by redazione | 15 Maggio 2015 11:54
Precari, studenti, comitati di quartiere, docenti contro «La buona scuola» si sono riuniti ieri a piazza Municipio per spiegare le ragioni del corteo Renzi statt a casa! previsto per domani (partenza da piazza Dante alle 9). Il premier aveva annunciato la sua presenza all’inaugurazione della nuova stazione della metropolitana, ma ancora non si sa con certezza se verrà.
Non è la prima volta che Renzi si tira indietro, non essendo sicuro di ricevere solo applausi. Persino la Cgil ieri ha detto: «Una nuova visita “mordi e fuggi”, qualche annuncio e poi il nulla. Se questo dovrà essere, sarebbe bene che il presidente del Consiglio ci risparmi un’ulteriore passerella». L’unico che attende il premier è Mimmo Mignano, operaio licenziato due volte dalla Fiat. Da domenica notte è su una gru del cantiere della metro di piazza Municipio, a 50 metri d’altezza. Con lui c’era un collega del Comitato di lotta cassintegrati e licenziati, dopo 14 ore è sceso per le vertigini.
Il Lingotto buttò fuori Mimmo la prima volta nel 2007 dopo un’azione di informazione con megafono e striscioni in una concessionaria Fiat. Il giudice del lavoro, dopo sette anni, lo ha reintegrato perché ha giudicato il licenziamento «sproporzionato e pertanto illegittimo». Così l’azienda lo ha buttato fuori di nuovo a giugno 2014, insieme a quattro operai del Wcl (il reparto logistico di Nola), per aver messo in scena davanti ai cancelli l’impiccagione di un manichino con la foto di Marchionne sul viso.
In base alle legge Fornero, la causa si sarebbe dovuta discutere entro 40 giorni, invece la prima udienza è stata fissata dopo un anno (il prossimo 21 maggio) e potrebbe slittare ancora, ma da questo mese sono senza alcun sostegno al reddito. «Sono distrutto — racconta Mignano — Mai più vorrò passare una cosa simile, ma ho intenzione di spendere tutte le mie ultime forze per aspettare Renzi. Sotto la gru sono arrivati operai a darmi la solidarietà. Stamattina si è fermata una famiglia con i figli, mi hanno chiamato e salutato con il pugno chiuso, sono cose che ti danno forza». Mimmo racconta mentre fa avanti e indietro sul braccio orizzontale della gru: dal lato verso il Maschio Angioino non c’è parapetto, la scorsa notte si è addormentato, non rispondeva al cellulare, i compagni hanno avuto paura che potesse precipitare.
La polizia staziona sotto, mentre il cantiere va avanti. Ogni volta che si cerca di fargli avere una bottiglia d’acqua, la batteria per il cellulare, medicinali contro il mal di testa e la crema solare (ha i piedi spaccati e la pelle ulcerata) bisogna intavolare una trattativa. La scorsa notte è stato necessario bloccare il traffico per ottenere il via libera. La busta la portano su i pompieri. «Ero un Rsu Cobas, sono abituato alle lotte in fabbrica, ai picchetti ai cancelli. Criticavo chi saliva sulle gru. Ma siamo in cinque, ci negano un diritto e lasciano che il tempo passi, così ci è scaduto anche il sussidio di disoccupazione. Abbiamo persino scritto al presidente Sergio Mattarella, niente. Allora abbiamo perlustrato la città, individuato la gru e alle due di notte siamo saliti. Col Jobs Act quando mai potremo rientrare in fabbrica, ora che c’è persino una legge che dà a Marchionne un’arma per non reintegrare chi ha lottato una vita per i diritti?».
Secondo l’azienda, i cinque dipendenti hanno compiuto «atti macabri, gravissimi e inauditi»: «Se gli metti un manichino con la faccia di cartone davanti a un reparto, Marchionne si spaventa e ti licenzia? Vogliamo solo che si discuta la causa. Se è così convinto di avere ragione nel volersi togliere dalle scatole questi cinque operai, perché non sale pure lui con me sulla gru per chiedere un processo rapido? Lo aspetto».
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