Dieci nazioni pronte all’intervento in Libia. Guidato da Roma
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ROMA La bozza della risoluzione dell’Onu che potrebbe autorizzare un intervento europeo nelle acque territoriali libiche, per distruggere i barconi dei trafficanti di migranti, è in continua evoluzione. Su alcune parti c’è il via libera di quasi tutti i Paesi, sui punti più delicati, ovvero sulle modalità di un intervento, continuano i negoziati fra gli Stati.
Proprio sull’intervento militare alcuni Paesi africani che siedono nel Consiglio di sicurezza, ma soprattutto la Russia, avanzano dei dubbi. Ieri, intervistato dalla Stampa , l’ambasciatore russo all’Onu, ha espresso diverse riserve: «Chiediamo di non creare le condizioni per una nuova guerra nel Mediterraneo». L’ipotesi di accettare una risoluzione che comprenda la possibilità di distruggere i barconi? «No, mi sembra decisamente un’esagerazione».
Una via di compromesso, indicata proprio da Mosca, che all’Onu ha potere di veto, è il precedente della missione Atalanta contro la pirateria in Somalia. Il capo di quella operazione fu l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, 52 anni, che potrebbe fare un bis se il comando di un operazione europea con mandato Onu andasse all’Italia, come è stato più volte ipotizzato. Se così fosse sembra certo che il quartier generale delle operazioni sarebbe il COI, il Comando operativo di vertice interforze che ha sede presso l’aeroporto romano di Centocelle.
Riguardo alle forze in campo, è prevedibile che alla fine saranno impiegati uomini e unità di almeno dieci nazioni. La nave bandiera della forza navale potrebbe essere una delle tre unità della cosiddetta classe «Santi» (San Giorgio, San Giusto, San Marco) già impiegate nel dispositivo di controllo dei flussi migratori.
La risoluzione delle Nazioni Unite, che l’Italia sta spingendo, ha ampie premesse sulla situazione in Libia. Proprio sulla crisi nel Paese, e sulla spaccatura fra due governi, ieri è arrivata una nota congiunta di sei Paesi, volta a incoraggiare un processo di unità e riconciliazione nazionale: «I governi di Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti ribadiscono il loro forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e l’unità nazionale della Libia, e affinché le risorse economiche del Paese siano utilizzate per il benessere della popolazione libica».
Proprio sull’intervento militare alcuni Paesi africani che siedono nel Consiglio di sicurezza, ma soprattutto la Russia, avanzano dei dubbi. Ieri, intervistato dalla Stampa , l’ambasciatore russo all’Onu, ha espresso diverse riserve: «Chiediamo di non creare le condizioni per una nuova guerra nel Mediterraneo». L’ipotesi di accettare una risoluzione che comprenda la possibilità di distruggere i barconi? «No, mi sembra decisamente un’esagerazione».
Una via di compromesso, indicata proprio da Mosca, che all’Onu ha potere di veto, è il precedente della missione Atalanta contro la pirateria in Somalia. Il capo di quella operazione fu l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, 52 anni, che potrebbe fare un bis se il comando di un operazione europea con mandato Onu andasse all’Italia, come è stato più volte ipotizzato. Se così fosse sembra certo che il quartier generale delle operazioni sarebbe il COI, il Comando operativo di vertice interforze che ha sede presso l’aeroporto romano di Centocelle.
Riguardo alle forze in campo, è prevedibile che alla fine saranno impiegati uomini e unità di almeno dieci nazioni. La nave bandiera della forza navale potrebbe essere una delle tre unità della cosiddetta classe «Santi» (San Giorgio, San Giusto, San Marco) già impiegate nel dispositivo di controllo dei flussi migratori.
La risoluzione delle Nazioni Unite, che l’Italia sta spingendo, ha ampie premesse sulla situazione in Libia. Proprio sulla crisi nel Paese, e sulla spaccatura fra due governi, ieri è arrivata una nota congiunta di sei Paesi, volta a incoraggiare un processo di unità e riconciliazione nazionale: «I governi di Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti ribadiscono il loro forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e l’unità nazionale della Libia, e affinché le risorse economiche del Paese siano utilizzate per il benessere della popolazione libica».
Marco Galluzzo
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