Con l’emergenza lavoro 6 su 10 ora sono precari I disoccupati bocciano la ricetta del Jobs Act
OGGI, Primo Maggio, è la Festa del Lavoro e dei lavoratori. Un rito di passaggio, con un mese d’anticipo, verso la Festa della “nostra” Repubblica. Fondata sul lavoro — come recita l’articolo 1 della Costituzione. Per questo è difficile vivere questo giorno di festa senza inquietudine. Secondo le stime dell’Istat, infatti, in Italia il tasso di disoccupazione è risalito oltre il 13%. In valori assoluti: 3 milioni e 300mila persone senza lavoro. Ma fra i giovani, la disoccupazione è del 43%. Coinvolge, cioè, quasi un giovane su due. Se il lavoro rende liberi, dunque, in Italia il senso di libertà (dal bisogno, ma non solo) appare molto relativo. Nonostante le riforme approvate dal Governo. Infatti, secondo il sondaggio realizzato nei giorni scorsi dall’Osservatorio Demos-Coop, sia il Jobs Act, sia la revisione dell’art. 18 sono guardati con diffidenza dai cittadini. Non tanto perché vengano ritenuti negativi, ma perché, semplicemente, sono considerati inutili e improduttivi. Metà della popolazione pensa, cioè, che questi provvedimenti non produrranno “nessun effetto”. E che, di conseguenza, non cambierà praticamente nulla. I più convinti, al proposito, appaiono proprio i “senza lavoro”. I disoccupati. Quelli che più degli altri sono interessati da iniziative che favoriscano la crescita e il dinamismo del mercato del lavoro.
Peraltro, gli italiani non sembrano avere ancora percepito la ripresa, annunciata da tempo. Comunque, non sembrano crederci davvero. Con qualche ragionevole ragione, se — come emerge dal sondaggio — in metà delle famiglie c’è qualcuno che, nell’ultimo anno, ha perso il lavoro oppure l’ha cercato inutilmente o, ancora, è stato messo in cassa integrazione. Poco più di quanto avevamo rilevato nell’indagine di due anni fa. Ma, appunto, poco-più, non poco- meno. Nello stesso periodo, inoltre, è cresciuta di 4 punti la quota di persone (intervistate da Demos-Coop) che affermano di non aver mai lavorato, nell’ultimo anno. Ora sono il 47%. Quasi metà del campione. Anche se occorre tener conto che nella popolazione intervistata sono compresi i pensionati e gli anziani, non considerati dalle statistiche ufficiali. Ma il distacco dal lavoro — come attività e come pratica “regolare” — risulta, comunque, largo. E crescente.
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