore. Ed è cambiato l’epicentro. Dalle zone di media montagna della provincia di Gorkha a quelle fatte di picchi maestosi e vallate ripide che dalla regione di Dolkha, circa 80 chilometri a nord-est di Kathmandu, arrivano sino agli 8.848 metri dell’Everest. Sempre che la sua altezza non sia davvero variata. Sismologi e geografi segnalano infatti che tanto grave e intenso è stato lo spostamento della placca tettonica indiana sul fondo dell’Oceano Pacifico, in attrito antico con quella euroasiatica, che il «Tetto del Mondo» potrebbe persino essersi alzato oltre un metro di quota.
La paura è tornata dunque sul percorso classico del trekking per il campo base dell’Everest, la patria degli sherpa che annualmente attira migliaia di stranieri. A Namche Bazaar, la cittadina più importante a 3.500 metri di quota, sono crollati alcuni edifici. Ma i turisti sono assenti. Fuggiti dalle frane e con le piogge del monsone in arrivo.
Lorenzo Cremonesi
Il Nepal è in ginocchio. Il paesaggio torna a colorarsi con i teli di plastica arancioni e blu che le famiglie utilizzano per l’emergenza. Da meno di una settimana quasi tutti erano tornati a dormire nelle loro case, anche in quelle danneggiate. Ma ora il timore che crolli tutto addosso si fa più imminente di prima. Non ci si fida di nulla e nessuno. Meglio fuori, negli accampamenti di fortuna, che rischiare di restare schiacciati tra le macerie. I nepalesi hanno visto troppe vittime. «Questa non è l’ennesima scossa di assestamento. E’ un nuovo sisma, una nuova tragedia che si abbatte sul nostro Paese già gravemente ferito e stressato da tre settimane di paura», ci ha detto per telefono da Kathmandu ieri pomeriggio Sunil Sharesta, il giovane collaboratore locale che sino a pochi giorni fa ci aveva accompagnato sulle zone del disastro.
A differenza del terremoto del mese scorso però, ieri l’allerta e la risposta sono state più rapide, le squadre di soccorso già rodate, il meccanismo dell’emergenza oliato per operare con maggior efficienza. Alcune delle squadre di soccorso internazionali sono ancora in Nepal e ci sono più elicotteri pronti al decollo rispetto alla ventina scarsa di aprile. Sono mezzi indispensabili per arrivare con velocità nei luoghi più reconditi, ma ieri sera sono stati anche al centro di un piccolo giallo: un elicottero americano è sparito dai radar. «Potrebbe avere avuto problemi di carburante», dicono dal Pentagono. A bordo, sei marines e due nepalesi.
Nel villaggio di Satsibe, a nord della capitale, opera anche l’ospedale italiano della Protezione Civile, che negli ultimi tempi ha assistito quasi mille persone. Uno dei pochi elementi di relativo conforto è che la scossa di ieri, come peraltro quella del mese scorso, è avvenuta durante il giorno, quando gran parte della popolazione era fuori casa. Le vittime del terremoto del 25 aprile sono state circa 8.150 (anche se si stima che, complessivamente, superino le 10 mila), oltre 15 mila i feriti. I primi dati di ieri sera segnalavano invece una sessantina di morti e circa 1.150 feriti. «Ma sono solo bilanci provvisori», sottolineano dal ministero degli Interni. Ci sarebbero anche una ventina di morti nell’India occidentale e almeno uno nel Tibet cinese.
Varia di poco la magnitudo: da 7.8 della scala Richter tre settimane fa a 7.3 ieri ma l’intensità, cioè la forza distruttiva del sisma, è stata ieri almeno sei volte inferiore. Ed è cambiato l’epicentro. Dalle zone di media montagna della provincia di Gorkha a quelle fatte di picchi maestosi e vallate ripide che dalla regione di Dolkha, circa 80 chilometri a nord-est di Kathmandu, arrivano sino agli 8.848 metri dell’Everest. Sempre che la sua altezza non sia davvero variata. Sismologi e geografi segnalano infatti che tanto grave e intenso è stato lo spostamento della placca tettonica indiana sul fondo dell’Oceano Pacifico, in attrito antico con quella euroasiatica, che il «Tetto del Mondo» potrebbe persino essersi alzato oltre un metro di quota.
La paura è tornata dunque sul percorso classico del trekking per il campo base dell’Everest, la patria degli sherpa che annualmente attira migliaia di stranieri. A Namche Bazaar, la cittadina più importante a 3.500 metri di quota, sono crollati alcuni edifici. Ma i turisti sono assenti. Fuggiti dalle frane e con le piogge del monsone in arrivo.
Lorenzo Cremonesi
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